PICCOLE NOTE
Le bombe hanno iniziato a piovere su Gaza, 770 morti fino ad ora e la conta è destinata ad aumentare in maniera esponenziale. Probabile che alla fine si conteranno a decine di migliaia. Israele ha decretato il blocco totale della Striscia: niente acqua, cibo ed energia, una punizione collettiva che colpisce tutta la popolazione stigmatizzata dall’Onu come contraria al diritto internazionale (Ansa).
Peraltro, gli abitanti di Gaza non possono fuggire “dalla prigione più grande del mondo, nella quale Israele ha stipato due milioni di esseri umani” dal 2007, come da definizione di Amira Hass (Haaretz). Infine, Israele non sta seguendo il metodo di ingaggio dell’ultimo bombardamento di Gaza: come ha spiegato una fonte a Timesofisrael, i residenti negli edifici presi di mira non sono preavvertiti delle bombe in arrivo. E Netanyahu ha avvertito che dovunque operi Hamas “resteranno solo macerie”.
Israele è stata ferita come mai prima d’ora, è sotto shock per l’orrore che vi ha imperversato e deve ancora modellare la reazione dal momento che la tempesta impedisce di distinguere le minacce vere da quelle percepite (ad esempio l’Iran viene evocato erroneamente: sebbene sostenga la causa della Palestina e la sua leadership abbia gioito per l’orribile assalto, è solo una lontana comparsa in questo dramma). Ma è certo che sarà terribile.
Sul Timesofisrael la fonte suddetta riferisce che l’operazione in atto ha come obiettivo quello di “privare Hamas della capacità e della motivazione per danneggiare Israele”. Come dettaglia, si tratta di una “definizione molto ampia e la nostra interpretazione non è limitata”. La prospettiva, dunque, è di un’ecatombe. Non porterà alla sospirata sicurezza: vendicherà il sangue versato e sarà foriera di ulteriore odio e destabilizzazione.
Di ieri l’apertura formale di Netanyahu a un governo di unità nazionale. Si farà, ma resta da vedere se vi parteciperanno i partiti di ultradestra. Netanyahu torna forte, dopo mesi di tormentato governo. E il Paese torna unito, dopo le lacerazioni precedenti tra governo e opposizione, tra laici e religiosi e tra l’estremismo di destra e le forze politiche di centro-sinistra.
Una lacerazione insostenibile alla lunga e che aveva messo Israele in un angolo geopolitico mentre il Medio oriente andava rimodellandosi con la pace tra Iran e Petromonarchie e tra queste ultime e la Siria. L’attacco di Hamas ha avuto tra i tanti esiti anche quello di far tornare Netanyahu al centro della scena e di aver posto fine a uno stallo socio-politico autodistruttivo.
Il governo di unità nazionale sarà accolto da tutti come necessario, come denota l’editoriale di Haaretz, che l’approva perché è un “obbligo morale”. Approvazione alla quale però aggiunge un rinnovato j’accuse contro il premier: “Non c’è dubbio che la responsabilità del terribile disastro ricade anzitutto su Netanyahu e sul suo governo, il peggiore governo della storia di Israele. L’imputato del processo per corruzione, l’incitatore della nazione, il capo del campo dittatoriale, è colui che ci ha portato a questa situazione. Nessuna coalizione politica sarà mai in grado di scagionarlo da questa grave responsabilità, nemmeno i suoi partner kahanisti che hanno versato ogni goccia di benzina possibile sul fuoco”.
“[…] Quando la situazione in prima linea si sarà stabilizzata e sarà venuta meno la necessità di un gabinetto di emergenza, Netanyahu e tutti i suoi partner responsabili del disastro dovranno essere rimossi dal potere. Non sfuggiranno alla giustizia”. Il premier è conscio di tale precarietà e delle recriminazioni che attraversano Israele e ciò non lo aiuterà ad avere un approccio lucido alla crisi.
Non solo Haaretz, anche il media Yedioth Ahronoth rileva gravi responsabilità del premier. Ieri una fonte egiziana aveva rivelato che Israele aveva ignorato gli avvertimenti pervenuti dal Cairo sulla preparazione di un attacco su larga scala. Nonostante Netanyahu abbia rigettato le accuse come Fake news, il media israeliano non recede e anzi rilancia.
