Il "Rubicone" dei missili a lunga gittata e la (criminale) scommessa della NATO


di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

Il tema centrale, per non dire “il cuore” delle questioni, è ovviamente quello del come e quando (non del “se”) i guerrafondai euroatlantici decideranno di dare il via al confronto diretto con la Russia a suon di missili «lanciati dall'Ucraina».

Tra i “corollari” del tema rientra però anche l'aumento degli effettivi delle forze armate russe a circa 2.400.000 uomini, di cui 1,5 milioni militari, deciso il 16 settembre da Vladimir Putin, con un decreto che entrerà in vigore a dicembre. L'obiettivo, secondo il deputato Andrej Gurulev, è quello di dar vita a nuove unità per le operazioni in Ucraina, oggi reclutate tra volontari a contratto.

A parere dell'esperto militare Alexandr Khrolenko, l'aumento degli organici sarebbe piuttosto necessario per non sguarnire altri settori strategici in prossimità dei confini russi: non ultimi i confini settentrionali con la Finlandia, dopo l'ultimo allargamento della NATO ai paesi scandinavi. Circa 130.000-150.000 militari sono impegnati al fronte, rimanendo «esclusi dai compiti ordinari nella Flotta del Nord, nel Baltico, in Siberia e così via», dice Khrolenko; è dunque necessaria una riserva senza ricorrere alla mobilitazione. C'è bisogno di «centomila professionisti in più, motivati da stipendi adeguati, garanzie sociali, alloggi e così via. Ogni anno, prestano servizio più di 200.000 giovani di leva. Sinora, è probabile che alcuni di essi avessero voluto continuare la carriera militare, ma è piuttosto difficile entrare nel servizio a contratto, per la dura selezione dovuta al limitato numero di posti. Ora si presenterà questa opportunità» dice Khrolenko.

Tornando al tema centrale, pare che ormai, in Russia, pochi dubitino della volontà occidentale di consentire a Kiev di colpire il territorio russo con armi a lunga gittata, nella convinzione che Mosca in ogni caso non risponderà.

Ne è così convinto anche l'ormai quasi-ex segretario NATO Jens Stoltenberg, da declamarlo a piena voce: «Già molte volte Putin ha dichiarato “linee rosse”, ma non ne è seguita alcuna escalation». Lo ha detto, ora che sta per esser messo tra gli “esuberi”, proclamando che il permesso concesso a Kiev a colpire la Russia con armi a lunga gittata non costituirà un «superamento di linee rosse»

Ma la guerra, afferma il politologo Andrej Suzdal'tsev su Ukraina.ru, continuerà e si intensificherà. Parte degli osservatori è dell'opinione che il conflitto sia vantaggioso per USA e Occidente, che quindi lo trascineranno a lungo, per logorare la Russia. Altri affermano invece che ogni giorno di conflitto mini la credibilità dell'Occidente, che non riesce a far pressioni sulla Russia e fermarla.

È chiaro, dice Suzdal'tsev, che «l'Ucraina, da sola, non può vincere. Ma, col prolungarsi della guerra, l'Occidente rischia di manifestare la propria debolezza, mentre le spalle della Russia sono coperte dalla Cina. D'altra parte, l'Occidente non può nemmeno fermare la guerra, trovando un compromesso che ripeta l'effetto della crisi dei missili a Cuba», col ritiro di quelli sovietici dai Caraibi e dei “Jupiter” yankee dalla Turchia, presentato a Ovest come una ritirata di Mosca.

Così, oggi insistono perché Mosca faccia concessioni, almeno simboliche: la presenza russa al prossimo “vertice di pace” ucraino verrebbe presentata come una «cessione russa e una vittoria per l'Occidente. Anche il “piano di pace” che Zelenskij presenterà a Biden, Harris e Trump a fine settembre, con la richiesta dell'autorizzazione a colpire il territorio russo, potrebbe essere un tentativo di far pressione su Mosca e portarla a fare concessioni; in fondo, è lo stesso piano di cui Kiev parla da due anni». Un piano, come ribadito da Sergej Lavrov, che altro non è se non la resa della Russia.

Zelenskij dice che se si bombarderà la Russia fino alle più lontane regioni d'Oriente, Mosca si arrenderà. Ma «se la Russia non si arrende, l'Occidente fallirà per sempre», dice Suzdal'tskij; nei loro piani per eliminare prima la Russia e poi la Cina, «loro stessi hanno portato le cose a questo punto da incubo».

E, di fronte al dilemma se l'Occidente deciderà o meno di “passare il Rubicone”, secondo Suzdal'yskij l'Occidente «non ha nemmeno idea di dove sia il Rubicone» e dunque continueranno l'escalation, sicuri che Mosca non risponderà. Attaccheranno strutture militari e probabilmente anche infrastrutture e obiettivi civili, per dimostrare al mondo intero che l'Occidente rimane il centro del potere, che la Russia minaccia di rispondere e invece non lo fa; «non prendono in considerazione il fatto che non rispondiamo perché non vogliamo far precipitare il mondo nella Terza Guerra Mondiale. Per loro non ha importanza». Anche in caso del lancio di missili direttamente su Mosca, essi «sono sicuri al 100% che non ci sarà risposta e che dunque possano fare ciò che vogliono».

