di Fabrizio Verde
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini dice no ad accordi con la Cina che possono «creare interferenze con il consolidato posizionamento internazionale dell’Italia» e addirittura configurare una «colonizzazione».
Se la questione non fosse molto seria ci sarebbe davvero da ridere di fronte all’ennesima uscita anti-cinese di Matteo Salvini.
Il leader leghista manifesta la sua preoccupazione circa un’eventuale «colonizzazione» dell’Italia. Il discorso è condivisibile ma c’è un piccolo problema che sembra sfuggire al padano convertito al nazionalismo: l’Italia è già colonizzata. Dagli Stati Uniti non di certo dalla Cina.
La presenza militare statunitense in Italia inizia nel 1951 a seguito della sottoscrizione di un'intesa. Nelle 113 installazioni militari statunitensi presenti sul nostro territorio opererebbero circa 13 mila militari. Cifra che raggiunge le 16 mila unità se a questi aggiungiamo il personale amministrativo.
Qualcuno ha mai ascoltato Salvini denunciare questa che di fatto rappresenta una vera e propria occupazione militare?
Solo silenzio da parte del solitamente loquace leghista anche sugli ordigni nordamericani dispiegati in Italia in funzione anti-russa. Il numero più alto di armi nucleari statunitensi schierate in Europa: 70 ordigni su un totale di 180. E siamo gli unici con due basi atomiche: quella dell'Aeronautica militare di Ghedi e quella statunitense di Aviano (Pordenone). Due primati che comportano spese pesanti a carico del governo di Roma: spese che, a 25 anni dalla fine della Guerra fredda e degli incubi nucleari, appaiono ingiustificabili, come denunciava L’Espresso nel 2014.
Ufficialmente l’arsenale nucleare non esiste. Tanto Washington quanto Roma non hanno mai ammesso la presenza di queste armi letali sul territorio italiano, ma 20 ordigni si trovano presso la base bresciana di Ghedi, mentre altri 50 ad Aviano, custoditi nei bunker USA.
Ancora più risibile la preoccupazione per quel che riguarda i dati sensibili e la tecnologia 5G. «Il trattamento di dati sensibili è interesse nazionale. La sicurezza dei dati non può essere un discorso meramente economico», ha aggiunto Salvini.
Anche in questo caso: si può essere preoccupati per la tecnologia utilizzata dalla Cina quando non è mai emerso nemmeno un sospetto che la Cina voglia servirsi della tecnologia o delle infrastrutture 5g per rubare dati sensibili?
Al contrario di quanto invece fatto dagli Stati Uniti. Forse Salvini dovrebbe andare a rileggersi quanto emerso grazie alle coraggiose denunce di un whistleblower come Edward Snowden. Grazie a lui è emersa l’immensa attività di spionaggio effettuata dall’agenzia statunitense NSA. «La più grande, più potente, più tecnologicamente sofisticata agenzia di spionaggio che il mondo abbia mai conosciuto», ebbe a definirla la rivista statunitense New Yorker.
Finanche le comunicazioni della cancelliera tedesca Angela Merkel furono intercettate.
Secondo quanto rivelato dal quotidiano tedesco Der Spiegel all’epoca dello scandalo, gli Stati Uniti possedevano circa 80 centri di spionaggio in Europa, comuni a CIA e NSA, tra cui uno a Roma.
Infatti anche l’ex Presidente del Consiglio italiano SIlvio Berlusconi finì per essere intercettato.
«Che sia gravissimo non c'e' dubbio» ebbe a dichiarare Matteo Salvini, leader dell’allora Lega Nord. «Che debbano dare spiegazioni anche... Ma già che ci sono gli americani ci dicano pure perchè dal 2011 l'Italia non ha più un governo legittimamente eletto».
Adesso in Italia un governo legittimamente eletto c’è. Matteo Salvini ne è esponente di punta. Evidentemente una volta arrivato nella cosiddetta stanza dei bottoni il padano folgorato sulla via di Roma ha deciso di farsi portatore delle istanze di quei poteri che dalla fine della seconda guerra mondiale di fatto colonizzano l’Italia.
Al contrario del Movimento 5 Stelle che pur tra limiti e contraddizioni mostra con l’apertura alla Cina di puntare agli interessi dell’Italia molto di più dell’autoproclamato sovranista Matteo Salvini. Il quale ha deciso di farsi portabandiera del vecchio servilismo filo-atlantico che ha storicamente caratterizzato buona parte della classe dirigente italiana.
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