Si sono placate le onde sismiche causate dall’aggressione subita da Salman Rushdie alcuni giorni fa, ma evidentemente qualcosa cova sotto la cenere. Lo indica il titolo di un articolo del Jerusalem Post che riportiamo: “‘Probabilmente’ c’è il Mossad dietro l’accoltellamento di Salman Rushdie, afferma un professore di Denver”.
All’indomani dell’aggressione – da cui l’autore dei “Versetti satanici” che avevano attirato la fatwa dell’ajatollah Khomeini è uscito senza eccessivi danni – si era ipotizzato che ad armare la mano del giovane che l’aveva colpito fossero stati i Guardiani della rivoluzione iraniani per vendicarsi dell’assassinio del generale Qassem Soleimani.
Una tesi riproposta anche da Nader Hashemi, direttore del Center for Middle East Studies dell’Università di Denver, interpellata appunto dal Jerusalem Post. E però la Hashemi ha dato anche un’altra lettura dell’aggressione, riferita sempre dal giornale israeliano, che riportiamo di seguito.
Così la Hashemi: “L’altra possibilità, che penso sia molto più probabile, è che questo ragazzino, Hadi Matar, fosse in comunicazione con qualcuno online che affermava di essere un membro o un sostenitore dei Guardiani della Rivoluzione e lo abbia indotto ad attaccare Salman Rushdie e così… ma la persona che l’ha contattato online e che si era qualificato come un cittadino della Repubblica islamica dell’Iran, in realtà avrebbe potuto essere un agente del Mossad”.
“Ma perché il Mossad dovrebbe colpire Rushdie?” Ha chiesto l’intervistatore. “La Hashemi – prosegue il JP – ha spiegato tale tesi suggerendo che il motivo per cui Israele avrebbe realizzato un’operazione sotto falsa bandiera sarebbe quello di alimentare l’opposizione all’impegno diplomatico che le potenze mondiali stano dispiegando per rilanciare l’accordo sul nucleare del 2015 [tra Stati Uniti e Iran ndr]”.
“Israele, infatti, ha preso una posizione molto forte contro il ripristino dell’accordo nucleare iraniano”, ha continuato la Hashemi. “Si era giunti in un momento molto delicato delle trattative, tanto che l’accordo sembrava imminente, e proprio in quel momento si è verificato l’attacco a Salman Rushdie. Penso che questa sia una possibile interpretazione e lo scenario che potrebbe spiegare la tempistica di quanto accaduto”.
Al di là dei tanti possibili moventi – semmai ci siano stati e non si sia trattato solo del gesto di un folle -, che difficilmente saranno provati, quel che colpisce è che una tesi del genere sia stata esposta su un media israeliano, per di più il media mainstream per eccellenza, con tanto di richiamo niente affatto implicito nel titolo.
Non è usuale che in Israele si riveli, anche solo come ipotesi, un’operazione false flag dell’intelligence israeliana, peraltro su un tema tanto dirompente a livello geopolitico.
Ciò può essere spiegato, però, dalla lacerazione che sta vivendo Israele a causa delle trattative sul nucleare iraniano, che hanno dato luogo a una lotta sorda quanto feroce all’interno degli apparati di intelligence e nella Difesa.
Una lotta feroce perché sul tappeto non c’è solo un potenziale accordo tra Stati Uniti e Iran, ma quanto sottende la riuscita o meno degli sforzi diplomatici in tal senso.
A tema, infatti, è se aprire o meno il vaso di pandora di una guerra regionale, più che probabile nel caso in cui le trattative fallissero.
Perché parte della Difesa e dell’intelligence israeliana è ben conscia che una guerra regionale contro l’Iran, pur se supportata dagli Stati Uniti, presenta incognite molto più che drammatiche per la stessa Israele, che non potrebbe evitare tutti i missili di Teheran o di Hezbollah.
Anche se sicuramente vincente, ne risulterebbe martoriata. Peraltro, tale funesta prospettiva potrebbe spingere Tel Aviv a usare l’atomica, con conseguente ecatombe e tanto di nubi radioattive cui cieli del medio oriente e oltre (Israele compresa). Decisione che potrebbe innescare un’eventuale risposta di Teheran contro la centrale nucleare di Dimona, come adombrato da un video diffuso lo scorso anno dagli iraniani.
Tale l’importanza cruciale della trattativa in corso. Tale la drammaticità del momento.
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