È da mesi che non seguo i giornali e telegiornali italiani (quelli americani da anni); certo, a volte, per approfondire specifici argomenti o eventi cerco e leggo degli articoli, anche recenti; però non subisco più le campagne propagandistiche con cui promuovono gli interessi e le ideologie delle multinazionali che li possiedono. Ciò che conta mi arriva lo stesso, depurato però del gossip e delle «breaking news», ossia di quelle informazioni che, come peraltro l’anglicismo dichiara apertamente, sono importanti solo finché attuali e vanno dunque fruite all’istante, generalmente con conati di empatia intensissima ma senza durata (massimo tre minuti al pari delle canzoni e dei video, se no i drogati della novità fine a sé stessa si annoiano) e ovviamente senza memoria (cancellare il prima possibile il passato è la condizione necessaria e sufficiente del consumismo compulsivo).
Ecco, credo che sia questa la principale caratteristica del regime neoliberista; il suo appiattimento sul presente, e non parlo di quello personale, che è giusto che assorba buona parte delle nostre energie e emozioni, no, parlo di ciò che si usava chiamare «realtà», «società», «storia», dunque lo spazio e il tempo che trascendevano la nostra misera esistenza privata e che, includendola e non semplicemente permettendole di esprimersi, restavano a essa estranei e superiori. Oggi invece la gente si accontenta di virtualità purché immediata. Per questo mi intristisce scorrere facebook o qualunque altro a-social e accorgermi che in tanti reagiscono esattamente come il cane di Pavlov, salivando nei tempi e modi previsti dal padrone e neppure in risposta all’offerta di un concreto pezzo di carne bensì a uno stimolo artificiale, che per l’animale è il suono del campanello, per gli italiani le esternazioni di giornalisti, celebrity o sedicenti «influencer». Altro che religione oppio dei popoli, come si ostinano a credere gli anticlericali fuori tempo massimo (senza neppure ricordare che la frase di Marx aveva senso quando l’oppio era un vizio dei ricchi e la religione era presa sul serio dai poveri, non ancora convertiti all’edonismo materialista); sono i media la droga della nostra epoca e la cosa peggiore è che mirino tanto a condizionare i popoli quanto ad annientarli insieme a qualsiasi altra forma di aggregazione territoriale (famiglia, comunità, polis, Chiesa, Stato) in nome della libertà individuale di essere, sentirsi, spostarsi e fare quello che si vuole.
Anche se poi alla fine questa assenza di vincoli e impedimenti (farsi legare all’albero maestro della nave come Ulisse o turarsi le orecchie con la cera come i suoi compagni) non porta ad altro che a farsi ammaliare dalla voce delle Sirene e ad accontentarsene. Qualunque riscatto ma ancor prima qualsiasi politica richiedono innanzi tutto l’affrancamento dalla dipendenza dai media e dalla loro pornografia.