Davvero agghiacciante la trasformazione antropologica degli italiani provocata dalla gestione dell’emergenza Covid - e già fotografata nel Rapporto del Censis 2020 “L’anno della paura nera - Meglio sudditi che morti: le vite a sovranità limitata degli italiani e le scorie dell’epidemia” – che fa identificare nell’altro un nemico dal quale stare alla larga. Una dilagante ipocondria intrisa di cinismo (basti pensare che il 49,3% dei giovani vuole che gli anziani siano curati dopo di loro) che spazza via ogni sentimento di fratellanza e solidarietà e che si direbbe pienamente accettata anche da istituzioni religiose, pur suscitando in queste significative prese di posizione.
Poche quelle nella Chiesa cattolica che pure era si è affermata soprattutto durante le epidemie (“Soltanto chi non è cristiano deve temere le epidemie, perché per i cristiani la morte non è l’ultima parola”). Qualcuna in più nella Soka Gakkai, la più importante (oltre 60.000 aderenti) tra le istituzioni buddiste in Italia che, a differenza delle altre – proponendo, più che una mera religione, una filosofia di liberazione (per capirci, il suo fondatore Tsunesabur? Makiguchi è morto in carcere per essersi opposto al regime dell’imperatore Hirohito) - si era sempre distinta per il suo andare controcorrente.
Una doccia fredda, quindi, per molti aderenti alla Soka Gakkai, l’annuale messaggio alle Nazioni Unite (“Proposta di Pace 2021”) del loro presidente Daisaku Ikeda che, avallando pienamente la gestione dell’emergenza Covid (incluso “vaccini per tutti”), arriva a proporre una intensificazione della lotta alle “fake news” e alla “diffusione di notizie distorte istiganti all’odio” rivolte, a suo dire, contro la gestione di questa emergenza. Un messaggio così diverso da tutti gli altri da lasciar supporre che sia stato fraudolentemente attribuito al novantatreenne Ikeda, il quale, tra l’altro non si vede in pubblico da anni. Messaggio che ha già suscitato tra aderenti alla Soka Gakkai pubbliche proteste: si vedano questo video, questo, e quest’altro. A tal proposito abbiamo sentito due aderenti napoletani alla Soka Gakkai - Marilù e Francesco - da tempo impegnati per una nuova gestione dell’emergenza Covid; questa la sintesi del loro discorso.
<<L’immagine del Buddha oggi più conosciuta in Occidente è quella di una persona con gli occhi socchiusi e sorridente, una iconografia che rimanda ad un ascetico distaccamento dalla vita, quasi un disinteressamento. Non è così. Il termine Buddha significa "risvegliato" e le grandi orecchie che caratterizzano le statue del Buddha ??kyamuni rimandano alla capacità di saper “sentire”, percepire l’essenza della realtà, al di là della rappresentazione che di essa ci viene fatta dalla società e dal potere.
È, quindi, davvero sorprendente l’atteggiamento della Soka Gakkai che si direbbe essersi piegata alla narrazione dominante sull’emergenza Covid. Un atteggiamento che, purtroppo, pervade molti buddisti, anche di antica data, dominati oggi dall’illusione che tutto possa essere letto e risolto solo grazie ad una onnipotente e neutrale “Scienza”. Uno scientismo (permeato da una ipocondria davvero inconcepibile per i buddisti) che impedisce di leggere le evidenti assurdità di una gestione dell’emergenza Covid la quale, tanto per dirne una, dopo aver impedito l’utilizzo di pur efficaci cure (perché solo così si potevano autorizzare vaccini sperimentali) ora pretende di imporre a tutti perpetue vaccinazioni che non potranno mai garantire una immunità di gregge e, quindi, l’eradicazione del virus. Una illusione che, tra l’altro, rischia di spazzare via anche un immenso patrimonio culturale – si pensi all’Omeopatia, praticata da moltissimi buddisti – che ha sempre considerato la malattia come qualcosa da affrontare, in primis, potenziando l’organismo, non certo tentando di sopprimere l’agente patogeno.
Abbiamo tentato di esporre queste considerazioni negli zadankai (le nostre riunioni che da un anno si tengono solo on line mentre, ad esempio, i cattolici continuano a frequentare le chiese) venendo silenziati o additati come “negazionisti”. E questo solo perché proponiamo una sfida a diffuse credenze e a situazioni ritenute “normali”; ma questo saper ergersi contro situazioni considerate “normali” e da quasi tutti accettate è l’humus del buddismo, che è trasformazione, non mera accettazione dell’esistente. E non solo del buddismo, basti pensare a Ghandi o Martin Luther King, onorati in mostre della Soka Gakkai per il loro essersi battuti contro la presenza dei britannici in India o la segregazione razziale. Situazioni, si badi bene, fino a qualche decennio fa, considerate assolutamente “normali”, così come oggi è considerata questa assurda gestione dell’emergenza Covid. >>
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