“Secondo un’alta fonte egiziana – scrive il media – una decina di giorni prima dell’attacco a sorpresa di Hamas sul territorio israeliano, il ministro egiziano dell’intelligence, generale Abbas Kamel, aveva contattato l’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu per avvertire di ‘qualcosa di insolito, di un’operazione terribile’ che stava arrivando da Gaza. Lo rivela Ynet, in seguito alla pubblicazione da parte dell’agenzia AP [Associated Press] di un avvertimento da parte dell’Egitto”.
“L’ufficio del primo ministro ha negato le accuse”, prosegue Ynet. “Dopo il clamore suscitato dalla rivelazione, e nonostante un’esplicita smentita da parte di Netanyahu, la fonte egiziana ha affermato che ‘noi non neghiamo e non arretriamo nemmeno di un centimetro da ciò che abbiamo detto a numerosi media internazionali, tra cui l’israeliano Yedioth Ahronoth.'”
“La fonte dell’intelligence egiziana ha detto a Ynet che Kamel è stato ‘sorpreso dall’indifferenza’ dimostrata da Israele. Fonti egiziane hanno affermato che la risposta al ministro egiziano dell’intelligence è stata che l’IDF e le forze di sicurezza erano ‘concentrate’ sui report provenienti dalle città della Giudea e della Samaria da fonti di minacce terroristiche contro Israele”.
“Secondo la fonte, i generali israeliani hanno risposto ai loro colleghi che ‘la situazione a Gaza, e soprattutto lungo il confine, è sotto controllo'”. Non entriamo negli interna corporis della politica israeliana, né diamo per certa la rivelazione, ci limitiamo a riportare la vicenda perché indicativa del clima che si respira nel Paese, dove l’orrore e la paura si mischia allo sconcerto e alla rabbia per l’impossibile debacle della Difesa e dell’intelligence.
Impossibile perché se anche si ritenga possibile che nessuno si sia accorto dell’imminente attacco, anche se preparato da un anno, restano le domande di come sia possibile che uomini armati a piedi, in automobile, motocicletta e deltaplano si muovano indisturbati nella striscia di confine desertica tra Gaza e Israele, in piena vista. Nessun satellite in azione? Nessun video? Nessun drone? Nessuna telecamera? Operatori tutti distratti? Nessun elicottero in zona?
Concludiamo con un articolo di The Intercept che ci hanno segnalato e che riferisce di come prima il generale Yitzhak Segev, governatore militare israeliano a Gaza all’inizio degli anni ’80, poi Avner Cohen, ex funzionario israeliano per gli affari religiosi, abbiano raccontato a due media americani che la genesi di Hamas è stata favorita da Israele, che intendeva creare un antagonista religioso all’Olp di Arafat, allora partito riferimento laico di tutti i palestinesi (Segev ne parlò a David K. Shipler, giornalista e premio Pulitzer del New York Times e Cohen al Wall Street Journal).
Per Hamas si è ripetuto l’errore fatto con al Qaeda in Afghanistan, con la creatura che sfugge di mano chi l’ha creata. Ma le contraddizioni, anche le più stridenti, in Medio oriente appartengono alla normalità. E tali contraddizioni ora rischiano di inghiottire il mondo intero se il conflitto attuale non rimarrà, per quanto possibile, limitato.
Intanto si registra la confusione in cui versa l’amministrazione Biden. Concentrata nel conflitto aperto con la Russia e in quello di attrito con la Cina, vede la sua politica andare in mille pezzi ed è costretta a centrarsi nuovamente sul Medio oriente, che in precedenza aveva abbandonato.
Di questa confusione fa fede il messaggio del Capo di Dipartimento di Stato Anthony Blinken, che in un primo momento aveva postato un messaggio su X (twitter) invitando le parti a un cessate il fuoco, messaggio poi cancellato come fosse il post di un liceale. Scarsa lucidità, non aiuta a uscire dal tunnel buio nel quale il mondo è precipitato lo scorso sabato (buio, va ricordato, nel quale il popolo palestinese è costretto da oltre settant’anni).
P.S. Haaretz ha pubblicato ieri, 9 ottobre, un tweet che recita ‘ “Chiunque voglia contrastare la creazione di uno Stato palestinese deve sostenere il rafforzamento di Hamas e il trasferimento di denaro a Hamas”, ha detto Netanyahu ai membri della Knesset del suo partito Likud nel marzo 2019. “Questo fa parte della nostra strategia” ‘ .
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