di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Secondo le parole del Ministro della guerra di sua maestà britannica, Grant Shapps, riportate dal Daily Mail, i «dividendi della pace sono terminati» e la crisi ucraina spinge i paesi europei a «riavviare» (come se si fossero mai fermate) le proprie macchine militari.
E a che ritmi! Per la fine del 2024, almeno due terzi dei paesi NATO arriveranno al 2% del PIL per le spese di guerra, di cui non meno di 1/5 dovrà essere indirizzato alla elaborazione di nuove tecnologie e apparecchiature militari. La stessa Gran Bretagna, ha detto il premier Rishi Sunak, da qui al 2030 arriverà al 2,5% del PIL, nel quadro del passaggio a una «economia di di guerra».
Da parte sua, la Commissione europea ha destinato quasi due miliardi di euro all’incremento della produzione militare nei paesi UE; 500 milioni andranno alla produzione di proiettili d’artiglieria: quelli, tanto per intendersi, di cui c’è tanta fame a Kiev.
Tant’è che l’obiettivo dichiarato è quello di produrre, entro fine 2025, due milioni di proiettili l’anno da destinare all’Ucraina – oggi nei paesi NATO ci sono 16 diversi tipi di sistemi di artiglieria da 155 mm, i cui proiettili non sono intercambiabili – per evitare che Kiev si scontri con quello che il capo del Comitato militare NATO, Rob Bauer, definisce un vero e proprio «incubo»: questo, tanto per specificare quali siano gli “intendimenti di pace” UE a proposito della crisi che ci sta portando verso una guerra planetaria.
Non è tutto. In aggiunta ai quattro contingenti multinazionali presenti ormai da almeno sette anni in Polonia e nei paesi baltici, ora anche Romania, Slovacchia, Bulgaria e Ungheria si apprestano ad accogliere simili “missioni di pace”.
Sul “fronte interno”, in Germania si parla da un po’ di tempo di reintrodurre la leva obbligatoria, mentre sappiamo bene come stia procedendo, anche in Italia, la “militarizzazione ideologica” a ogni livello, e in particolare nei confronti dei giovani, a partire dalle scuole elementari. Svezia e Polonia dichiarano di voler il dislocamento di armi nucleari USA sui propri territori.
La Gran Bretagna ha in programma di sostituire quattro sommergibili atomici classe “Vanguard” (SSBN: Ship Submersible Ballistic Nuclear) con altrettanti battelli classe “Dreadnought”, tre dei quali già in fase di realizzazione. Londra allargherà anche la produzione di testate nucleari da 225 a 260 unità, più o meno al livello della Francia.
La quale ultima ha annunciato la realizzazione di sommergibili atomici di ultima generazione “SNLE 3G”, di cui tre esemplari dovranno essere varati entro il 2035, in sostituzione degli attuali in servizio, classe “Triomphant”.
D’altro canto, secondo quanto dichiarato ancora dal Chair of the NATO Military Committee, Rob Bauer, i paesi dell’Alleanza sono tenuti a fornire a Kiev armi anche a detrimento degli obblighi NATO di mantenere il livello delle proprie riserve belliche: «Mi rivolgo agli alleati: se dovrete scegliere tra raggiungere gli obiettivi di capacità NATO, o sostenere l’Ucraina, dovrete sostenere l’Ucraina». «Fortunatamente», ha detto l’olandese (fortunatamente per chi?) «sono in arrivo ulteriori aiuti, estremamente tempestivi. Perché in Ucraina il tempo non si misura in giorni, settimane o mesi, ma nella vita delle persone», aggiungendo che la NATO sosterrà la junta nazigolpista «ogni giorno a venire» e omeliando poi con i classici sermoni su «democrazia e autocrazia», con la prima che è sempre e solo quella liberal-occidentale e la seconda, per definizione, quella asiatica, che intende «distruggere l’ordine mondiale».
