IL MARXISMO E L'ERA MULTIPOLARE - NONA PARTE

Oggi è il nono degli ultimi appuntamenti dove vi abbiamo proposto un importante lavoro di analisi e approfondimento di Leonardo Sinigaglia dal titolo "Marxismo e Multipolarismo".

PRIMA PARTE

SECONDA PARTE

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QUARTA PARTE

QUINTA PARTE

SESTA PARTE

SETTIMA PARTE

OTTAVA PARTE

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di Leonardo Sinigaglia

9-L’Italia nel mondo multipolare.

Come più volte sottolineato da Vladimir Putin e da Xi Jinping, l’epoca attuale è un’epoca di trasformazioni rivoluzionarie. Le tendenze oggettive e irreversibili verso la multipolarizzazione del mondo e la ridefinizione delle dinamiche della globalizzazione aprono possibilità di profonde trasformazioni politiche all’interno dei vari paesi, compresi quelli più eterodiretti dal regime internazionale di Washington. In questa situazione il popolo italiano ha l’occasione storica di poter riconquistare la propria indipendenza nazionale, necessariamente legata a una trasformazione in senso socialista del paese. Ciò è dovuto non solo alla crisi irreversibile che attanaglia il sistema statunitense, ma anche alle opportunità politiche aperte dagli effetti di questa crisi a livello nazionale, che possono essere efficacemente sfruttate dalle forze rivoluzionarie.

Negli ultimi anni vi sono stati due principali tentativi da parte di settori della classe dirigente italiana di ottenere in maniera “contrattata” maggiori spazi d’autonomia rispetto al padrone a stelle e strisce. Entrambi hanno dato risultati scadenti, non riuscendo a portare a un mutamento sostanziale dei rapporti di forza.

Il primo tentativo è stato quello operato durante i governi di Giuseppe Conte, che hanno visto l’ingresso dell’Italia nella Via della Seta e il mantenimento, nonostante le pressioni occidentali, di una certa interlocuzione con la Federazione Russa, fatto che ha portato, tra l’altro, alla missione medica russa in Italia durante la pandemia Covid-19. Questo sussulto autonomista è stato schiacciato da un vero e proprio “golpe bianco” promosso, non a caso, da Matteo Renzi, e destinato a portare alla formazione del governo tecnico di Mario Draghi.

Il secondo tentativo è rappresentato da quello del governo Meloni, che, ispirandosi alla Polonia, cerca tramite l'ultra-atlantismo di ottenere il supporto americano in funzione anti-tedesca e anti-francese. Una prospettiva velleitaria che si fonda sulla speranza inspiegabile per la quale gli Stati Uniti, spolpati i propri alleati subalterni tradizionalmente caratterizzati da un’autonomia più marcata, si farebbero qualche riguardo nei confronti dell’Italia. Dovrebbero bastare per togliere ogni dubbio i magri risultati del Piano Mattei, il diniego statunitense a ogni accordo con la Tunisia se questa non accetta preventivamente il piano di ristrutturazione proposto dal Fondo Monetario Internazionale o ancora l’ordine di sostituire prontamente il gas russo con quello americano portato da navi gasiere.

I due tentativi sopra descritti sono falliti poiché è impossibile, ora più che mai, qualsiasi concertazione col potere statunitense. All’aggravarsi della crisi irreversibile che lo avvolge, questo deve necessariamente aumentare la propria presa sugli alleati subalterni, restringendone gli spazi di manovra e aumentando l’intensità del saccheggio e della predazione ai loro danni nel disperato tentativo di rallentare il declino. Ciò è ampiamente dimostrato, tra i numerosi esempi, dal caso tedesco, con l’attentato al gasdotto Nord Stream e il sifone di capitali azionato con l'Inflation Reduction Act, ma anche con da quello taiwanese, con l’ambigua coesistenza di inviti alla bellicosità verso la RPC e furbeschi incentivi alla delocalizzazione sul continente americano delle aziende produttrici di semiconduttori e microprocessori.

L’unica strada praticabile rimane quella dell’aperto scontro con gli Stati Uniti per l’abbattimento del loro regime egemonico. E’ chiaro che questa prospettiva non possa essere nemmeno ipotizzata dal personale degli apparati istituzioni semi-coloniali italiani. E’ per questa ragione che serve promuovere le spinte “dal basso” contro lo stato d’asservimento in cui si trova il nostro paese, portando sul terreno dell’opposizione agli USA e al loro sistema egemonico ogni manifestazione di dissenso e ogni mobilitazione di massa destinate a comparire all’aggravarsi della crisi in atto.

