Nuova presidenza, vecchia propaganda. Il cambio alla Casa Bianca è avvenuto. Il presidente brutto, sporco e cattivo, Donald Trump, è finalmente lontano e non può più nuocere. Però il buono e giusto, Joe Biden, non sembra trovarsi a disagio con alcuni aspetti della politica estera portata avanti dal presidente brutto, sporco e cattivo.
Per colpire la Cina la propaganda martellante sullo ‘genocidio’ degli uiguri nella regione autonoma dello Xinjiang va più che bene. Su questo, come su tanti altri temi, i due presidenti vanno a braccetto. Nonostante si tratti da temi da complottisti tante sono le menzogne sul tema. Ma tant’è. Spalleggiati dall’intero circuito informativo mainstream possono mentire spudoratamente.
Così, nell’ultimo giorno della presidenza Trump, il segretario di Stato Mike Pompeo ha dichiarato che la Cina compie un genocidio contro gli uiguri e altri popoli musulmani. L'amministrazione di Biden entrante ha indicato il proprio accordo generale con la falsa accusa. Un portavoce di Joseph R. Biden Jr. ha detto durante la campagna presidenziale dello scorso anno che le politiche di Pechino nella regione equivalgono a un genocidio.
Un genocidio alquanto strano visto che la popolazione della regione autonoma continua a crescere. Queste politiche di sterminio implementate dalla Cina sono quantomeno fallimentari. All'inizio del 1800 la popolazione sotto la dinastia Qing (Manchu) era circa il 60% turca e il 30% han. Nel 1953, un censimento della Repubblica popolare cinese registrò 4,87 milioni di cui il 75% erano uiguri e il 6% han. Nel 1964 il censimento documentava 7,44 milioni di cui il 54% erano uiguri e il 33% han. Dopo l'inizio delle riforme economiche, lo Xinjiang ha registrato 13,08 milioni di cui il 46% uiguri e il 40% han. Secondo il censimento del 2000, i 18,46 milioni di persone dello Xinjiang sono per il 45,21% uiguri e per il 40,57% han. L'attuale situazione della popolazione è simile a quella dei Qing, quando molti Han vivevano nella zona.
Nel 1953 c'erano 3,6 milioni di uiguri nello Xinjiang. In 2.000 erano 8,4 milioni. Wikipedia afferma che nel 2018 lo Xinjiang ha una popolazione totale di 25 milioni di cui 11,3 milioni sono di etnia uigura.
È abbastanza strano affermare che una crescita così consistente della popolazione di un gruppo etnico è in qualche modo un "genocidio".
Come spiega il giornalista e scrittore francese, Maxine Vivas, autore di un libro molto documentato 'Ouïghour pour en finir avec les fake news’, la regione dello Xinjiang è il punto di partenza della Nuova Via della Seta, quindi gli Stati Uniti hanno come priorità la destabilizzazione dell’area per minare il progetto strategico cinese sin dalle sue fondamenta. “In Tibet, hanno perso. Anche su Hong Kong, a quanto pare. Rimane lo Xinjiang, una regione grande tre volte la Francia, un sesto del territorio cinese dove vivono 12,7 milioni di uiguri, spesso musulmani. Questo è il punto di partenza della “Nuova Via della Seta”. Studio questa vicenda dal 2016, sono stato nello Xinjiang due volte e dico alcune cose nel mio libro ‘Ouïghours, pour en finir avec les Fake news’.
L’informazione mainstream è anche molto contraddittoria sul tema. Da una parte si afferma che gli uiguri sono costretti a lavorare, da un’altra che che i gruppi di minoranza nello Xinjiang vengono esclusi dal lavoro come forma di discriminazione razziale. Come fa il New York Times.
Negli anni passati nello Xinjiang giungevano tanti lavoratori da tutti gli angoli della Cina. Ma adesso non è più così. Dopo che la Cina ha introdotto una migliore politica di sviluppo e le società hanno iniziato a reclutare dalla popolazione uigura locale per la raccolta del cotone e altri lavori dell'industria tessile, gli stessi media "occidentali" si lamentano del "lavoro coatto".
Si tratta di pura propaganda anti-cinese. Pechino può fare poco o nulla per contrastarla. Non è propaganda invece evidenziare come l’amministrazione del ‘buono’ Joe Biden, sia perfettamente in linea con quella del tanto vituperato Trump su questo tema. Ma siamo solo agli inizi, col passare del tempo vedremo la continuità che c’è tra i due presidenti. Altri castelli di fake news che cadranno inesorabilmente davanti alla realtà dei fatti.
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