Già da molti giorni il Cile è precipitato in quella che il presidente Piñera ha definito «una guerra». E il bollettino provvisorio è sconvolgente: 18 morti, tra cui 5 uccisi dalla polizia, 584 feriti e 2600 arresti. Questi citati sono i numeri diffusi dalle autorità governative, purtroppo destinati a peggiorare. Inutile sottolineare come dai semplici dati non traspare la natura violenta e spietata della repressione messa in atto dal governo cileno, il quale ha dichiarato lo stato d’emergenza e il coprifuoco. Per questo abbiamo le immagini.
Abbiamo potuto vedere i filmati, per lo più amatoriali e girati clandestinamente, di arresti del tutto arbitrari nei confronti di cittadini inermi, di rapimenti violenti nel cuore della notte da parte dell’esercito, di gambizzazioni perpetrate contro manifestanti colti in momenti inoffensivi, di irruzioni e perquisizioni sommarie, di giornalisti percossi e di detenzioni violente di liceali e minorenni.
A denunciare tale sistema di soppressione delle proteste sono anche le Nazioni Unite: l’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani, Michelle Bachelet – ex presidente cilena -, ha annunciato di essere intenzionata a mandare in Cile una delegazione che verifichi il rispetto dei diritti umani. A provocare questa decisione, oltre agli episodi di violenza sopra citati, c’è il forte sospetto che le forze dell’ordine cilene abbiano abusato sessualmente di alcune manifestanti arrestate durante le proteste.
Allarmante anche l’appello di Amnesty International, il quale manderà a sua volta una delegazione in Cile «per documentare», come si legge in un comunicato, «le gravi violazioni dei diritti umani e i possibili crimini di diritto internazionale commessi dalle forze dello stato».
E la manifestazione di protesta che si è tenuta oggi per le strade della capitale, alla quale hanno partecipato più di un milione di persone, non sembra destare grande interesse da parte del sistema mediatico occidentale. Piñera non è infatti un pericoloso dittatore socialista, ma un fedele esecutore della dottrina economica neoliberista applicata dal Fondo Monetario Internazionale. La manifestazione, poi, è del tutto spontanea, come dimostrerebbe tra l’altro la mancanza di un leader costruito ad arte a forza di copertine e prime pagine in stile Guaidò, e per questo mancano servizi agiografici su qualche capopopolo da celebrare a tempo pieno nei servizi televisivi. Per cui alle proteste cilene vengono riservati spazi estremamente ridotti.
Così, mentre il mondo può osservare (almeno sul web) le immagini della repressione governativa, e istituzioni cardine come l’Onu ne denuncia l’illegittimità della violenza, al Parlamento Europeo accade in episodio sconcertante: la proposta di discussione sul modus operandi delle forze militari cilene, presentata lunedì da Eugenia Rodriguez Palop – deputata di Podemos e del gruppo GUE/NGL – è stata bocciata con 293 voti contrari. Tra questi ci sono anche i voti di alcuni deputati del Pd, tra cui la celebre “ladylike” Alessandra Moretti.
Tutto questo avviene mentre il socialista Evo Morales, riconfermato presidente della Bolivia, viene diffusamente apostrofato dai media internazionali come “dittatore” mangiatore di coca. In attesa delle elezioni che si terranno domani in Argentina, assistiamo al triste spettacolo messo in atto in Sud America, in cui vanno in scena l’opportunismo politico e la manipolazione mediatica. Un teatrino in cui i “dittatori” socialisti vengono accusati dell’attuazione di un sistema socio-economico che genera povertà, ma non si pone attenzione sui tassi di diseguaglianza registrati nei Paesi della regione a guida FMI.
E non ci accorgiamo che tutto questo è già storia, e che personaggi politici a dir poco superficiali, come quelli che oggi riempiono le stanze di Bruxelles, rilasciano votazioni che verranno ricordate, un giorno, come fonte di vergogna dei nostri tempi. Ma cosa importa, se in queste ore tutto viene loro perdonato? Guardando le immagini delle ingiustizie a cui Piñera sta sottoponendo i suoi cittadini, ritornano come consolazione i versi del grande poeta cileno Pablo Neruda, che scrisse
“La nascita non è mai sicura come la morte. È questa la ragione per cui nascere non basta. È per rinascere che siamo nati”.
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