E’ proprio sui movimenti di massa e sulla capacità di questi di dare vita ad avanguardie politiche in sintonia con i tempi attuali ciò su cui serve fare affidamento, mentre va abbandonata ogni progettualità fondata sia sull’opera di testimonianza estetica delle formazioni residuali e autoreferenziali della cosiddetta “estrema sinistra”, sia sul miraggio di un “ravvedimento” della classe dirigente italiana o, più in generale, europea. Certamente all’approfondirsi della decadenza del sitema imperiale statunitense aumentano le contraddizioni interne alla classe dirigente occidentale tra l’ala più “ortodossa” di questa, decisa a seguire il padrone a stelle e strisce fino alla morte, e l’ala più pragmatica, interessata in primo luogo alla propria sopravvivenza e quindi non pregiudizialmente chiusa in maniera assoluta a un inserimento nel nuovo contesto multipolare, ma non ci si può fare illusioni a proposito abdicando l’iniziativa politica a questa componente, che, particolarmente in Italia, non ha saputo dimostrare né il coraggio, né l’inziativa necessari a presentarsi come un credibile interlocutore politico.

E’ chiaro che questa ala, da un punto di vista di classe sommariamente ascrivibile alla borghesia nazionale e politicamente rappresentata in genere da certi partiti del centrodestra, in primis la Lega, vada sostenuta in ogni contrasto che possa sorgere contro la borghesia compradora e gli apparati di controllo statunitensi nel nostro paese, ma è altrettanto chiaro come questo sostegno debba essere finalizzato a mostrare alle più grandi masse la natura intrinsecamente contraddittoria e limitata dei programmi politici di questa parte di classe dirigente, per smascherare il suo opportunismo e la sua vigliaccheria, che gli impediscono di portare avanti una lotta conseguente e aperta per l’indipendenza nazionale, per attirarla con una funzione subalterna e dipendente nell’ipotizzabile fronte unito impegnato nella lotta di liberazione.

Paradossalmente, in questo ipotetico fronte sono molto più difficili da collocare i “marxisti” italiani rispetto ai vari settori delle masse popolari. Ciò non è solo il risultato di una loro presenza trascurabile nel tessuto sociale italiano, ma anche di deficit strutturali che parrebbero paradossali se inquadrati nel contesto attuale. Il marxismo vive a livello mondiale un periodo di grande vitalità, forza e attrattività. Centinaia di partiti e paesi guardano alla Repubblica Popolare Cinese e al Partito Comunista Cinese come portatori di un virtuoso esempio per quanto riguarda la creazione di un percorso autonomo di sviluppo e modernizzazione, la difesa dell’indipendenza nazionale e la costruzione di una prosperità condivisa. Ciò in Occidente può apparire surreale, in quanto si è abituati a una pluralità di partiti, collettivi e organizzazioni a vario titolo “comuniste” privi di qualsiasi riconoscimento, simpatia o stima tra le masse, che li guardano con indifferenza se non con ostilità. Ciò si spiega, principalmente, con due motivi:

1- i “marxisti occidentali” vivono in una bolla autoreferenziale, un microcosmo artificiale privo di punti di contatto con la realtà. Per questo non gli è possibile verificare nei fatti le proprie idee, che rimangono tralaltro completamente sconnesse dagli sviluppi teorici internazionali e dal procedere storico di quasi otto miliardi di esseri umani;

2- il "movimento comunista" italiano e occidentale si è trasformato in un qualcosa a metà tra un'associazione reducistica e il "braccio armato" dei liberal-progressisti. Alla riprova dei fatti, il "movimento comunista" italiano e occidentale si pone al di fuori del movimento comunista internazionale, materialmente contrapposto ad esso sia dal punto di vista pratico che teorico. I partiti comunisti più grandi e influenti al mondo, sia quelli che governano interi paesi, sia quelli che giocano un ruolo chiave nella propria politica nazionale, non hanno nulla in comune con i "comunisti" nostrani, se non un generico richiamo iconografico.

Si impongono due imperativi ineludibili:

1-in Italia il movimento comunista deve essere ricreato da zero, occorre sgombrare il terreno dalle infiltrazioni trotskiste e anarchiche, dai nostalgici degli Anni '70, dai "contestatori", dagli habitué di circoli, dai militanti di professione e "antifa" vari, per poter condurre un'opera di ri-popolarizzazione del marxismo, renderlo nuovamente un qualcosa di conosciuto e apprezzato dalle persone comuni, dai lavoratori, dalle famiglie di questo paese, sottrarlo al monopolio di studenti universitari liberali e di bohémien innamorati del degrado urbano. Ciò non costituisce certo un invito a “buttar via il bambino con l’acqua sporca”, né a emarginare aprioristicamente singoli o gruppi provenienti dall’area della cosiddetta “estrema sinistra”, ma impone a questi ultimi una netta presa di coscienza sulla necessità inevitabile di tranciare ogni legame e bruciare ogni ponte proprio con quell’area, le sue ritualità e la sua (distorta) visione del mondo. Solo in questo modo si potrà onorare la tradizione rivoluzionaria di generazioni di rivoluzionari italiani, della parte migliore di questo paese, e, conseguentemente, riportare in alto la bandiera del marxismo, ora immersa nel fango della cosiddetta “estrema sinistra”.

