di Federico Pieraccini
I contatti tra tutte le componenti del conflitto Siriano non sono mai mancati grazie agli sforzi continui di Mosca. Incontri trilaterali tra Iran, Turchia e Russia sono stati creati sotto il formato di Astana a causa dell'insistenza di Mosca, a Sochi Putin è riuscito a riunire sotto lo stesso tetto il governo siriano e i gruppi di opposizione, discutendo il futuro del paese e a Ginevra Putin ha mediato tra Damasco e la comunità internazionale, proteggendo la Siria dalle intenzioni diplomatiche ostili degli Stati Uniti e dei nemici della Siria.
Tuttavia, oggi la Turchia si trova in un dialogo attivo con Mosca e Teheran soprattutto a causa della sconfitta subita in Siria nel corso degli ultimi 7 anni.
Mosca ha subito visto una grande opportunità nel portare la Turchia il più possibile dalla parte di Damasco, complice le cattive relazioni di Ankara con Washington e gli alleati europei.
L'operazione è stata complicata e ha richiesto molta pazienza, ma col passare del tempo quasi tutte le sacche terroristiche sparse per la Siria sono state ripulite, complice i negoziati supervisionati dalla Russia e il coraggio intrepido dei soldati siriani.
Il rimanente problema principale per Damasco, oltre alla provincia di Idlib, riguarda l'occupazione nordamericana del nord-est del paese con il falso pretesto di garantire protezione ai curdi (SDF) dal "regime di Assad" per "combattere Daesh". Propaganda hollywoodiana pura.
Erdogan si ritrova, schiacciato da un'economia nazionale in rovina per colpa della caduta libera della Lira turca sotto i colpi delle sanzioni internazionali, minacciato dai suoi alleati (l'acquisto del sistema di armi russo s-400 ha irritato molti a Washington e nella NATO) e con un disperato bisogno di offrire qualsivoglia sorta di vittoria ai suoi elettori.
Questa somma di motivazioni potrebbero essere la ragione principale che hanno spinto Erdogan ad invadere la Siria con il pretesto di combattere le YPG Curde, creare una zona cuscinetto al confine tra Siria e Turchia e dichiarare la missione compiuta al suo pubblico domestico.
Trump, d'altra parte, è altrettanto disperato nel spostare l'attenzione dagli attacchi di impeachment domestici (soliti processi farsa come il russia-gate) ad vittoria da mostrare ai suoi elettori.
Cosa c'è di meglio di un micro-ritiro delle forze statunitensi dalla Siria, lasciando i curdi al loro destino (Trump non si preoccupa per le sorti delle SDF, collegati più che altro ai suoi avversari politici del partito Democratico), mentre rivendica l’ennesima vittoria su daesh degli ultimi mesi?
Un paio di tweet di Trump contro la folle spesa militare del Pentagono, le guerre passate degli Stati Uniti ed ecco che Trump e i suoi elettori portano a casa elogi reciproci per una mossa bollata pura strategia "America First".
Erdogan e Trump hanno anche risolto l'imbarazzante conflitto interno alla NATO tra Turchia e Stati Uniti, probabilmente ristabilendo anche le relazioni private tra i due leader, nonostante le solite minacce della casa bianca in relazione all’operazione militare in Siria di Ankara.
L'accordo tra i curdi (SDF) e Damasco è l'unico epilogo naturale possibile a questi eventi, fortemente orchestrato da Mosca. L'ingresso delle truppe siriane al confine con la Turchia è il preambolo alla riconquista dell'intero territorio siriano e il risultato auspicato dal Cremlino all'inizio di questo capolavoro diplomatico.
Washington e Ankara non hanno mai avuto alcuna possibilità di impedire a Damasco di unificare la nazione sotto la propria autorità. Mosca ha giustamente compreso con largo anticipo che prima o poi due leader egocentrici come Trump ed Erdogan avrebbero cercato la giusta strategia di uscita dal conflitto, ma a costo di apparire vittoriosi con i loro elettori, sebbene la realtà li vedesse sconfitti in Siria. E’ esattamente questo che Putin e Lavrov hanno escogitato nelle ultime settimane, offrendo a Trump ed Erdogan la soluzione ideale ai loro problemi in Siria.
Trump non lo ammetterebbe mai e dirà che non è interessato a paesi a 7000 miglia da casa (falso) ed Erdogan ribadirà che il confine tra Siria e Turchia, ora nelle mani dell'esercito arabo siriano, garantisce la necessaria sicurezza contro i curdi (un boccone amaro da digerire per l'aspirante Sultano).
Putin ha sicuramente consigliato ad Assad e ai curdi di avviare un dialogo per il bene comune della Siria, allo stesso modo ha sicuramente cercato di convincere Erdogan e Trump ad accettare questo piano.
Un accordo che premia Damasco e Mosca, salva i curdi e lascia Erdogan e Trump con una parvenza di dignità in una situazione più complicata che mai da spiegare internamente e nelle stanze della politica internazionale.
Se Ankara terminerà l'operazione militare nei prossimi giorni e Damasco riprenderà il controllo dei giacimenti petroliferi, sarà la conferma definitiva che il mondo è stato testimone di uno dei più grandi capolavori diplomatici mai concepiti, responsabile di aver risolto gran parte del conflitto siriano che dura da 7anni.
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