di Claudia Pretto[1] e Gandolfo Dominici[2]
Il Mali, situato nell’ovest dell’Africa, è un paese di grande importanza geopolitica e strategica per la così detta “ regione del Sahel”. Già all’inizio del millennio è iniziato un “gioco” di egemonia e potere da parte di forze esterne al paese e, caratterizzato dalla negazione della sovranità nazionale in nome della cosiddetta “sicurezza globale” (ovviamente unipolare occidentale), che ha avuto ed ha drammatiche conseguenze.
Il Mali é infatti oggi una delle tante “cartine tornasole” della politica delle potenze straniere sedicenti “esportatrici di democrazia” che pretendono di dettare legge in nome di una presunta “lotta al terrorismo” a scapito dei popoli di altri paesi. Seguendo queste “nobili motivazioni”, nel 2013, la Francia è intervenuta militarmente in Mali.
Il Mali, che conta poco più 19 milioni di abitanti, è sempre stato contraddistinto da una grande diversità culturale e linguistica, infatti sebbene la lingua ufficiale sia il francese, le lingue più diffuse sono il bambarà, seguita dal peuhl, songhai e dalla lingua della popolazione Tuareg: il tamasheq. Seppur abitato da diverse etnie, il Mali nel corso della storia non si era mai caratterizzato per rivalità etniche significative: praticando tipi di agricoltura ed economie differenti, i diversi gruppi etnici non si erano mai contesi territori o mercati. Intorno al 2010 però le popolazioni, per lo più peul e tuareg, hanno iniziato a subire gli effetti nefasti della marginalizzazione dovuta soprattutto all’avanzata della desertificazione ed alla crisi economica. In particolare, i Tuareg del Nord hanno visto cambiare l’atteggiamento del governo centrale di Bamako poiché i territori abitati dai Tuareg sono ricchi di uranio, minerale ambito da diverse multinazionali. L’atteggiamento del governo ha innescato una spirale di risentimento tra gruppi etnici, sfociati in veri e propri episodi di violenza armata.
Dal 2012 il Mali si trova dunque in una condizione definita instabile, con la presenza di svariati gruppi armati, compresi movimenti a base etnica, gruppi jihadisti e reti criminali transnazionali, che combattono per l’egemonia e il controllo delle rotte del traffico di armi e della tratta di esseri umani verso il Nord Africa. Nel 2015 è stato stilato un “accordo di Pace” che si è però dimostrato una vera e propria farsa in quanto sono i gruppi firmatari dello stesso accordo a ricorrere tutt’ora all’uso della violenza[3].
I fattori esterni che hanno certamente portato alla destabilizzazione dello Stato maliano si sono interconnessi con la volontà di mettere in atto una nuova strategia geopolitica nell’area del Sahel da parte della Francia che ha messo in atto il suo primo intervento militare diretto al di fuori delle missioni NATO. Con questa strategia militare la Francia ha abbandonato quella del mero intervento logistico o di supporto a forze africane nell’area dell’ECOWAS[4], nel silenzio assordante degli organismi internazionali deputati a vigilare sulle norme di diritto internazionale.
Sorge la domanda: “su quali basi giuridiche la Francia ha potuto inviare delle forzi militari in Mali?”[5]
Il Mali, almeno sulla carta, è indipendente dal 1961, pertanto il diritto internazionale vieterebbe l'uso della forza in un altro Stato. L'intervento militare in territorio straniero è consentito infatti solo se autorizzato del Consiglio di Sicurezza per l esercizio dell'autodifesa o se tale intervento è effettuato su richiesta dello Stato interessato. Il Mali non ha mai formalmente chiesto aiuto alla Francia e il Consiglio di Sicurezza non ha dato il proprio consenso all’intervento.
Il tutto è accaduto senza che fosse proferita parola alcuna contro questa sorta di “operazione militare speciale” della Francia, come se tutto si fosse svolto nel rispetto delle norme e delle procedure del diritto internazionale. A differenza infatti dell’intervento della Russia in Ucraina, l’operazione militare francese in Mali è stata tollerata da tutti senza nessuna lamentela e senza alcun risalto mediatico.
Le ragioni di tale silenzio sono ovviamente adducibili all’automatismo rispetto a qualunque intervento da parte degli Stati occidentali nelle loro ex colonie per “esportare la pace, sicurezza e democrazia”. Nella prospettiva del governo francese tale intervento si incardinava nella strategia post-coloniale per far fronte alle incapacità dei nuovi governi degli Stati africani, definiti corrotti (da chi?) ed incapaci di garantire la sicurezza nei propri territori. Dunque con un atteggiamento da “saggia e benevola madre coloniale”, la Francia sostiene formalmente di essere intervenuta per correggere e proteggere il Mali: per il bene del Paese (o per meglio dire colonia) e della sua popolazione.