La transizione rivoluzionaria che attraversa il mondo e che caratterizza la nostra epoca è particolarmente propizia a ciò, in quanto solo l’analisi marxista permette di valutare correttamente i processi in corso e di contestualizzarli nel generale superamento storico del capitalismo giunto alla sua fase imperialista a favore della progressiva estensione del sistema socialista su scala internazionale. Gli italiani che si rifanno al movimento comunista internazionale e al pensiero marxista devono quindi abbandonare ogni remora e ogni “pudore”, così come ogni “timore reverenziale” verso la cosiddetta “estrema sinistra”, i suoi giudizi e le sue condanne, e riconoscerla per ciò che realmente è: un peso morto da abbandonare al suo destino.

2-Non può esistere un rinnovato movimento comunista in Italia senza la prioritaria costruzione di un grande campo pratriottico dedito politicamente alla lotta di liberazione nazionale e culturalmente allo sviluppo di quelle risorse culturali che millenni di civiltà italiana ci hanno donato per permettere l’edificazione di un’Italia indipendente, socialista e capace di esistere nel nascente mondo multipolare e di partecipare alla costruzione di una comunità umana dal futuro condiviso. Questo campo patriottico deve comprendere tutte le forze politiche, sociali e culturali materialmente opposte all’egemonia statunitense e allo stato di subordinazione del nostro paese. Al fine della sua costruzione non è utile far riferimento ad aree politiche desuete e sconnesse dalla realtà materiale italiana, ma serve invece concentrarsi soprattutto sulle forze multiformi e originali nate nel nostro paese a seguito della crisi iniziata nel 2008, proseguita nel decennio successivo sotto i vari “governi tecnici”, catalizzata dal periodo pandemico e dall’esplosione militare delle contraddizioni tra unipolarismo e multipolarismo.

La necessaria opera di ri-popolarizzazione del marxismo ha come requisiti 1) lo studio e la comprensione dei più recenti contributi della teoria marxista e 2) il mantenere e promuovere la fiducia nel popolo.

Il primo requisito è necessario per emancipare la mente e liberare i propri orizzonti da qualsiasi infiltrazione liberale e dalla cancrena ideologica del “marxismo occidentale”, e sviluppare un’analisi della realtà corretta capace di portare a una prassi conseguente. Il secondo requisito è indispensabile per rendere la prassi qualcosa di diverso da un gioco delle parti autoreferenziali. Il pensiero per cui il popolo sarebbe ignorante, arretrato, pecorone, irrecuperabile e via dicendo è assolutamente letale, ed è da combattere senza tregua. Nonostante la scomparsa di qualsiasi organizzazione politica e sindacale seriamente alternativa rispetto all’ordinamento neoliberista, le masse italiane hanno a più riprese dato vita a movimenti di protesta imponenti, e, generalmente, si sono distinte per aver individuato ben più in fretta delle minoranze politicizzate gli attacchi che erano portati contro di loro, per quanto non riuscendo ad andare al di là di una consapevolezza primitiva di questi, insufficiente e contraddittoria.

E’ sintomatico il fatto che, per esempio, sulle questioni internazionali, sul giudizio dell’Unione Europea, sull’immigrazione di massa, sulle questioni culturali legate alla “fluidità sessuale”, le masse si trovino anni luce davanti alla stragrande maggioranza dei gruppuscoli “marxisti” o sedicenti tali. Già dal governo Monti e dal successivo movimento dei Forconi le masse italiane hanno dato dimostrazione di ritenere l’Unione Europea un organismo antitetico ai loro interessi, opinione ribadita di anno in anno con la costante crescita dei partiti che, strumentalmente, abbracciavano nella loro propaganda posizioni euroscettiche. Al contrario, in gran parte della cosiddetta “estrema sinistra”, il dirsi contro l’Unione Europea rimane tutt’ora qualcosa di controverso, che, nel caso, è da condire con premesse e distinguo per evitare l’ignobile caduta nel “campo sovranista”.

Lo stesso vale per il conflitto ucraino: una parte sostanziosa della popolazione italiana si è detta da subito contraria alla partecipazione dell’Italia a quella che viene percepita, giustamente, come una guerra della NATO; al contrario, nell’estrema sinistra italiana, con poche eccezioni, è l’atteggiamento “nénéista” a farla da padrone, atteggiamento che, nei fatti, si trasforma nella partecipazione alla crociata egemonica del regime di Washington. Mentre la cosiddetta “estrema sinistra” da decenni difende a spada tratta la pretesa “accoglienza”, facendo propria l’agenda No-Border del capitale finanziario, tra la gente comune è sempre più diffusa l’ovvia constatazione che l’immigrazione di massa non ha portato che a malessere sociale, violazioni dei diritti umani e sfruttamento.

