Grecia, questa mattina.
Alle 8.00 in punto la polizia ha fatto irruzione in una casa della periferia est di Atene, nel sobborgo di Zografou, per eseguire un pignoramento immobiliare. Gli agenti hanno sfondato la porta con una motosega per liberare l’appartamento e consentire così che venga messo all’asta.
All’interno fino a poche ore fa ci viveva Ioanna Kolovou, giornalista in pensione, insieme a suo figlio autistico. Sopravvivevano con una pensione di 700 euro al mese e avevano accumulato un debito bancario di 15.000 euro. Un debito maturato su una carta di credito per il quale la banca ha preteso un pagamento unico anziché i tre distinti e più piccoli inizialmente concordati. Sono stati trascinati fuori a forza dalla loro casa e buttati in mezza alla strada come rifiuti della società per quindicimila euro. QUINDICI.
L’ennesima storia surreale che dimostra come, dopo la “cura” della Troika, nella Grecia moderna non esista più nessuna pietà. Nessuna protezione. Men che meno per le persone più fragili e vulnerabili. Esiste solo il cinismo.
La fredda, glaciale applicazione di quel rigorismo normativo scellerato tanto caro a Bruxelles che difende unicamente il diritto di ricchi e potenti. Di chi i soldi e una casa già li ha. E consente a banche e fondi d’investimento di speculare impunemente sulla pelle della povera gente. Di portare via loro la casa, il frutto dei sacrifici di una vita, anche per debiti infinitamente più piccoli rispetto al valore di una casa.
Un saccheggio legalizzato sempre più violento e insensibile che ha raggiunto proporzioni insostenibili, mentre sui media di regime continuano a raccontare la storiella di un paese in forte ripresa economica.
Eccola qua la ripresa.
Un deserto di miseria umana popolato di disperati errabondi inseguiti dagli sciacalli. E migliaia di carcasse sopra le quali volano gli avvoltoi.
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