L'11 gennaio 2013, quasi un anno dopo l'inizio delle ostilità nel nord del Mali e la presa delle principali città da parte di una coalizione di gruppi definiti jihadisti affiliati ad AQIM[6] e gruppi indipendentisti Tuareg, la Francia ha lanciato un'operazione militare di emergenza attraverso attacchi aerei e la mobilitazione di forze speciali, a cui si sono poi aggiunti 4.000 uomini direttamente impegnati in territorio maliano[7].
Il giorno dopo l'intervento, il presidente Hollande indicava che tale intervento veniva effettuato: “su richiesta del presidente del Mali e nel rispetto della Carta delle Nazioni Unite"[8].
Il ministro degli Esteri Laurent Fabius menzionava una situazione di "autodifesa" basata sull'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, per poi correggere le sue osservazioni due giorni dopo e argomentando invece sulla risoluzione 2085[9]. Nella risoluzione 2085 (2012), adottata all'unanimità dai suoi 15 membri, il Consiglio di sicurezza affermava che la Missione internazionale di sostegno al Mali (MISMA), avrebbe adottato tutte le misure appropriate per contribuire a ricostituire la capacità delle forze di difesa e di sicurezza maliane per assistere le autorità di Bamako nel tentativo di riprendere le aree settentrionali del proprio territorio. Queste azioni, sottolineava la risoluzione, devono essere condotte "in conformità con il diritto internazionale umanitario e dei diritti umani e nel pieno rispetto della sovranità, dell'integrità territoriale e dell'unità del Mali"[10].
Alla luce dell’invio dei militari francesi al di fuori del quadro della risoluzione il 14 gennaio, l'ambasciatore francese presso le Nazioni Unite inviava una lettera al Consiglio di sicurezza affermando che: "la Francia ha risposto [...] a una richiesta di assistenza presentata dal Presidente ad interim della Repubblica del Mali, Dioncounda Traoré" per combattere i gruppi terroristici nel paese. Così è stato giustificato l’intervento attraverso la richiesta delle autorità maliane come base legale per l'intervento, nonostante alcune critiche sulla legittimità del presidente all'epoca , Diocounda Traoré era infatti solo il presidente ad interim dopo il colpo di stato che aveva rovesciato Amadou Toumani Touré nel marzo 2012[11].
Diversi esperti in dottrina del diritto internazionale hanno criticato il fatto che la Francia si sia basata su un'autorizzazione data dal Consiglio di Sicurezza non alla Francia ma alle forze africane. In altre parole, l’operazione militare speciale francese ha trovato una parvenza di giustificazione in una lettura molto creativa della risoluzione 2085, dal momento che tale risoluzione ha certamente autorizzato il dispiegamento di una forza militare, ma sotto la guida africana e non certo francese[12].
Nell'aprile 2013, con l'adozione della risoluzione 2100 che crea MINUSMA, il Consiglio di Sicurezza ha implicitamente dato successivamente legalità all'intervento francese, accogliendo la "velocità delle forze francesi" e sottolineando che l’intervento era stato condotto "su richiesta" delle autorità maliane[13]. Da allora, sia giuridicamente che politicamente, la presenza francese è stata costantemente giustificata da questa argomentazione, ricordandola addirittura con vigore al vertice del G5 Sahel a Pau nel 2020[14].
Dal 2013 il quadro giuridico per l'intervento militare francese si è evoluto ed è diventato molto più intricato e complesso a causa delle trasformazioni del sistema e dell'adozione di diversi accordi relativi allo status delle forze armate. Prima di tutto, nell'aprile 2013, è stato pubblicato un accordo sotto forma di “scambi di lettere” per stabilire lo "status” del distaccamento francese nel contesto delle sue missioni in Mali"[15]. Comunemente noto come SOFA (Status of Forces Agreement)[16], questo tipo di accordo è generalmente concluso bilateralmente o multi-lateralmente al fine di stabilire il quadro giuridico applicabile a un distaccamento militare presente all'estero: libertà di circolazione, giurisdizione in caso di cattiva condotta, disposizioni doganali, tasse, ecc. Pertanto, un SOFA non ha lo scopo di giustificare la legalità di un intervento militare, ma piuttosto di inquadrarne il dispiegamento. Inoltre, molti SOFA sono conclusi tra Stati senza l'esistenza di un intervento militare; pertanto, anche il SOFA successivamente entrato in vigore non si comprende come possa avere dato legittimità, nei termini del diritto internazionale, al dispiegamento delle forze miliari francesi nel gennaio 2013.