Sempre l’estrema sinistra, con eccezioni quasi nulle, partecipa ormai da anni alla lotta “inclusiva” basata sulla “decostruzione” dei generi e degli orientamenti sessuali, promuovendo la loro piena riduzione a bizzaria individuale, condendo tutto ciò con un attacco spietato alla famiglia come realtà socio-biologica e a qualsiasi di regolamentazione morale della sessualità e delle relazioni, arrivando, nemmeno velatamente in buona parte dell’Occidente, a inquietanti aperture verso la “poliamorosità”, prospettive denataliste e la pedofilia. Il rigetto della stragrande maggioranza della popolazione per questi prodotti decadenti dell’ideologia borghese è netto e pressoché totale: ben pochi sono disposti a rinunciare alla realtà sessuale e biologica per accettare l’idea che “uomini” e “donne” siano solo costrutti sociali, che la riproduzione sia unicamente un “peso per il Pianeta” e che ogni comportamento destinato al piacere “consenziente” sia per forza di cose legittimo.

Le masse italiane hanno saputo anche tradurre in atti concreti l’opposizione all’agenda neolibersita, si pensi ai diversi movimenti che hanno invaso le piazze del paese dal 2011 in poi, non ultimo quello in contestazione della gestione pandemica, ma anche alla grande quantità di mobilitazioni locali, di comitati di associazioni cittadini che si sono sviluppati in ogni parte della Penisola attorno a questioni quali la privatizzazione dell’acqua, dei servizi pubblici, la chiusura di ospedali, scuole o posti di lavoro, o ancora la subordinazione delle politiche locali agli interessi di speculatori e gruppi di potere. Se queste mobilitazioni non hanno potuto, nella stragrande maggioranza dei casi, evolversi verso una più decisa politicizzazione è a causa della mancanza di un’avanguardia politica e organizzativa. Le forze dell’estrema sinistra si sono dimostrate complessivamente non all’altezza di ricoprire tale ruolo, ma hanno anzi in più occasioni dirottato i movimenti per condurli nel rassicurante alveo del settarismo identitario, utilizzandoli tipicamente per rafforzare le forze del centro-sinistra nelle competizioni elettorali locali e nazionali.

Nonostante il clima di crescente sfiducia verso la politica, tanto quella parlamentare quanto quella extraparlamentare, non è venuta meno la carica mobilitativa del popolo italiano. E’ imperativo quindi agire affinché ogni singola mobilitazione, da quelle di carattere locale a quelle più generali, possa essere ricondotta politicamente alla lotta per l’indipendenza nazionale e per l’abbattimento del sistema egemonico degli Stati Uniti d’America, e affinché dall’esperienza acquisita ne possano nascere forme d’organizzazione più stabili tra la cittadinanza. La riconquista dell’indipendenza nazionale, lotta connessa alla contraddizione principale dei nostri tempi, dev’essere l’indirizzo fondamentale dell’azione politica. Occorre mostrare come l’Italia possa sopravvivere come paese e garantire un avvenire migliore alla sua popolazione solo tramite un suo inserimento nel nascente mondo multipolare. Il partenariato con strutture come i BRICS e la SCO, una rinnovata partecipazione alla Via della Seta e lo smantellamento del potere economico delle oligarchie finanziarie nel nostro paese sono essenziali al fine di mettere in campo strategie di re-industrializzazione, di rinnovamento infrastrutturale, di recupero delle competenze tecniche perdute in questi decenni e di sviluppo dell’alta tecnologia. Non esiste una questione sociale, culturale, economica, politica del nostro paese che non sia subordinata al rapporto tra l’Italia e il mondo multipolare.

In questo contesto chi si identifica nel movimento comunista internazionale deve agire principalmente a favore della crescita e della maturazione del movimento di liberazione nazionale. Solo in questo contesto i comunisti potranno emergere come avanguardia e classe dirigente. Vladimir Lenin ricorda come “la dottrina di Marx è onnipotente perché è giusta[1]. Il marxismo prova nei fatti la sua superiorità analitica e come strumento rivoluzionario. Allo stesso modo le masse provano nei fatti la loro crescente sfiducia nell’attuale sistema e il loro desiderio di trasformazione dell’esistente. Unendo l’utilizzo cosciente del marxismo alla fiducia e all’immedesimazione nelle masse nulla sarà impossibile, nemmeno quella liberazione nazionale che oggi può apparire tanto lontana e improbabile.

[1] V. Lenin, Tre fonti e tre parti del marxismo, in Opere Scelte, Roma, Riuniti, 1965, p. 475.

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