di Omar Minniti
L'account Instagram is the new "passaporto trovato intatto sulla scena del crimine".
Un account creato quattro giorni prima di compiere il folle gesto. Ad animarlo è una breve descrizione, tre post (di cui due scritti negli attimi che hanno preceduto l’azione) e due soli followers. Ma tanto basta per avere il profilo politico e conoscere le origini del presunto autore della strage alla Festa dell’Aglio, a Gilroy, California, Stati Uniti. Quattro morti, tra cui un bambino, ed una quindicina di feriti.
Secondo gli investigatori locali, l’autore sarebbe Santino William Legan, 19 anni. "Suprematista bianco italo-iraniano".
Italo-iraniano, sì, con tanto di bandiere dei due stati messe in bella evidenza su Instagram, per rendere più chiara la cosa. E "suprematista bianco", per aver citato, sempre sotto uno di quei tre post sul social network, il libercolo “Might is Right”, opera anarco-individualista attribuita ad Arthur Desmond.
Iraniano sarebbe il nonno materno del ragazzo. La cui foto in abiti tradizionali persiani è stata postata con orgoglio su Instagram (un "suprematista bianco" che ricorda le sue radici meticce). Finora nessuna conferma delle origini italiane, a parte il nome, anche se non si esclude qualche discendenza nel ramo paterno. In ogni caso, Santino William Legan era cittadino statunitense da tre generazioni. Però parlare di un "killer italo-iraniano" fa più presa sull'opinione pubblica Usa, quando soffiano forti i venti di guerra del governo di Washington contro Teheran e due ragazzi con il tasca il passaporto dello Zio Sam sono detenuti in Italia, accusati dell’omicidio di un carabiniere e protagonisti di una storia densa di depistaggi, colpi di scena e pressioni mediatiche.
Un ultimo tassello: Legan non avrebbe agito da solo. Numerosi testimoni parlano di una seconda persona. Un uomo sui 30 anni, del quale ancora non c’è nessuna traccia, che forse sarebbe stato più "efficiente" nel colpire le povere vittime mentre l’ "italo-iraniano" cercava di animare il suo spoglio profilo Instagram.
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