Il nuovo trattato di cooperazione firmato nel 2014 tra Francia e Mali[17] non ha mutato la situazione. Sebbene la sua firma coincida con il lancio dell'operazione Barkhane, non pregiudica l'accordo raggiunto nel 2013, che continua ad applicarsi ai contingenti della nuova operazione[18]. Una nuova evoluzione è stata avviata nel 2020 con l'implementazione del gruppo di forze speciali Takuba[19].
L’ intervento francese in territorio Maliano si è dunque basato su una struttura giuridica molto fragile, intessuta di accordi bilaterali e dichiarazioni cucite ad arte, attraverso i quali si è inteso giustificare giuridicamente la presenza delle forze militari francesi in Mali cercando solo successivamente il benestare delle Nazioni Unite e trovandolo.
La debolezza giuridica su cui si basava l’intervento militare francese in Mali si è palesata formalmente il 2 maggio 2022, quando la Francia è stata informata della decisione unilaterale delle autorità transitorie maliane di denunciare il trattato di cooperazione in materia di difesa tra Francia e Mali e l'accordo che disciplina lo status delle forze francesi e quelle dei partner europei coinvolti nella task force Takuba. Ed è cosi che, il 15 agosto 2022, si arriva all’epilogo con la dichiarazione della Francia di ritirare gli ultimi militari dal Mali[20]. Le autorità francesi sostengono che proseguiranno nell' impegno nella lotta al terrorismo nel Sahel, ma di fatto in Mali i soldati francesi sono stati letteralmente cacciati, a favore certo di un notevole intervento delle forze militari russe[21].
Purtroppo, in Mali resta il grave problema delle condizioni di vita della maggioranza della popolazione che vive nella povertà, e nel pericolo di frequenti conflitti tribali. I Tuareg e i gruppi arabi del nord uniti nel CMA temono molto quanto accadrà nei prossimi mesi in quanto il processo di Algeri sanno che non verrà mai attuato dal governo centrale, soprattutto a seguito dei colpi di stato del 2020 e del 2021[22]. Il governo centrale di Bamako ha annunciato il 17 agosto 2022 di voler denunciare la Francia perché vi sarebbero evidenze che abbia con la propria presenza militare sostenuto con armi ed informazioni i gruppi terroristici. Come conseguenza nel vicino Niger, paese caratterizzato da un destino molto simile a quello maliano, anche solo per come ne sono stati tracciati i confini fisici, numerosi gruppi della società civile, hanno chiesto che i militari francesi lascino anche il territorio del Niger. Pertanto la presenza francese non è più realmente gradita nell’area[23].
Il continente africano è da sempre stato territorio di interessi dell’occidente, la post colonizzazione ha lasciato i paesi con un debito che li ha resi continuamente schiavi delle dinamiche dell’occidente colonizzatore, fino a diventare di fatto territorio di scontri per interessi contrapposti, come nel caso del Mali. Il Mali ne esce dilaniato, la popolazione estremamente impoverita e sfinita da circa 10 anni di guerra interna, resta la necessità di riconoscere le richieste delle popolazioni del nord la crescente concorrenza tra i paesi occidentali e le potenze emergenti. La diretta conseguenza di questa evoluzione dei rapporti di forza, illustrata dall'intervento militare francese, è la banalizzazione delle interferenze e la normalizzazione della guerra contro il terrorismo.
Di fatto dopo gli attacchi dell'11 settembre 2001, molti Stati del continente africano hanno consegnato ancora una volta la loro sovranità statale a dei “partner di sicurezza esterni”, spesso ex “madri e padri” coloniali . Via via sono emersi gruppi armati non statali che hanno aumentato la frammentazione degli stati africani, già così fragili, proprio perché spesso nati a tavolino nella post colonizzazione, senza tener conto della reale differenziazione culturale, religiosa e sociale dei diversi gruppi.
La crisi in Mali è stata nutrita dalla presenza di gruppi islamisti radicali algerini nel nord del Mali, dal grande flusso di armi dalla Libia che ha militarizzato le richieste di indipendenza Tuareg. L’ area del Sahel vedrà innescarsi anche il "travagliato gioco" del governo algerino come fattore ulteriormente destabilizzante nella regione, ruolo quello algerino che vedremo delinearsi via via sempre di più nel prossimo futuro[24].