Che sono gli stessi termini usati qualche giorno prima da Jens Stoltenberg, nel proclamare che «bisogna fare di tutto perché l’Ucraina vinca». In caso contrario, «non ci sarà nulla da ricostruire in termini di un’Ucraina libera e indipendente»: “libera” di mandare al macello tutti i suoi uomini in grado di tenere in mano un’arma, che siano anziani, disabili, feriti, o non dispongano di sufficiente denaro sonante per comprarsi l’esenzione; “indipendente” dalla volontà dei propri cittadini, che non ne vogliono più sapere della guerra, ma che si ritrovano a esser accalappiati anche nei paesi stranieri in cui avevano trovato scampo, sottomessi a una persona che dal 20 maggio si avvale di una posizione illegittima per le stesse “regole” liberal-borghesi. Quindi, ha detto Stoltenberg, si deve far sì che il sostegno alla junta di Kiev abbia «un carattere il più possibile stabile e potente, e speriamo di prendere decisioni in merito anche al vertice NATO di luglio».
Ecco dunque come UE-NATO-USA pensano di organizzare “conferenze di pace sull’Ucraina” in giro per l’Europa. Lo stesso Ministro degli esteri di un paese NATO quale l’Ungheria, Peter Szijjarto, ha dichiarato a RIA Novosti che «la nuova proposta NATO si fonda sull’assunto che la guerra vada continuata fino alla vittoria dell’Ucraina. Sia la Gran Bretagna che la NATO legano la fine della guerra a tale risultato, assolutamente irreale».
In ogni caso, ha dichiarato a RT il politologo Konstantin Blokhin, anche se l'Occidente inizia a parlare più concretamente di “iniziative di pace”, tutto ciò «non è che un espediente», cui non seguirà «alcuna definitiva rinuncia» al sostegno a Kiev.
Una pausa nelle azioni belliche, a parere di Blokhin, «è necessaria alla NATO affinché il complesso militare-industriale occidentale sia in grado di ripristinare la situazione, pompando quante più armi verso l’Ucraina. I paesi europei si orienteranno sull’economia di guerra, dato che gli USA non si preoccupano nemmeno di nascondere di voler ridistribuire il proprio peso finanziario» dall’Ucraina verso la Cina. Così che toccherà all’Europa «sostenere Kiev praticamente da sola. Una vera rinuncia occidentale a sostenere il regime di Kiev è possibile solo con la completa sconfitta e capitolazione» della junta golpista.
È così che, avendo in mente anche le programmate “iniziative di pace” ukro-occidentali – in Svizzera o altrove – che escludano la partecipazione russa, Vladimir Putin ha detto chiaro e tondo che Mosca non prenderà in considerazione idee sull’Ucraina basate su «desiderata», ucraini o occidentali. A questo proposito, il ricercatore Anton Bredikhin, ha dichiarato a news-front.su che «già da tempo l’occidente ci propina piani irreali sull’Ucraina, impossibili da realizzare. Di fatto, la Russia dovrebbe capitolare: cosa su cui non possiamo esser d’accordo». Mentre le forze militari russe continuano ad avanzare, l’occidente cerca di “salvare la faccia” di fronte ai propri cittadini, per convincerli che i soldi destinati a Kiev non siano stati spesi invano. Ma, in ogni caso, quei soldi non raddrizzeranno la situazione e «continuerà a mantenersi la tensione internazionale», così che a Ovest si dovrà cercare «un nuovo approccio alla soluzione del confronto con la Russia». L’Occidente non ha alcuna intenzione di retrocedere dai propri “principi”, ha detto Bredikhin: ne è conferma l’attentato al premier slovacco Robert Fitso, che deve servire da monito anche per altri esponenti europei che dovessero esprimere le sue stesse considerazioni sui rapporti con Mosca e le forniture di armi a Kiev.
Dalle parti di Bruxelles, Washington o Kiev, insomma, praticano la massima biblica del «Oggi comincerò a ispirare paura e terrore di te a tutti i popoli che sono sotto il cielo, i quali, all'udire la tua fama, tremeranno e saranno presi d'angoscia per causa tua» (Deuteronomio, 2-25). Veri cristiani, educati al credo della “democrazia” liberal-borghese, ridotti a predicare la guerra.
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