Elena Basile - Chi prepara una guerra nucleare a Russia e Cina


di Elena Basile - Fatto Quotidiano (10 agosto 2024)

Nel 2001, in seguito all’attacco alle Torri Gemelle, la dottrina nucleare statunitense cambia. La Nuclear Posture Review (NPR) legittima l’utilizzo del nucleare contro i nemici a scopo difensivo per una minaccia imminente. La deterrenza era basata sulla garanzia di distruzione reciproca (la Mutually Assured Destruction, MAD) che fino al 2001 si considerava conseguenza inevitabile dell’uso del nucleare. La dottrina militare alla fine della Guerra fredda inserisce l’utilizzo del nucleare nei teatri di guerra convenzionali. Le nuove armi nucleari dovrebbero implicare danni circoscrivibili ed essere utilizzate contro la Russia e l’“asse del male” Iran, Iraq, Corea del Nord, Cina e anche Libia. Come afferma il professor Michel Chossudovsky, la NPR inscrive il conflitto sullo status di Taiwan fra gli scenari in cui Washington potrebbe essere spinta a ricorrere al nucleare. Dopo l’11 Settembre si sviluppa una strategia militare integrata che concilia l’arma convenzionale con quella nucleare, costruisce rifugi antiatomici e testate nucleari chirurgiche in grado di ridurre i danni collaterali, inserisce capacità convenzionali, cibernetiche in piani di guerra nucleare.

Oggi siamo arrivati alla soglia dell’applicazione di queste dottrine, come dimostra la guerra in Ucraina contro una potenza nucleare, la Russia. Per molto tempo ci siamo interrogati su come fosse possibile per la dottrina militare statunitense programmare l’erosione del potere di Mosca, un regime change e lo smantellamento della Federazione russa, per poi passare a occuparsi del vero rivale strategico nel Pacifico, la Cina, senza rendersi conto del rischio di un conflitto militare insito nella pianificazione di una guerra a potenze nucleari.

Siamo stati troppo ingenui. Le molteplici agenzie di sicurezza statunitensi, il Pentagono e i vassalli servizi europei sono andati molto più avanti e hanno elaborato teorie militari segrete che prevedono guerre nucleari circoscritte. Il sacrificio necessario dei popoli ucraino e palestinese, ai quali si potranno aggiungere in caso di escalation alcune aree dell’Europa e del Medio Oriente, è stato messo in conto al fine di perpetuare il predominio occidentale in un mondo multipolare che economicamente e politicamente lo contesta.

Il rebus appare ormai spiegato a quanti, come la sottoscritta, si sono affannati a domandarsi quale razionalità ci potesse essere in una guerra programmata a due potenze nucleari come la Russia e la Cina. Le oligarchie finanziarie e delle armi non sono composte da sprovveduti. Blackrock, Vanguard e State Street, che hanno in mano l’80% dell’economia mondiale, sanno cosa c’è in gioco, non improvvisano, pianificano quello che al cittadino comune apparirebbe impensabile.

Eppure l’opinione pubblica sembra imperturbabile. La censura dei media dei nemici è passata in Europa senza grandi sorprese, esattamente come la repressione delle manifestazioni degli studenti contro la carneficina a Gaza. Nessuno sembra molto stupirsi di fronte alla sentenza della Corte tedesca contro i manifestanti pro Palestina che hanno gridato l’atroce slogan “Palestina libera dal fiume al mare”, implicitamente condannando Israele alla distruzione esattamente come il Likud e Netanyahu non riconoscono la Palestina e teorizzano l’espansione di Israele. Nella democratica Germania, mentre è in corso lo sterminio e il supplizio di un popolo, si condanna un manifestante per aver gridato quello che il criminale di guerra Netanyahu proclama per Israele di fronte al Congresso statunitense fra innumerevoli ovazioni. E tutto viene inghiottito nella soporifera estate da un ceto medio accanito nella ricerca di svago e accarezzamenti del proprio ego.

La percezione netta è che tutto sia possibile. Il GDP aggregato del G7 è inferiore a quello dei Brics, ma le élite occidentali si comportano come se detenessero lo stesso potere che avevano negli anni 60 e 70, sono in lotta col resto del mondo, impongono sanzioni che colpiscono le popolazioni, non le classi dirigenti dei Paesi cosiddetti nemici, e si ritorcono come un boomerang contro gli stessi Paesi dell’Ovest. Inventano minacce inesistenti e, dopo aver dichiarato la Russia e la Cina nemici, si stupiscono che in questi Paesi ci si prepari al confronto militare. Creano il mondo e poi affermano di dover fare realisticamente i conti con i nemici costruiti a tavolino. Si asseconda lo sterminio dei palestinesi senza imporre un cessate il fuoco a Gaza, si finge di subire gli omicidi da parte di Tel Aviv del capo negoziatore di Hamas e del numero due di Hezbollah, poi ci si risveglia e si balbetta (come Tajani con Blinken) di star facendo il possibile per la de-escalation. Stati canaglia, dittature sanguinarie porgete l’altra guancia alla brutalità dell’unica democrazia del Medio Oriente!

Le più recenti da OP-ED

On Fire

Alessandro Orsini - Una risposta, molto rispettosa, a Liliana Segre

  di Alessandro Orsini*  Risposta, molto rispettosa, a Liliana Segre. Il dibattito sul genocidio a Gaza, reale o presunto che sia, non può prescindere dalle scienze sociali. Nel suo...

La doppia Waterloo della Francia

   di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico In più di una circostanza ho scritto che oltre agli USA a vivere una situazione estremamente complessa in materia di conti con l'estero (debito/credito...

Ex analista Pentagono sul vero obiettivo dell'"escalation non necessaria” di Biden

  Come ha riportato ieri il New York Times, che ha citato funzionari statunitensi a conoscenza della questione, il presidente degli Stati uniti d’America, Joe Biden avrebbe approvato l'impiego...

Prof. Jeffrey Sachs: "La situazione è molto più seria di quanto pensiamo"

  In una conferenza tenuta nella capitale armena Yerevan e ripresa oggi da Svetlana Ekimenko su Sputnik, l'economista di fama mondiale Jeffrey Sachs ha dichiarato come il "mondo sia in bilico e sull'orlo...

Copyright L'Antidiplomatico 2015 all rights reserved
L'AntiDiplomatico è una testata registrata in data 08/09/2015 presso il Tribunale civile di Roma al n° 162/2015 del registro di stampa