NOTE
[1] PhD in Istituzioni e Politiche Comparate, già funzionaria agenzie delle Nazioni Unite e Internazionali, Ricercatrice indipendente in diritto internazionale e strumenti di tutela e monitoraggio dei diritti umani.
[2] Professore Associato di Business Systems e Marketing – Università di Palermo – esperto di Cibernetica Sociale – Editor in Chief della rivista scientifica Kybernetes – CV: https://gandolfodominici.it/
[3] HRC, Report of the Independent Expert on the situation of human rights in Mali, 15 January 2020, https://undocs.org/en/A/HRC/43/76 par. 12.
[4] Economic Community of West African States (ECOWAS), https://ustr.gov/countries-regions/africa/regional-economic-communities-rec/economic-community-west-african-states
[6] AQMI | Biographie, actualité et podcasts à écouter | Radio France
[7] Le MNLA, un nouvel allié pour l’armée française ? https://www.france24.com/fr/20130123-mnla-armee-francaise-mali-negociations-bamako-rebelles-touaregs-islamistes-ansar-dine , France 24, Janvier 2013
[8] Déclaration de M. François Hollande, Président de la République, sur l'intervention militaire française au Mali, à Paris le 12 janvier 2013. | Élysée (elysee.fr)
[9] Prononcé le 11 janvier 2013 - Conférence de presse de M. Laurent Fabius, ministre des affaires étrangè | vie-publique.fr
[10] Le Conseil de sécurité autorise le déploiement d’une force internationale au Mali | UN Press
[11] Dan E. Stigall , L'intervento militare francese in Mali, l'antiterrorismo e la legge sui conflitti armati Military Law Review, Vol. 223, No. 1, 2015, Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, maggio 2015
[12] S. Bergamaschi, M. Diawara, L'intervento militare francese in Mali: non esattamente Françafrique ma decisamente postcoloniale, in “La governance globale incontra il post-colonialismo
A cura diBruno Charbonneau, Tony Chafer, Operazioni di pace nel mondo francofono, Routledge, 2014
[13] Resolution 2100 (2013) Adopted by the Security Council at its 6952nd meeting, on 25 April 2013 , https://daccess-ods.un.org/tmp/4497085.21366119.html
[14] A Pau, Emmanuel Macron réunit les chefs d'État du G5 Sahel, https://information.tv5monde.com/afrique/pau-emmanuel-macron-reunit-les-chefs-d-etat-du-g5-sahel-340941
[15] Décret n° 2013-364 du 29 avril 2013 portant publication de l'accord sous forme d'échange de lettres entre le Gouvernement de la République française et le Gouvernement du Mali déterminant le statut de la force « Serval », signées à Bamako le 7 mars 2013 et à Koulouba le 8 mars 2013 (1) - Légifrance (legifrance.gouv.fr)
[16] https://www.usafa.af.mil/Portals/21/documents/Leadership/JudgeAdvocate/SOFA.pdf?ver=2015-10-30-115236-060
[17] TRAITÉ DE COOPÉRATION EN MATIÈRE DE DÉFENSE ENTRE LA RÉPUBLIQUE FRANÇAISE ET LA RÉPUBLIQUE DU MALI, SIGNÉ À BAMAKO LE 16 JUILLET 2014, pjl14-483.pdf (assemblee-nationale.fr)
[18] Legge che autorizza la ratifica del trattato di cooperazione in materia di difesa tra la Repubblica francese e la Repubblica del Mali (senat.fr)
[19] "Takuba", l'embrione di una forza europea (lemonde.fr)
[20] Opération Barkhane : les derniers militaires français ont quitté le Mali, annonce l'état-major, https://www.ladepeche.fr/2022/08/15/operation-barkhane-les-derniers-militaires-francais-ont-quitte-le-mali-annonce-letat-major-10489716.php , 15 agosto 2022
[21] À Tombouctou, les Russes succèdent aux Français, https://www.la-croix.com/Monde/A-Tombouctou-Russes-succedent-Francais-2022-01-07-1201193697 ; Mali : l’armée russe arrive, https://infowakat.net/mali-larmee-russe-arrive/ , 2020.
[22] Mali: i movimenti tuareg si preoccupano del processo di pace e denunciano l'"abbandono" dell'accordo di Algeri (francetvinfo.fr)
[23] Il Mali accusa la Francia di sostenere presumibilmente i terroristi (aa.com.tr)
[24]Galy, Michel, La guerre au Mali, comprendre la crise au Sahel et au Sahara. Enjeux et zones d’ombre, Paris, La Découverte (« Cahiers libres »), 2013, 144 p., bibl., https://doi.org/10.4000/etudesafricaines.18237
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