di Patrizia Cecconi
Il potere della carta stampata e, soprattutto, quello del più grande imbonitore del secolo, la TV, sulla formazione dell’opinione pubblica è fuori discussione. Tuttavia, sottovalutare i social sarebbe un grosso errore e ormai ogni comunicatore, sia di professione che per passione, lo sa bene e sa che la “verità mediatica” può essere smentita solo grazie ad essi. Il caso specifico che stiamo affrontando, e che abbiamo conosciuto, appunto, grazie ai social, riguarda la sistematica mancata tutela dei cittadini italiani di fronte all’arbitrio di uno Stato straniero, quando questo Stato è Israele.
Così, per rimbalzi nella rete e non già grazie alla magica TV, capita di scoprire che in un’intervista rilasciata a 'Fanpage.it' circa il respingimento di un ragazzo italiano alla frontiera israeliana, il console italiano a Tel Aviv, Nicola Manniello, dichiara candidamente e senza alcun percepibile disappunto, che la polizia di frontiera israeliana respinge ogni anno un alto numero di italiani e di questi una cinquantina sono solo quelli che si rivolgono al consolato pensando – ingenuamente – di poter essere tutelati.
Ma “la nostra rappresentanza diplomatica può ben poco di fronte a tali respingimenti “ dice il console e quindi aggiunge, come se la cosa fosse normale, che questo ragazzo non è un’eccezione e che “E’ capitato anche a politici, giornalisti o amministratori delegati…”. “Certo, lo sappiamo che le persone fermate vengono messe in una saletta, una sorta di limbo, assieme ad altri che verranno respinti” e che gli interrogatori “possono essere anche lunghi, effettuati con modalità poco cortesi” e per questo “noi consigliamo sempre di visitare la pagina Viaggiare Sicuri disponibile sul sito del ministero degli esteri in cui ci sono tutte le informazioni utili”. Con candore giustificazionista aggiunge che “Israele è un Paese che sconta delle particolari esigenze di sicurezza e va valutato in un quadro più amplio…. in alcune circostanze, i controlli possono includere lunghi interrogatori e perquisizioni e concludersi – per motivazioni anche non esplicitate all'interessato – con un diniego di ingresso nel Paese” (cfr. www.fanpage.it/esteri/il-caso-khalid-18enne-italiano-respinto-da-israele-il-console-succede-a-50-italiani-ogni-anno/)
Tutto normale, no? E’ tutto così burocraticamente normale che il console Manniello afferma di poter dire per esperienza diretta “che Israele vuole risolvere quanto prima la pratica di espulsione proprio per evitare l’intervento delle ambasciate o l’accusa di violare i diritti umani”.
Il bravo console non aggiunge che Israele li viola eccome i diritti umani, e non si accorge che le sue risposte danno l’impressione che sia più spinto a tutelare il Paese in cui ha trovato lavoro, sebbene pagato dall’Italia, che non i cittadini italiani discriminati proprio da quel Paese che occupa militarmente la Palestina e costringe chiunque a passare sotto le sue forche caudine avendo illegalmente chiuso ogni accesso libero. Ma per lui è tutto così normale che specifica che “Di solito per quanto riguarda gli italiani (respinti) sono attivisti di Ong soprattutto quelle legate al movimento Bds”.
Insomma il console sembra aver dimenticato la sua funzione di tutela dei suoi concittadini e sembra invece garbatamente intento a mantenere un rapporto di rispettosa accettazione degli abusi commessi dal paese in cui hanno sede i suoi uffici consolari. Il tutto esposto con garbo – ovviamente – diplomatico, al punto che sembra impossibile porre Israele di fronte alla gravità delle sue continue violazioni e dei suoi abusi, accettati come un vassallo accetterebbe i capricci del suo signore.
Neanche di fronte a un altro illecito, quello della non restituzione del bagaglio allo studente italiano espulso, il console mostra l’habitus di tutore dei cittadini del Paese che avrebbe il compito di rappresentare e far rispettare, ma confida al suo intervistatore che “Con Khalid (il giovane respinto ndr) siamo stati in contatto per mesi dopo il suo ritorno in Italia per cercare di risolvere il problema legato al bagaglio” e conclude con un consiglio che poco ha da spartire con la dignità e molto con l’accettazione di un potere considerato superiore, al quale ci si rivolge umilmente chiedendo clemenza e comprensione, ponendosi in stato di inferiorità e contando sulla benevolenza di chi elargisce favori a coloro che ne accettano la superiorità. Col diritto non ha niente da spartire, mentre ha molto da condividere col vassallaggio che consente a Israele di porsi uber alles rispetto a chiunque. Il suggerimento del console Manniello ne è inconfutabile prova. Ecco le sue parole: “L’unico consiglio che mi sento di dargli (allo studente padovano) è di rivolgersi all'ambasciata israeliana in Italia e sono sicuro che faranno il possibile per trovare una soluzione”.
Ma, ci chiediamo, l’Italia è un paese sovrano o è un vassallo di Israele e, di conseguenza, il console svolge correttamente il suo lavoro considerando normale che i cittadini italiani subiscano un trattamento del tutto opposto a quello riservato in Italia ai cittadini israeliani, correttamente accolti e rispettati dalla nostra polizia di frontiera?
Ci piacerebbe che il console Manniello desse la sua risposta alla luce di quella normalità che a noi sembra una mortificazione della nostra sovranità nazionale oltre che un abuso verso il giovane Khalid e tutti gli altri che subiscono lo stesso trattamento.
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