C’è un aspetto della riforma del MES che va urgentemente chiarito una volta per tutte.
Il principale pericolo per l’Italia - che, guarda caso, viene sistematicamente ignorato sia dagli “esperti” che dai loro pappagalli dell’informazione - sta tutto nella semplificazione del suo funzionamento.
La riforma del MES rende più facile la procedura di ristrutturazione del debito. Il nuovo funzionamento dello strumento che ha devastato la Grecia, infatti, prevede che si possa intervenire solo in favore degli Stati il cui debito è ritenuto sostenibile.
Negli altri casi (i PIIGS) l’attivazione della linea di credito diventa subordinata alla preventiva ristrutturazione del debito stesso e all’applicazione di condizionalità molto pesanti.
Detto in altre parole.
Se le tue finanze sono ritenute a rischio e vuoi i soldi del MES prima devi rendere sostenibile il tuo debito attraverso le “riforme”. Il che significa che la sostenibilità dei conti pubblici è una precondizione necessaria per l’accesso al prestito.
Dopo devi continuare ad applicare rigorosamente l’agenda di politica economica predeterminata dall’UE.
Esattamente come imposto alla Grecia che, grazie alla sorveglianza rafforzata, è obbligata a registrare avanzi primari pari almeno al 2% fino al 2060.
Chiaro? Andiamo avanti.
Secondo lo stuolo di ciarlatani in malafede che lo sponsorizza, votare a favore della riforma del MES non implica accettarlo. La cosa, come adesso vedremo, è una spudorata menzogna.
Perché il MES, tecnicamente parlando, serve a sostenere uno Stato esclusivamente quando questo perde l’accesso ai mercati. Quando, cioè, il tasso d’interesse sui suoi titoli di Stato è troppo elevato e diventa insostenibile.
È la stessa, identica, situazione in cui si trovò la Grecia alla fine del 2009 quando lo spread oltre i mille punti obbligò il governo Papandreou a chiedere aiuto.
Il problema però è che dentro il contesto UE questo scenario estremo ed eccezionale può verificarsi in qualunque momento. Rendendo il ricorso al MES potenzialmente molto frequente e tragicamente necessario da un momento all’altro. Specialmente per paesi come l’Italia costantemente sotto il ricatto dello spread.
E qui arriviamo al punto cruciale di tutta la questione: chi determina il valore dello spread? La BCE.
Non l’avete ancora capito? È proprio così. Non sono i mercati a decidere quanto sia a rischio uno Stato. Ma la BCE.
E le prove a sostegno di questa lapalissiana verità sono due:
la prima è del 19 marzo scorso quando bastò il mero annuncio di un nuovo programma di quantitative easing per un valore di 750 mld, per far colare a picco lo spread italiano di 180 punti in mezza giornata.
La seconda è il raffronto fra il novembre 2011 quando, col rapporto debito/PIL al 120%, i nostri titoli decennali rendevano il 7,4% e lo spread era a 573 punti. E il novembre 2020 che, con un debito/PIL al 160%, ha visto i nostri Btp decennali rendere meno dell’1% e lo spread stabilmente a quota 120.
Due fatti incontestabili che dimostrano, inequivocabilmente, come la Banca centrale europea abbia la piena capacità di determinare, di “governare, l’andamento degli spread.
Se questo è vero (come è vero) diventa allora chiaro non solo che se la BCE facesse la Banca centrale il MES non servirebbe a niente. Ma soprattutto che la credibilità, la solvibilità, la sostenibilità di uno Stato dell’eurozona è faccenda prevalentemente politica. Per non dire esclusivamente.
Un problema che, esattamente come accaduto in Grecia, salta fuori ad orologeria ogni qual volta si rende necessario indirizzare le politiche economiche di uno Stato nella direzione desiderata da Bruxelles.
Ed ecco che il MES appare per quello che è. Non è un semplice strumento di assistenza finanziaria. Ma un efficientissimo meccanismo funzionale a innescare nuove crisi del debito. E creare il terreno di coltura ideale per promuovere (col consenso di tanti inconsapevoli cittadini) le politiche rigoristiche tutte austerità e privatizzazioni tanto care agli interessi economici della Germania e dei suoi stati vassalli.
Per questo chi lo promuove è un traditore.
Perché è ragionevolmente connivente con gli interessi tedeschi e nemico di quelli italiani. Oppure è un imbecille patentato perché non capisce un problema evidente.
Il MES non ha bisogno di essere ‘attivato’ da nessun governo.
La sua semplice esistenza - a maggior ragione adesso nella nuova formulazione riformata - è condizione idonea e sufficiente per spingere gli avvoltoi della speculazione finanziaria a sorvegliare dall’alto la preda più esposta (che saremmo noi) nell’attesa che termini il programma di QE attualmente in corso (destinato a finire molto presto insieme agli annunci farlocchi di solidarietà europea). Per poi, una volta destabilizzata ad arte l’economia, consentire loro di procedere impunemente al saccheggio delle risorse con la complicità delle istituzioni europee.
A questo, e solamente a questo, serve il MES. A spalancare la porta di casa alla Troika. Sacrificando la vita di un intero popolo sull’altare delle divinità dei tempi moderni: il mercato, l’austerità, la concorrenza.
E se proprio non volete fidarvi delle mie parole, date almeno ascolto al vostro buon senso.
All’interno di un modello come l’Unione europea, che spinge gli Stati membri non già alla cooperazione ma alla concorrenza intra-comunitaria (e che ha già dato ampiamente prova di essere per sua stessa natura incapace di reale solidarietà) nessuno strumento è un pacifico dono progettato per il bene collettivo.
Timeo Germanos et dona ferentes
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