L’Unione europea ha dichiarato la Russia uno Stato sponsor del terrorismo. Una boutade colossale se si tiene presente, solo per fare un esempio, che senza l’intervento russo in Siria, Damasco e probabilmente anche Bagdad sarebbero diventate un enorme Califfato dell’Isis, le cui fila erano formate per lo più dai combattenti per la libertà addestrati e armati dall’Occidente per attuare i regime-change in Libia e Siria.
La decisione è stata presa nonostante il fatto che l’America avesse rifiutato tale sviluppo, con Biden che aveva rigettato le sollecitazioni in tal senso dei falchi Usa. In tal modo la Ue, in cui i falchi sono pochi – eccetto che in Italia – e hanno gli artigli spuntati, svela la sua condizione sub-coloniale.
Non una mera colonia, infatti, in grado di giovarsi delle controversie interne del dominus per perseguire, pur nelle restrizioni, i suoi interessi, ma una sub-colonia costretta a sottostare alle pulsioni più feroci del potere imperiale, alla stregua di una delle tante repubbliche delle banane dove i fili dei dittatori erano mossi dalle figure più retrive dell’Impero.
Tutto ciò denota anche l’ormai conclamato deficit cognitivo della Politica della Ue, con il potere affidato a persone del tutto incapaci di gestirlo. D’altronde, tale deficit è palesato in maniera incontrovertibile dalla ventilata nomina del signor Luigi di Maio a inviato speciale per il Golfo Persico, mettendo così una figura a dir poco inadeguata e senza alcun supporto politico reale che non il proprio condominio a tutelare gli interessi, economici e di sicurezza, del Vecchio Continente presso una delle ragioni più complesse e più a rischio del mondo.
Il fatto poi che a suggerire la nomina sia stato Draghi conferma non solo la scarsa considerazione che si attaglia al personaggio, ma anche che l’idea propagandistica che i tecnici siano al di sopra delle debolezze clientelari proprie dei politici è a dir poco non credibile (e ritenere che tale debolezza abbia guidato le scelte dei suoi ministri di governo è forse un peccato, ma magari ci si azzecca).
Quanto al personaggio in questione, il povero Di Maio non ha alcuna colpa se non quella di aver compreso prima di altri che la scarsa intelligenza è una dote molto apprezzata dal potere reale.
Al di là, resta che la scelta di definire la Russia come sponsor del terrorismo ha avuto anche una tempistica sfortunata, cadendo tale decisione in costanza della pubblicizzazione dei filmati dell’eccidio a sangue freddo di una decina di prigionieri di guerra russi, circostanza che Kiev ha tentato invano di negare e rilanciata dal New York Times – sebbene con i dubbi d’obbligo per evitare di andare troppo in contrasto con la propaganda anti-russa (l’eccidio a sangue freddo è incontrovertibile, qui un altro video, ma solo per persone forti: è terribile).
Non vogliamo pensare che tale tempistica sia stata voluta proprio per coprire la notizia dell’eccidio, che stava dilagando sui media, ma certo resta infelice.
Quanto all’eccidio, fa il paio con un’altra analoga strage, documentata da un filmato circolato all’inizio di aprile che immortalava altri soldati ucraini che assassinavano alcuni prigionieri russi (New York Times). Insomma, la pratica sembra qualcosa di alquanto usuale presso alcuni battaglioni ucraini.
Anche allora dall’Occidente non si levò alcuna voce per condannare l’accaduto, che esula dagli usuali orrori della guerra dei quali ucraini e russi si accusano a vicenda. E ciò nonostante il fatto che siamo noi ad armare quelle mani assassine. Si avrebbe il dovere di ricordare a quanti ricevono tali armi i limiti del loro uso e, se tali limiti sono superati, di minacciare di non fornirne più.
Oggi, come allora, l’Ucraina ha aperto un’inchiesta per appurare quanto avvenuto. Un atto dovuto per placare le lamentele e che, come allora, non avrà alcun esito. Allora, i responsabili della strage furono catturati dai russi poco dopo, cosa che hanno promesso di fare anche in questo caso. l’Ucraina avrebbe fatto meglio a sbattere i rei in prigione, ma ovviamente rischia di aprire un vaso di pandora che vuole che resti chiuso.
Non solo, per ironia della sorte, alcuni giorni prima della designazione della Russia come sponsor del Terrore, la Digos di Napoli ha arrestato quattro componenti di una cellula terroristica di marca neonazista affiliata all’Ordine di Hagal, i quali avevano rapporti stretti con il Battaglione Azov. I quattro preparavano attentati.
Il rischio che stiamo armando i terroristi del domani è alto, come aveva allarmato, peraltro, agli inizi della guerra non una quisling qualsiasi, ma Rita Katz, direttrice del Site, sul Washington Post (ora non se può più parlare, si sarebbe accusati di fare il gioco della Russia).
Il pericolo, cioè, è quello di replicare quanto avvenuto per la guerra siriana, con i ribelli di fiducia dell’Occidente, armati e addestrati in funzione del regime-change contro Assad, che hanno iniziato a mietere vittime tra le file dei loro benefattori. Praticamente tutti gli attentati avvenuti in Europa nel decennio della guerra siriana (e dopo) sono stati portati a termine usando tale manovalanza (si potrebbero fare molti esempi).
Per ora il pericolo che il neonazismo di ritorno insanguini le piazze del Vecchio Continente è limitato, sia perché tale manovalanza per ora è usata in guerra sia perché l’intelligence vigila in maniera ferrea su tale possibilità, perché getterebbe un’ombra, forse decisiva, sul supporto occidentale a Kiev.
Ma verrà un tempo, non molto in là, nel quale il movimento neonazista internazionale, rafforzato dalla guerra ucraina, ben armato, addestrato, e soprattutto ormai aduso all’orrore, avendolo attraversato e perpetrato in terra ucraina, farà sentire la sua voce in Europa e altrove, come da allarme della Katz. E non sarà un bel sentire…
È questo un altro motivo per chiudere in fretta il tragico show che si sta consumando in ucraina a spese di quel popolo e dei deboli del mondo.
Infine, va ricordato che la pratica di uccidere i prigionieri di guerra in maniera più o meno sistematica non ha molti precedenti recenti se non in un altro conflitto nel quale rimase impelagata la Russia, quello afghano, nel corso dell’invasione sovietica del Paese.
Anche allora i mujaheddin armati dall’Occidente non facevano prigionieri, assassinando i soldati di leva russi che rimanevano nelle loro mani. Il tutto con l’ovvio tacito placet americano.
Se lo ricordiamo non è tanto per ripercorrere una pagina di cronaca nera del passato, ma solo perché non ci stupisce affatto quanto sta avvenendo in Ucraina. Fa parte del playbook…
E perché, per tornare al tema terrorismo, va ricordato che quei mujaheddin divennero poi i terroristi contro i quali l’Occidente si ritrovò impelagato nella lunga guerra al Terrore… la storia, purtroppo, ha il vizio di ripetersi.
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