di Raffaella Milandri*
Come è noto, i Sioux-Lakota, il popolo famoso per Toro Seduto, Cavallo Pazzo, Nuvola Rossa e altri grandi capi nativi, è stato quello che ha combattuto fino all’ultimo contro i Bianchi, arrivando a sconfiggere il Generale Custer a Little Big Horn e non arrendendosi che solo alla fine di tante battaglie.
Un popolo fiero e combattivo, quindi, da non menare tanto per il naso. Pronti a difendere i territori, sono famosi anche per le proteste degli ultimi anni contro vari oleodotti come l’XXL Pipeline e il Dakota Access Pipeline, conosciuta con l’hashtag #NoDAPL. Durante queste proteste le forze dell’ordine hanno arrestato molti di loro usando manganelli e idranti (usati pochi anni fa in un caso analogo anche a casa nostra, in Puglia, nelle proteste contro il gasdotto TAP). Bene, cosa è accaduto tra i Nativi Americani e la governatrice?
Kristi Noem è un personaggio già abbastanza discusso e questo non è il primo scontro della Governatrice con alcune tribù del suo Stato. In precedenza, è stata bandita dal Consiglio Tribale Oglala Sioux dopo aver appoggiato la legislazione anti-sommossa in risposta alle proteste dell'oleodotto Dakota Access del 2016, e di nuovo durante la pandemia Covid-19, quando alcune tribù hanno implementato dei posti di blocco per controllare la diffusione della malattia nelle loro riserve (e bisogna anche capirli, dopo essere quasi stati sterminati dal vaiolo e da altre malattie portate dall’uomo bianco). Il governatore del South Dakota è inoltre reduce da uno scandalo di uccisione di cani.
La Noem, un tempo considerata una candidata repubblicana alla vicepresidenza, è stata duramente criticata per le rivelazioni contenute nel suo libro di memorie No Going Back, in cui racconta di aver sparato e ucciso il cane di famiglia, Cricket, dopo che si era “comportato male”. Di fronte alla sdegnata reazione bipartisan, Noem ha difeso le sue azioni durante il tour di presentazione del suo libro, sostenendo che il cane aveva mostrato un comportamento minaccioso e doveva essere abbattuto.
Ma torniamo al motivo per cui Kristi Noem è stata “cacciata” dalle tribù Lakota. Per approfondire il diritto dei consigli tribali di bandire non-nativi americani dalle riserve che, peraltro, come abbiamo visto in un articolo di questa rubrica non detengono la proprietà delle terre, ecco un interessante scritto: https://dc.law.utah.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1218&context=scholarship).
Noem, alleata di Donald Trump, ha abbracciato la sua retorica dura sull'immigrazione e negli ultimi mesi ha ripetutamente collegato i cartelli della droga alla criminalità nelle riserve indiane dello Stato. “Non abbiamo cartelli nelle riserve", ha dichiarato il presidente della Tribù Crow Creek Sioux, Peter Lengkeek. “Dire che tutte le tribù sono coinvolte in questo dimostra l'ignoranza dell'ufficio del Governatore".
Nelle dichiarazioni, diversi membri tribali hanno accusato Noem di opportunismo politico e hanno definito i suoi commenti irrispettosi e pericolosi. "Il nostro popolo viene usato per il suo tornaconto politico", ha dichiarato recentemente all'Associated Press il presidente della Tribù Oglala Sioux, Frank Star Comes Out. Ovviamente non mancano contro di lei le accuse di razzismo e di pregiudizi contro i Nativi Americani. I leader tribali hanno chiesto le scuse a Kristi Noem per le sue affermazioni. Oltretutto, come viene lamentato dagli stessi leader da diversi anni a questa parte, la gioventù nativa americana è vittima di organizzazioni – e diversi parlano di cartelli messicani - che spacciano nelle riserve metanfetamina, cocaina, crack, eroina e così via.
Veniamo alle riserve del Sud Dakota che hanno vietato l’accesso a Kristi Noem. Esse fanno tutte parte della cosiddetta “Grande Nazione Sioux”, anche se Sioux è un nome errato imposto dall’uomo bianco, ed è composta da nativi americani Lakota e Dakota, che sono a loro volta divisi in varie tribù. Ho studiato in modo approfondito la questione quando ho curato il libro “Lessico Lakota. Storia, Spiritualità e Dizionario Italiano-Lakota”.
Esse sono: la Crow Creek Reservation dei Mdewakanton e Ihanktonwan, la Pine Ridge Reservation degli Oglala Sioux Tribe, la Rosebud Sioux Reservation dei Sicangu, la Standing Rock Sioux Reservation degli Hunkpapa, Sihasapa, Ihantonwanna e Ihanktonwan, Cheyenne River Sioux Reservation dei Miniconjou, Sihasapa, Oohenumpa e Itazipco, la Lake Traverse Reservation dei Sisseton e Wahpeton. Ne mancano all’appello ancora tre. La Yankton Sioux Tribe ha già votato per il divieto ma “non è ancora ufficiale”, ha dichiarato il segretario tribale, Courtney Sully, quando i giornali hanno annunciato che le riserve che avevano vietato l’accesso a Kristi Noem erano diventate sette. Questo divieto, in ogni caso, apre scenari interessanti sui Nativi Americani e sulle loro riserve. Che, finalmente dopo oltre cinquecento anni, possano essere padroni a casa loro?
*Scrittrice e giornalista, attivista per i diritti umani dei Popoli Indigeni, è esperta studiosa dei Nativi Americani e laureata in Antropologia.
Membro onorario della Four Winds Cherokee Tribe in Louisiana e della tribù Crow in Montana. Ha pubblicato oltre dieci libri, tutti sui Nativi Americani e sui Popoli Indigeni, con particolare attenzione ai diritti umani, in un contesto sia storico che contemporaneo. Si occupa della divulgazione della cultura e letteratura nativa americana in Italia e attualmente si sta dedicando alla cura e traduzione di opere di autori nativi.
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