L'industria va benissimo, i salari per niente



di Claudio Conti - Contropiano

Che fanno le imprese? Come al solito, si lamentano. Chiedono sgravi fiscali e contributivi, contratti sempre più precari, salari sempre più da fame (meglio ancora sarebbe il “lavoro gratuito”, ma per ora si può fare solo l’Expo, i concerti di Jovanotti e prossimamente per le Olimpiadi milanesi).


Ma, almeno, si lamentano perché le cose vanno male? Al contrario, da parecchio tempo mai così bene…


I dati di stamattina, resi noti dall’Istat, dicono il contrario rispetto alle meste attese.


A maggio il fatturato dell’industria è aumentato in termini congiunturali (ossia mese su mese)dell’1,6%, mentre era previsto previsto -0.5%; nella media degli ultimi tre mesi l’indice è cresciuto dell’1,3% rispetto ai tre mesi precedenti.


Anche gli ordinativi registrano a maggio incrementi congiunturali sia su base mensile (+2,5%, ci si aspettava un -1,4%) che, in misura molto più contenuta, su base trimestrale (+0,2%). Il fatturato così recupera ampiamente il calo registrato il mese precedente.


Su base trimestrale, è confermato l’andamento positivo già registrato nei due mesi precedenti sia per la componente interna sia per quella estera. L’incremento congiunturale è diffuso a quasi tutti i principali raggruppamenti di industrie. Al netto della componente di prezzo e in termini congiunturali, il settore manifatturiero registra risultati positivi a maggio, sia su base mensile sia su base trimestrale.


La dinamica congiunturale del fatturato è trainata da incrementi sia del mercato interno (+1,4%) sia di quello estero (+1,9%). Per gli ordinativi l’incremento congiunturale deriva da aumenti di pari entità (+2,5%) delle commesse provenienti da entrambi i mercati.


Per capire ancora meglio chi, tra le fasce sociali, ci stia guadagnando, proviamo a avedere i raggruppamenti principali di industrie.


A maggio gli indici destagionalizzati del fatturato segnano un aumento congiunturale diffuso, più ampio per i beni strumentali (+3,4%) e più contenuto per i beni intermedi (+1,3%) e per l’energia (+1,2%), mentre i beni di consumo rimangono invariati.


La traduzione è d’obbligo: cresce tutto, meno i consumi, il che significa che i salari sono fermi. Ci guadagnano insomma solo le imprese, e in primo luogo quelle che esportano.


Però si lamentano, loro…

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