di Valerio Gentili
Invertiamo i fattori ma il risultato non cambia. Figli di epoche tutte particolari, fuoriusciti dalle fangose trincee della PGM o scesi dalle montagne della Seconda, ragazzi giovani, induriti dalla guerra, resi avvezzi all’uso delle armi che si amano come una bella donna, si accarezzano, si lucidano, si tengono sempre ben oliate, pronte per l’azione che sarà, magari la risolutiva ora X. Due generazioni figlie di un abbaglio, quello di poter trasformare la guerra in rivoluzione.
Nel ‘15 partirono in qualche migliaio, erano i cosiddetti “volontari”, quasi tutti interventisti di Sinistra, quelli di Destra rimanevano comodi sulle poltrone dell’”Ansaldo” o del “Corriere della Sera”. Sfidavano la morte, la guardavano tutti i giorni negli occhi, con la speranza che la grande carneficina si trasformasse da guerra tra nazioni in guerra nelle nazioni, guerra sociale! Proprio come Lenin era riuscito a fare in Russia. Ma la socialdemocrazia russa era una cosa tutta particolare, ben diversa dagli omologhi tedeschi ed italiani, Paesi dove pure la guerra aveva finito per creare tutti i presupposti per una rivoluzione. Come ricorda l’Ardito e scrittore milanese Mariano Mariani: “Dal fronte tornammo tutti bolscevichi ma gli imboscati delle retrovie non vollero né seppero capirci”.
La rivoluzione dell’8 novembre in Germania fu subito chiaro, per ordine della socialdemocrazia stessa, era “politica” non “sociale”, i Soviet vennero presto smantellati, ed i forti sindacati collegati alla Sdp liberi di firmare accordi decisamente al ribasso coi capitalisti. Mentre in Russia i bolscevichi avevano fatto dei militari la seconda gamba del partito assieme con gli operai, in Italia ai combattenti si sputava in faccia, i socialisti li attaccarono addirittura a randellate, in qualche occasione, come se la colpa della guerra fosse la loro. Le speranze del biennio rosso andarono presto perdute a causa di un partito, i socialisti che pur con enormi consensi elettorali, 34% alle elezioni del ‘19, inetto, incapace di portare la lotta della classe operaia su un piano militare, come peraltro richiesto dalle condizioni entusiasticamente firmate dal partito al II congresso del Comintern.
Arrivò quindi lo squadrismo, freddo, determinato, pronto a trasformare la dialettica politica tradizionale in violenza cieca ed organizzata scientificamente. La Sinistra incapace di reagire era nel panico, gli operai erano poco avvezzi all’uso di armi da fuoco e soprattutto incapaci di fronteggiare spedizioni punitive organizzate con criteri tipicamente militari. L’attacco al corteo milanese del 15 aprile 1919 e successiva distruzione dell’”Avanti!” resta prova incontrovertibile del clima del periodo.
Entrarono allora in gioco questi giovani con militanze (quando c’erano state) irregolari tra le fila della Sinistra organizzata. Ma erano forti, organizzati, senza paura e soprattutto pronti allo scontro militare. Da Arditi avevano combattuto a Caporetto, resistito sui colli alla disfatta con i pugnali tra i denti e le bombe nelle mani. Gli squadristi avevano trovato un nemico da temere: gli Arditi del popolo. A Roma nel novembre 1921, nel più grande scontro militare, con migliaia da una parte e l’altra, i fascisti a congresso finito dovettero riprendere i treni alla chetichella e con la coda tra le gambe, l’arditismo aveva vinto.
La Sinistra, tuttavia, tradì gli Adp, i socialisti con gli accordi dell’agosto ‘21, mentre i Ras dello squadrismo si facevano beffe della “pacificazione”, i socialisti sconfessarono gli Arditi. Pure i comunisti non furono da meno, il neonato Pcd’I non voleva nessuna commistione, tantomeno militare, con chi non era di comprovata fede comunista. Questo doppio atteggiamento, sciocco, da un lato, spocchioso, dall’altro, portò alla Marcia su Roma.
