Nel 2020, in totale solitudine, Diana Carminati decide di scrivere il suo ultimo libro Come si liquida un popolo, per provare ad affrontare alcuni “dilemmi” sulla questione palestinese e sul mondo della solidarietà europea che l'ha accompagnata. Oggi, di fronte a questo sterminio di stampo nazista ad opera dello stato d'Israele sulla popolazione gazawi e palestinese tutta, questa pubblicazione sembra cadere a fagiuolo.
“Pensavo di scrivere sulla situazione tragica della Palestina, caduta in un baratro di indifferenza, rassegnazione se non di complicità degli attivisti, o perlomeno sulla loro incapacità di esprimere e organizzare una critica puntuale delle attività di solidarietà proposte e mantenute sempre sotto il controllo dei/delle leader dei maggiori movimenti europei”, dichiara a l'AD Diana Carminati.
Tanto è stato detto e scritto sulle vicende nell'ultimo secolo e mezzo di occupazione della Palestina e della persecuzione del suo popolo nativo. Tranne su quest'ultima in corso, poco è stato detto e scritto sulle cinque aggressioni israeliane contro la striscia di Gaza negli ultimi 15 anni, dopo la vittoria del partito “Change and Reform” di Hamas, nel gennaio del 2006. Praticamente inesistente il dibattito sul tentativo di colpo di Stato dell’Autorità nazionale palestinese, coadiuvato dai servizi segreti israeliani, dalla Cia, dalla allora segretaria di Stato USA Coondolice Rice, e sul successivo blocco della striscia. Ma tutto o quasi è stato opportunamente scritto nel nel libro “Gaza e l'industria israeliana della violenza” (DeriveApprodi 2015) da Enrico Bartolomei, Diana Carminati e Alfredo Tradardi.
Tante le responsabilità per le atrocità commesse, sin dai primi esodi negli anni venti del novecento, di coloni in terra palestinese sul popolo nativo. Responsabilità europee, internazionali e dei Paesi arabi. Ma quali le responsabilità del mondo della solidarietà, degli attivisti, pacifisti, cooperanti in Italia e in Occidente? Per molti anni il tema dell'apartheid dello stato d'Israele sul popolo palestinese è stato taciuto o sottaciuto. Oggi sembra essere uscito dalle tenebre di alcuni analisti più “coraggiosi”. Ma è solo questo il motore che fa concepire e mettere in atto le tante aberrazioni israeliane sui palestinesi? O vi è un progetto più profondo e complesso, del movimento sionista, le cui radici e testimonianze storiche vanno ritrovate nella terra degli Stati Uniti d'America, Australia, Canada, Nuova Zelanda?
Questo è il colonialismo d'insediamento. L'accaparramento di quanta più terra possibile e la eliminazione del maggior numero possibile della sua popolazione nativa.
Giovedì 14 dicembre alle 17.30 a Roma presso la sala Bianca in Via Flaminia, 53 sarà possibile incontrare e ascoltare Diana Carminati accompagnata da Alessandra Ciattini, Vera Pegna e Wasim Dahmash.
di Alessandro Orsini* Risposta, molto rispettosa, a Liliana Segre. Il dibattito sul genocidio a Gaza, reale o presunto che sia, non può prescindere dalle scienze sociali. Nel suo...
di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico In più di una circostanza ho scritto che oltre agli USA a vivere una situazione estremamente complessa in materia di conti con l'estero (debito/credito...
di Alessandro Orsini* Il Corriere della Sera oggi si entusiasma per la caduta del rublo. Lasciatemi spiegare la situazione chiaramente. Se andasse in bancarotta, la Russia distruggerebbe...
di Clara Statello per l'AntiDiplomatico Esattamente una settimana fa, il premier ungherese Viktor Orban, di ritorno da un incontro con Donald Trump a Mar-a-Lago, annunciava che queste sarebbero...
Copyright L'Antidiplomatico 2015 all rights reserved
L'AntiDiplomatico è una testata registrata in data 08/09/2015 presso il Tribunale civile di Roma al n° 162/2015 del registro di stampa