Aleksej Podberezkin, direttore del Centro ricerche della prestigiosa Università MGIMO, si dice convinto che, anche di fronte a un attacco con missili occidentali al territorio russo, la risposta di Mosca escluderà quasi sicuramente l'impiego di armi nucleari, ma sarà comunque una risposta adeguata e potrebbe colpire obiettivi statunitensi, britannici e francesi in parti diverse del mondo. Osserva anzi come la maggior parte dei cittadini russi si meravigli dell'assenza, sinora, di una risposta congrua all'escalation occidentale.

A parere dell'osservatore di Rossija Segodnja Rostislav Ishchenko, che ne parla su Ukraina.ru, la situazione rimarrà relativamente “tranquilla” fino a che Mosca non avrà completamente sopraffatto le forze ucraine. Il fatto è che questo sta già avvenendo e, dunque, il peggio comincia ora: messa definitivamente fuori gioco l'Ucraina, dice Ishchenko, «l'Occidente deve trovare nuove forme di confronto con la Russia e non trova altre opzioni se non il conflitto diretto». Ma, il confronto diretto, è un ulteriore passo verso la catastrofe nucleare.

Tra l'altro, anche se a Kiev non venisse concesso il via libera a colpire il territorio russo, ma le venissero solamente forniti i missili, «l'escalation salirà a un livello superiore, perché l'Ucraina porterà comunque gli attacchi, in un modo o nell'altro. Mosca ha già ripetutamente avvertito di ciò l'Occidente». Kiev ha già portato singoli attacchi con missili occidentali su singole strutture militari in Kuban e sulla regione di Rostov; ora si parla invece di «massicci attacchi missilistici su obiettivi civili. E non importa se gli USA abbiano dato o meno l'autorizzazione ad attaccare coi loro missili, dato che quei missili stessi sono già stati consegnati all'Ucraina o stanno per essere consegnati. Quando una questione non viene discussa, non viene discussa. Ma quando viene discussa, significa che l'Occidente ci vuole assuefare a che i missili saranno presto in Ucraina».

L'obiettivo dell'Occidente è sempre lo stesso: prolungare l'agonia dell'Ucraina, destabilizzare la situazione interna russa e rimanersene ai margini, come dire “Non siamo stati noi a sparare, è stata l'Ucraina. I missili sono nostri, ma è stata l'Ucraina a sparare”.

Mosca ha ripetutamente avvertito che risponderà in termini militari e che ciò riguarderà direttamente i Paesi occidentali; da parte sua, l'Occidente ha già messo in conto che ci sia una risposta e non a caso ora Mosca denuncia pubblicamente che i droni lanciati verso Murmansk non arrivavano dall'Ucraina, ma dalla Finlandia; anche qui, come dire: «Conosciamo gli obiettivi e possiamo colpirli». E la questione non verte sulla la possibilità di colpire, in risposta, navi NATO, o un convoglio con forniture militari per l'Ucraina sul territorio di un Paese NATO. La questione è «chi prenderà la decisione di iniziare una guerra nucleare».

L'Occidente sta provocando la Russia a prendere per prima la decisione su un attacco nucleare, anche se minimo; Mosca vuole invece che sia l'Occidente a decidere per primo un attacco nucleare, anche se piccolo. Nessuno vuole assumersi la «responsabilità della possibile morte dell'umanità. Si vuole scaricare la responsabilità del primo colpo su qualcun altro».

È in corso una partita su chi deciderà per primo l'attacco nucleare; l'Occidente è pronto a fornire missili all'Ucraina e a farli volare a sciami sulle città russe. L'Occidente è persino pronto all'idea che alcuni missili colpiscano obiettivi in paesi NATO o strutture NATO al di fuori del territorio dell'Alleanza.

È anche possibile che gli USA non intendessero arrivare a tale confronto. Secondo Ishchenko, dopo la caduta dell'Ucraina, Washington potrebbe cercare di contenere la Russia aumentando la pressione militare ai suoi confini occidentali e dislocando in Europa missili a gittata intermedia, per oberare Mosca in una nuova corsa agli armamenti. Per la Russia, diverrebbe estremamente oneroso realizzare cittadelle militari e piattaforme di lancio per i missili, soprattutto se sulle sue spalle ricadesse anche un'Ucraina con industrie devastate, città in rovina e un pauroso deficit demografico.

I criminali guerrafondai euroatlantici, nella cieca bramosia di mettere pezze alla crisi che attanaglia il loro mondo, calpestano la volontà di pace dei popoli, convinti di uscire dal pantano comunque e sempre con gli abiti asciutti, pur se con le mani sozze di sangue, infischiandosene dell'ammonimento dello shakespeariano conte di Suffolk: «Ora Fetonte è caduto dal carro, e gli si è fatto buio in pieno mezzogiorno». Un buio che non avrà più fine.

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