20 anni dopo con la guerra e la sconfitta si crearono le condizioni migliori preinsurrezionali. L’esercito allo sbando, la polizia spesso sostituita dagli stessi partigiani. Il potere centrale frantumato, il suo ruolo esecutivo ormai spesso prerogativa dei Cln, tra la gioventù un nuovo abbaglio rivoluzionario. Nulla più che una lontana chimera...eppure. Proprio come gli Arditi i Volantisti erano giovani induriti dalla guerra , avvezzi alla violenza, di armi ne avevano (nascoste) in quantità, perfino i terribili Panzerfaust tedeschi. Come i fascisti andavano rialzando la testa, la Volante entrava in azione dura , spietata, determinata.
Stavolta la rivoluzione era molto più lontana di vent’anni addietro, stavolta i giochi si erano svolti ad alto livello geopolitico, l’Italia nella sfera Usa e stop. Ancora una volta quell’abbaglio, la rivoluzione tanto voluta non ci sarebbe stata. E pensare a cosa sarebbe accaduto se non intercettati casualmente da un dirigente, in occasione dell’attentato a Togliatti, quelli della Volante avessero attaccato la caserma di mezzi blindati dei carabinieri, distruggendola grazie ai letali e tanto amati Panzerfaust.
Fu proprio l’attentato a Togliatti, tuttavia, a mostrare come il grande attivismo della base del partito, in gran parte spontaneo, fosse del tutto inutile: nessuno sbocco rivoluzionario neanche lontanamente possibile per l’Italia.
Appariva chiaro ormai ai più accorti che la parentesi nella storia d’Italia era stata quella resistenziale non certo il fascismo. Con il fascismo, lo Stato liberale, il creatore stesso del fascismo, continua per la sua strada interrotta dalla Resistenza ma poi subito ripresa nella variante di Stato liberale democratico. Perso il treno della Resistenza che si fa rivoluzione, i Volantisti, giustamente, continuarono nella loro opera di vendicatori e giustizieri, eliminando quei fascisti, alcuni anche pesantemente collusi col precedente Regime e responsabili di azioni esecrabili, colpo in faccia e via avanti il prossimo .Ma dopo il ‘48 la Sinistra se la passava così male, che la Volante Rossa venne sgominata in poche mosse, troppe leggerezze. Alcuni ebbero la fortuna di espatriare in Cecoslovacchia e sulla Volante calò il sipario.
Noi abbiamo, però, il diritto e il dovere di ricordare questi eroici compagni per sempre. Si chiamino Volante Rossa o Arditi del Popolo, costituiscono comunque la parte più nobile e disinteressata che la storia, la nostra storia ci ricorda. E non è questione di numeri ma di qualità. Giovani pronti a tutto anche ad abbandonare gli affetti ed una vita comoda e tranquilla per il trionfo di un ideale di giustizia, per un mondo migliore.
Oggi che la Sinistra sembra capace di proporci solo asterischi, slasher, codici a barre, deliri genderisti, quasi fossimo a giocare ad una partita vintage a Space Invaders. Teniamoci vicino al cuore questo passato, perché anche se ormai lontano ci ricorda che per vincere abbiamo bisogno di forza ed unità non di tante microdebolezze.
Lo slogan “Un Nemico! Un Fronte! Una Lotta!” che ci riporta ad un epoca in cui la Sinistra era ancora capace di farci tremare i polsi, riempire il cuore di orgoglio e voglia di combattere, non è semplice retorica. Vuol dire che se il nemico è unico anche noi dobbiamo essere un fronte unico, non una fottuta sequenza infinita di micro ontologie edonistiche che guardano solo alla loro autoaffermazione, Noi siamo una classe unica di sfruttati in tutto il mondo e l’unità è la nostra forza nella lotta contro il capitalismo.
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