di Alberto Negri - Quotidiano del Sud
L’Italia, anche nei discorsi del presidente della repubblica, sembra galleggiare nel nulla: “il Bel Paese proteso nel Mediterraneo” come dice lui è circondato da guerre e conflitti e noi non siamo “il punto di incontro” di un bel niente. Siamo ai margini dalla realtà internazionale e non vogliamo capirlo. C'è a Libia, che ci riguarda da vicino, c'à la Siria, il Libano, ci sono venti di guerra in Iraq tra Usa e Iran e ci tocca sentire che siamo “protesi nel Mediterraneo”. E allora stiamo zitti davanti a qualunque banalità, chiudiamo gli occhi e accendiamo la tv. Il presidente precedente, Gorgio Napolitano, nel 2011 ci ha portati a bombardare Gheddafi con la Nato con il risultato che abbiamo perso ogni credibilità proprio nel Mediterraneo e adesso voltiamo la testa dall’altra parte. Come se agli italiani non bisognasse raccontare la verità.
Cominciamo con la Libia. Ormai siamo sbeffeggiati anche da Al Sarraj e oggi in Turchia l’assemblea nazionale vota per mandare le truppe a Tripoli. Sarraj dice che Di Maio e la compagnia europea il 7 gennaio può anche restarsene a casa visto che la loro presenza nella capitale libica è inutile: casomai aspetterà l’8 gennaio i risultati dell’incontro tra Erdogan e Putin, quelli che decidono anche i nostri destini nell’ex colonia dove non contiamo più nulla, neppure per questo Sarraj che noi stessi abbiamo fatto sbarcare a Tripoli nella primavera del 2016. Noi pensiamo di restare al balcone per vedere quello che accadrà. Ma forse dovremmo invece cercare di capire quello che vogliamo fare visto che abbiamo 300 soldati di guardia a un ospedale a Misurata, città alleata di Tripoli e nel mirino del generale Khalifa Haftar.
E’ spiacevole l’inizio d’anno dover dire certe cose ma ci vorrà pure qualcuno che le racconta. Per esempio il generale Comporini. In Libia, di fatto, stiamo lasciando il campo a chi è più spregiudicato di noi. A sostenerlo in un’intervista è Vincenzo Camporini, già capo di Stato Maggiore della Difesa, e prim’ancora dell’Aeronautica militare, tra i più autorevoli analisti militari europei. Quanto all’ipotesi di una no-fly zone in Libia, Camporini avverte: “Non è propriamente un’azione diplomatica. E’ un uso della forza militare che comporta rischi di ulteriori escalation. Inoltre, una no-fly zone normalmente si impone nei confronti di una delle parti in causa. Vorrebbe dire che ci schieriamo da qualche parte”.
Parole molto chiare per porre una domanda chiave: l’Italia con chi sta? Non sapremmo rispondere. Forse con Al Sarraj visto che manteniamo truppe a Misurata, ma forse anche con il generale Khalifa Haftar perché non si sa mai che possa anche vincere la guerra e noi dobbiamo difendere gli interessi energetici italiani, in gran parte basati nella Tripolitania sotto attacco. Forse siamo neutrali ma allora che sia detto chiaro e tondo. La Nato e i nostri cosiddetti alleati europei e americani non ci possono aiutare e se lasciamo fare a loro magari ci ritroviamo nella scomoda posizione del 2011 quando abbiamo fatto fuori il nostro maggiore alleato nel Mediterraneo che solo sei mesi prima ricevevamo a Roma in pompa magna.
Abbiamo la guerra in casa, con Erdogan che minaccia anche i nostri interessi nel gas a Cipro greca ma con cui saremmo teoricamente alleati in Libia e qui si continua a parlare di fesserie come i nostri “destini” medit
erranei quando non sappiamo neppure cosa fare domani, se non nasconderci dietro a un dito e ripetere formulette come “ in Libia la soluzione è solo politica” quando anche un orbo vede che si prepara una guerra. La verità è che siamo nelle mani di Erdogan e Putin, quindi smettiamola di raccontare fregnacce.
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