di Mariangela Cirrincione
Il TTIP, acronimo di
Transatlantic Trade and Investment Partnership, ossia Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti è anche noto come
Transatlantic Free Trade Area. Si tratta di una proposta di accordo di libero scambio tra l'Unione e gli Stati Uniti, i cui negoziati sono stati avviati nel 2013 da Barack Obama, e subito spacciata per panacea di tutti i mali economici nostrani e d'oltreoceano. Diminuzione dei prezzi dei prodotti di consumo e aumento esorbitante dei posti di lavoro, tra i vantaggi propugnati dalla TTIP réclame. La reale efficacia ai fini del benessere collettivo di siffatti accordi – tuttavia – risulta oggi quanto più dubbia, da far pensare che l'utilità reale degli stessi sia da ricondurre all'interesse esclusivamente lobbistico. Tra le voci critiche Andras Simonyi, della J. Hopkins University, il quale ha rintracciato proprio nell'élite privata transatlantica il centro propulsore del progetto.
«Siamo sinceri.
– ha affermato in una conferenza a Washington nel 2013 –
Di qui viene l'orientamento politico, la direzione strategica del TTIP. La sostanza è che il mondo degli affari lo vuole, su entrambe le rive dell'Atlantico».
È il Transatlantic Bussines Council una delle sedi decisionali chiave ove i grandi gruppi industriali hanno posto le basi per la creazione dell'area transatlantica di libero mercato da oltre vent'anni al centro delle aspirazioni e dei documenti condivisi del settore e cui le politiche europee risultano – potremmo dire – sbalorditivamente coerenti. Emblematico un titolo del Corporate Europe Observatory del settembre 2013. “La Commissione Europea in preparazione dei negoziati commerciali UE-USA: 119 incontri con lobbisti dell'industria”, incontri a porte chiuse dei quali tutt'oggi non si conoscono gli argomenti. Noto è invece il contenuto del TTIP divisibile in macro-aree, ipotizzabile il 'controcanto'. Tutela ambientale e esigenze della produzione, gran favor per le “super banche”, agroalimentare e standards di sicurezza, multinazionali e diritti dei consumatori, imprese e sistema di risarcimento legale, veleni e accesso alle cure, proprietà intellettuale e lobbies, occupazione e lobbies.
Il cittadino e le lobbies, lo Stato e le lobbies. Il TTIP – sostengono le voci critiche – andrebbe ad accrescere pericolosamente il potere di controllo del mercato in mano alle multinazionali, vanificando le tutele interne in molti settori e limitando il potere legislativo degli Stati firmatari su materie cardine. Come bene spiega Kim Bizzarri nel dossier “A Brave New Transatlantic Partnership” «I negoziati in corso vanno ben oltre il classico approccio di semplice eliminazione delle tariffe e di apertura dei mercati ai propri investitori. Essi sono concentrati sulla rimozione delle normative sociali e ambientali che tutelano i consumatori, i lavoratori e l'ambiente, e che oggi sono di ostacolo ai grandi gruppi», “ostacoli oltre confine” come li definisce la stessa Commissione e assimilabili appunto non ai dazi doganali, ma agli standard di sicurezza e ai parametri di qualità riguardanti i settori automobilistico, chimico, agroalimentare, elettronico, finanziario.
Il TTIP comporterà ad esempio il superamento del REACH, regolamento fondamentale per la sicurezza chimica in Europa, aggirando l'obbligo di sperimentazione per i prodotti tossici da esso imposto. La regolamentazione finanziaria USA, più rigida che quella europea, è destinata ad essere schiacciata, così come la tutela del diritto alla riservatezza in Europa tutto sommato efficace. Stessa sorte per il “principio di precauzione” padre di tutte le tutele ambientali (sostanzialmente comunque poche!) made in Europe. Questi temi saranno oggetto di specifico approfondimento, ma preme rilevare intanto l'impatto impressionante dei negoziati.
«Con più di un terzo dell'intero commercio mondiale concentrato in USA e in UE, il TTIP creerebbe – scrive Bizzarri –
il più grande blocco mondiale di libero mercato, le cui implicazioni andrebbero ben oltre l'Atlantico, perché il TTIP produrrebbe di fatto la ristrutturazione internazionale delle regole del commercio». La stessa Commissione Europea in un documento interno spiega che ciò che si sta negoziando «non è solo una futura normativa per i rapporti commerciali e industriali bilaterali, ma un contributo allo sviluppo di regole globali in aree dove non siamo ancora riusciti a fare accordi multilaterali». Il riferimento è ai BRICS, le cui economie in forte crescita potrebbero arrecare pregiudizio ai progetti di profitto firmati 'occidente'.
L'articolo è un'introduzione ad un percorso di approfondimento sul TTIP che Mariangela Cirrincione condurrà nelle prossime settimane...