di Antonio Di Siena
L’11 marzo, 3 giorni dopo il decreto che ha messo in quarantena l’Italia nonché data della dichiarazione ufficiale di pandemia da parte dell’OMS, i contagiati italiani da coronavirus erano stati 2313 in più rispetto al giorno prima.
Oggi, 28 aprile, l’incremento è stato di 2091 casi in più di ieri.
Alla luce di questo mi pare di poter dire che riaprire sia una stronzata.
E lo dico sulla base del fatto che oltre confine ad una frettolosa riapertura è conseguita quasi ovunque una quasi immediata impennata di nuovi casi.
Il problema però è che questo stato di cose si scontra con due improcrastinabili esigenze: far ripartire il paese e soprattutto non far morire di fame gli italiani.
E qui arriviamo all’assurdo.
Nonostante l’evidenza dei numeri, si pensa di riaprire ugualmente un Paese che versa praticamente nelle stesse condizioni sanitarie che hanno indotto il lockdown.
E questo soltanto perché questo governo servo dell’Europa non ha soldi per poter sostenere una quarantena prolungata. E quindi preferisce rischiare una nuova e peggiore ondata di contagi piuttosto che fare l’interesse nazionale e “deludere” Leuropa.
Perché, inutile girarci intorno, la verità è che se si fossero messi soldi veri nelle tasche degli italiani, dalle piccole e medie imprese alle partite iva, dall’industria all’agricoltura, probabilmente la pressione dell’opinione pubblica non sarebbe stata così forte.
Quindi liberi tutti.
Diversamente collassa l’economia.
Se poi ci sarà l’ondata di ritorno e altri 100mila contagi amen.
Non si può minare definitivamente la credibilità dell’Ue.
Mica si può mettere a repentaglio il sogno europeo tanto facilmente.
Meglio far crepare qualche altro migliaio di vecchi.
Tanto l’INPS ringrazia.
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