Deng e quell'accenno alle rivoluzioni colorate


di Diego Angelo Bertozzi

In un suo recente intervento Paul Craig Roberts ha riconosciuto il valore delle politiche Pechino e Mosca di contrasto ai tentativi (non solo militari) egemonici degli Stati Uniti, soprattutto in relazione alle tante organizzazioni non governative che, sotto la suadente etichetta della promozione della democrazia e dei diritti umani, rappresentano gli strumenti “privati” della sovversione e dell'aggressione a governi considerati scomodi.
Russia e Cina popolare hanno di fatto costituito un fronte comune approvando pacchetti di leggi e regolamenti per autorizzare e monitorare le azioni sul proprio territorio delle tante Ong e istituzioni private, finanziate dall'esterno.

Decisioni ovviamente seguite dalle solite accuse di violazione dei diritti umani, soprattutto nei confronti di Pechino.

E proprio sulla Cina conviene fermarci un attimo, perché l'attenzione riservata a questi strumenti della sovversione e dell'aggressione imperialista non è nuova, ma risale proprio agli inizi della politica di riforma avviata a fine anni '70 da Deng Xiaoping. Già allora alla dirigenza comunista era ben chiaro che la fuoriuscita della Cina dall'isolamento e la progressiva apertura al commercio internazionale e agli investimenti stranieri avrebbero potuto produrre un frutto velenoso: quello dell'appoggio e del finanziamento a forze interessate a mettere in discussione il ruolo del partito comunista.

Ecco cosa diceva in un seminario del 30 marzo del 1979 proprio Deng Xiaping: “Negli ultimi tempi un piccolo numero di persone ha provocato incidenti in alcune località. Anziché accettare la guida, il consiglio e le spiegazioni dei funzionari dirigenti del partito e del governo, alcuni cattivi elementi hanno avanzato parecchie richieste che non possono al momento essere accolte o che sono nell'insieme ragionevoli. Essi hanno provocato o convinto con l'inganno parte delle masse ad attaccare le organizzazioni del governo e del partito, ad occupare gli uffici, a tenere dimostrazioni, scioperi della fame, e blocchi stradali, danneggiando così gravemente la produzione, le altre attività e l'ordine pubblico.
Costoro hanno inoltre inalberato slogan quali “Abbasso la fame” e “dateci diritti umani”, incitando il popolo a manifestare e cercando deliberatamente di far sì che gli stranieri dessero pubblicità alle loro parole ed azioni in tutto il mondo. C'è un cosiddetto Gruppo cinese dei diritti umani che è arrivato al punto di attaccare manifesti a grandi caratteri in cui si chiede al presidente degli Stati Uniti di “interessarsi” ai diritti dell'uomo in Cina. Possiamo consentire simili esplicite richieste di intervento negli affari esteri cinesi?”
Deng Xiaoping, “Socialismo alla cinese. Scritti e interventi”, Editori Riuniti, 1985, Roma, pag. 87-88

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