Ogni giorno un passo, un passettino, ora silenziosamente, ora con qualche clamore; ma ogni giorno si scende un gradino, ogni giorno. La meta? Un “riequilibrio” della storia, con una banalizzazione (“in fondo non è stato poi così male”, in sintesi) del fascismo, e il suo rientro nella “normalità” politica di questo nostro paese. Eppure siamo nel centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti; e pochi giorni fa, qualcuno (pochi, in vero) ha ricordato la ricorrenza della data dell’8 novembre, giorno in cui il fascismo poneva fine alla libertà di Antonio Gramsci; dal canto suo, rumorosamente, la “seconda carica dello Stato”, senatore La Russa, non manca mai l’occasione per esternare la sua fede, in una forma o nell’altra; e la signora presidente del Consiglio non vede fascisti, ma solo “estremisti di sinistra” che picchiano i poliziotti; e uno dei suoi vice sputa contro le “zecche rosse” (lui, già militante-tesserato dei “Comunisti padani”); infine, in una galleria dell’indecenza politica e della falsificazione storica, uno dei tanti propagandisti di regime, Daniele Capezzone (noto voltagabbana) pubblica un pamphlet per irridere coloro che mettono in guardia sul pericolo fascista, e via seguitando. Né abbiamo dimenticato la grottesca performance del già ministro Sangiuliano, il quale a una domanda di un giornalista che gli chiedeva una professione di antifascismo, gli strappò in malo modo il microfono pretendendo che l’interlocutore si dichiarasse anticomunista, e citava a supporto la famigerata risoluzione del Parlamento UE del 19 settembre 2019 che equiparava nazismo e comunismo (omettendo curiosamente il termine “fascismo”, nel presupposto che i nazisti, sì, erano i cattivi, come i comunisti, ma i fascisti, in fondo, erano dei bravi giovini, forse un po’ troppo esuberanti)…
In sostanza, il nazifascismo non c’è, anche se raduni e comizi con braccia tese e labari e gagliardetti e slogan nostalgici si stanno moltiplicando: l’ultimo episodio pochi giorni or sono, a Bologna con un’incursione squadristica nel silenzio/assenso della polizia e del ministero dell’Interno, il cui titolare se la prende anzi con il sindaco del capoluogo emiliano, reo di aver denunciato il gravissimo episodio.
Date tali premesse, non deve sorprendere più di tanto che l’Italia abbia votato contro la risoluzione, peraltro approvata a larghissima maggioranza all’Assemblea generale dell’ONU, “contro la glorificazione del nazismo” e per il rispetto della memoria storica. Una banalità, in fondo: ebbene, tutti gli Stati dell’Unione Europea, accodandosi agli USA, hanno votato contro. Forse perché la risoluzione era proposta dalla Federazione Russa? A tal segno giunge la stoltezza russofobica? Dunque il nostro governo era in buona compagnia. Lo scorso anno sulla medesima risoluzione (che viene riproposta ogni anno), l’Italia si era astenuta. Forse Biden e von der Leyen hanno tirato le orecchie a Tajani e lui si è subito allineato: in fondo è più coerente, date le premesse a cui ho accennato, un voto contrario. Proclamare il ripudio del nazifascismo e la necessità della memoria storica? Non sia mai. In fondo, Benigni ha già provveduto, per tempo, a rovesciare la verità storica, quando ha fatto liberare il lager di Auschwitz dagli yankees.
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