La Germania è precipitata in una grave crisi politica, economica e sociale, conseguenza di politiche considerate folli e masochistiche, imposte dall’esterno e che mettono in discussione la sovranità di Berlino. La caduta del governo guidato dal cancelliere Olaf Scholz è solo l’ultimo atto di un processo di disgregazione in atto da tempo. I 394 voti contrari alla mozione di fiducia presentata da Scholz hanno sancito la fine della coalizione "semaforo" formata da SPD, Verdi e FDP. La rottura è avvenuta dopo il licenziamento del ministro delle Finanze Christian Lindner, che ha portato il FDP a lasciare l'alleanza. Con una maggioranza insufficiente per governare, Scholz ha chiesto lo scioglimento del Bundestag e la convocazione di elezioni anticipate il 23 febbraio prossimo.
Questa crisi politica riflette un malcontento più ampio. L’economia tedesca è in declino per il secondo anno consecutivo: il PIL si è contratto dello 0,3% nel 2023 e si prevede un’ulteriore riduzione dello 0,2% nel 2024. Alla base di questa recessione vi sono l’inflazione persistente, i costi energetici elevati e la debole domanda estera. L’abbandono del gas russo, decisione fortemente influenzata da pressioni esterne, ha esacerbato la crisi energetica. La perdita di fiducia nei confronti di Scholz è palpabile. Le accuse di scarsa leadership sono arrivate anche dal leader dell'opposizione Friedrich Merz, che ha definito imbarazzante il suo operato in Europa e ha sottolineato come il cancelliere abbia abbandonato la Germania nel mezzo di una delle peggiori crisi economiche dal dopoguerra. I sondaggi confermano questa percezione: il CDU/CSU guida con il 32% dei consensi, seguito dall’estrema destra dell’AfD con il 18%, mentre SPD e Verdi si fermano rispettivamente al 16% e 14%.
Dietro questa crisi non c'è solo l’incapacità di Scholz di mantenere unita la coalizione, ma anche la dipendenza tedesca da decisioni sovranazionali. La gestione della transizione energetica e la rottura con la Russia sono state viste da molti come il risultato di pressioni esterne, più che di una scelta sovrana e consapevole. I critici parlano di una Germania priva di autonomia, vittima di imposizioni che hanno indebolito la sua economia e la coesione sociale. Un elemento di novità nel panorama politico tedesco è rappresentato dal partito Bündnis di Sahra Wagenknecht, una figura carismatica e critica delle politiche economiche e sociali adottate negli ultimi anni. Il suo nuovo soggetto politico, fondato con l'obiettivo di fornire una voce alternativa e più incisiva per le istanze popolari, potrebbe emergere come uno dei protagonisti della nuova stagione politica. Con un programma incentrato sulla sovranità economica e sociale, Wagenknecht potrebbe attrarre consensi sia da elettori di sinistra delusi che da settori più conservatori critici delle scelte energetiche e finanziarie.
Con le elezioni anticipate ormai fissate, il futuro è incerto. La Germania affronta la possibilità di una nuova fase di instabilità, in cui la formazione di una nuova coalizione potrebbe richiedere mesi. La sfida è enorme: recuperare la sovranità economica e politica, rilanciare la crescita e ripristinare la fiducia dei cittadini nel governo. Riuscirà la Germania a ritrovare la sua rotta o rimarrà vittima di scelte imposte dall’esterno?
*Tratto dalla newsletter quotidiana de l'AntiDiplomatico dedicata ai nostri abbonati
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