Shinzo Abe è stato assassinato. L’ex premier giapponese era il politico più longevo del Paese, e forse dell’Asia, e il suo omicidio è l’attentato politico più rilevante accaduto in Giappone dalla Seconda guerra mondiale.
Mutatis mutandis, tale omicidio si può accostare a quello dell’onorevole Aldo Moro per ordine di grandezza e, come quello, avrà conseguenze. Se con la morte di Moro morì anche il compromesso storico, sopravvissuto a se stesso solo per alcuni mesi, le ripercussioni dell’omicidio Abe sono ancora tutte da scoprire.
Gli articoli dei media americani, nel ricordare la sua figura, si concentrano giustamente su due direttrici della sua politica pregressa: le Abenomics, cioè il liberismo selvaggio accompagnato da una politica monetaria fondata sull’emissione indiscriminata di moneta, e il revanscismo sul piano nazionalista, che ha portato il Giappone a riarmarsi, anche se si è dovuto fermare sull’ostacolo della Costituzione (non ha potuto cancellare l’articolo sul rigetto della guerra imposto dagli Alleati).
Proprio quest’ultima direttrice nazionalista e militarista potrebbe subire un incremento dopo l’attentato, soprattutto se nelle elezioni politiche, che si dovrebbero svolgere il prossimo 10 luglio, il partito di Abe, i liberaldemocratici, ora al potere, verranno premiati dagli elettori, cosa possibile dopo quanto avvenuto.
Al di là degli effetti sul Giappone, l’attentato cala come una mannaia sul vertice dei ministri degli Esteri del G-20 che proprio oggi, drammatica coincidenza cronologica, è iniziato in Asia, specificatamente in Indonesia.
Un vertice al quale è stato chiamato a partecipare anche il russo Lavrov, nonostante le forti pressioni contrarie degli Stati Uniti (e quelle belanti di Draghi), evidenziando in tal modo l’influenza relativa dell’America sull’Indo-Pacifico, dove anche i suoi più stretti alleati conservano comunque un rapporto più o meno forte con la Cina, che resta la potenza regionale (un’ambiguità che irrita oltreoceano).
Il gesto del folle, Tetsuya Yamagami, un ex militare, diventa così per forza di cose il focus del G-20, obliterando altre tematiche (tra le altre cose, c’era la possibilità di un dialogo a distanza tra Russia e Stati Uniti, trovandosi tanto vicini i due ministri degli Esteri).
E getta un’ombra oscura sulla stessa Asia, dove le tensioni, alimentate dal confronto tra Cina e Stati Uniti (e suoi alleati), potrebbero aumentare, in particolare se il nazionalismo giapponese si farà più assertivo.
Non è la prima volta, né sarà l’ultima, che un gesto di un quisling isolato incide sulla storia. Vedremo.
Ps. En passant, si può ricordare che Abe è stato il premier giapponese più filo-russo della storia, come ricorda Ria novosti, tanto che durante la sua reggenza sembrava potesse risolversi la querelle sulla sovranità delle isole Kurili, pretesa dai due Paesi dalla fine della Seconda guerra mondiale, e riaccesa prepotentemente dal suo successore.
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