Le donne della Pratobello 24, protagoniste della mobilitazione e dell'occupazione di una notte del consiglio regionale della Sardegna, rompono il silenzio e ci parlano dello stato vergognoso in cui sta venendo tacitato il dissenso popolare.
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Il vuoto è il sentimento provato, prima ad ascoltare gli interventi in religioso silenzio, il regolamento vuole che non si possa nemmeno fare cenni col capo, mentre qualche consigliere afferma candidamente che la Sardegna è una regione inquinante. Siamo passati dalla regione inquinata a quella inquinante, cambia solo l'opportunità e il capitolo dei fondi da regalare al nuovo padrone di turno.
Noi lì con loro. Tre generazioni, a richiamare coraggio, a chiederci se la nostra amata terra possa uscire da questa morsa asfissiante.
Andare incontro consapevolmente a un procedimento penale non è cosa da prendere alla leggera.
«Art. 338 per tutte. E chiaramente, signore, siete state tutte segnalate. Rischiate da 1 a 6 anni di galera. Con conseguenze che si ripercuoteranno su di voi per tutta la vita». Così ha tuonato il capo della Digos, nella speranza di riuscire a farci tornare sui nostri passi.
Abbiamo dichiarato di esserne consapevoli, e che non avremmo abbandonato l'aula.
Da quel momento in poi siamo state volutamente isolate, nessun rapporto con l'esterno. «Per ordini dall'alto».
Una cosa simile non è successa nemmeno con l'occupazione dei pastori. Loro potevano dialogare con consiglieri ed altri soggetti. Noi no.
Noi dovevamo essere isolate, senza il minimo contatto. Ogni necessità, acqua, cibo e il bagno, concesso dopo ore, erano diritti sospesi e costantemente rinegoziati.
In dodici abbiamo occupato l’aula del Consiglio Regionale, rifiutando di andarcene dopo aver assistito ad una grottesca seduta consiliare.
Una decisione sofferta, sostenuta da un presidio esterno e da moltissime persone che, in un modo o nell’altro, manifestavano vicinanza e solidarietà. Anche con piccoli video: IO SONO DENTRO CON LORO.
Il tempo scorre lentissimo, mentre non sappiamo né quanto andremo avanti né quali saranno le conseguenze.
È strano rendersi conto, da subito, che in questo palazzo vi sono dei “maestri” di pressione psicologica. Chissà dove hanno appreso quelle tecniche.
Durante il Consiglio è vietato addirittura bere, gesticolare, fare facce strane. Poi, ad aula vuota, ti tolgono persino il diritto di andare in bagno. Te lo restituiscono quando piace a loro, e sempre sotto scorta. Anzi, quando piace a lui. Perché chi dà gli ordini è uno solo. Nomen omen. È lui che decide come dobbiamo essere trattate; è lui che decide che nessun consigliere può avvicinarci o parlare con noi, nemmeno per chiederci se abbiamo bisogno di qualcosa. Bisogna isolarci. Bisogna fingere che NON ESISTIAMO.
E questo è anche l’atteggiamento della presidente.
Lei ha sempre finto di non vederci. Ci ha ignorate. Come fossimo sedie e non esseri viventi.
Niente di nuovo, in fondo: per la presidente i sardi non esistono. O meglio, esistono solo quando servono. In campagna elettorale ad esempio, o quando si rende necessario marcare il territorio. Poi spariscono dalla sua vista.
Esistono solo i terreni, estesi, soleggiati e ventosi, da utilizzare. Da spartire coi vari portatori di interesse.
I sardi non hanno voce. Non hanno diritti. Proprio come noi, chiuse nel palazzo del potere.
I sardi sono ignoranti, non sanno leggere, sono addirittura violenti. E hanno paura perché non capiscono. Sono fastidi da levarsi di dosso. Non devono permettersi di ostacolare ciò che lei deve fare.
No, signora presidente. I sardi non hanno paura, tutt’altro. I sardi hanno coraggio. Il coraggio di dire di no.
Il presidio dentro il palazzo è durato trenta pesantissime ore. Inaspettatamente, un’ordinanza del Consiglio di Stato è intervenuta a sparigliare le carte: il rovinoso DdL Todde, contro cui i comitati protestano da settimane, deve essere totalmente rivisto. Le sue fondamenta giuridiche sono state messe in discussione, anzi sono state sospese dallo Stato italiano.
La presidente ha sempre giustificato la sua ostinazione a non far entrare in aula la Pratobello ’24 col fatto che il suo DdL è arrivato prima. Effettivamente lo ha proposto nientemeno che dieci giorni prima. Pur di avere questo diritto di primogenitura lo ha scritto in fretta e furia, senza curarsi nemmeno di errori e refusi.
Ma ora il suo DdL deve essere completamente rinnovato, così da rispondere meglio ai diktat nazionali. E si dovranno eliminare tutte quelle parti che consentono un minimo di tutela per la Sardegna.
Incaponirsi su questa via significherebbe sprecare tempo prezioso ed energie per un qualcosa che potrebbe essere impugnato da qualsiasi società energetica, proprio perché privo di legittimazione giuridica.
Perciò adesso, per forza di cose, deve entrare in campo la Pratobello. Diversamente chiunque potrà venire a banchettare sulla nostra terra. E in tanti sono già pronti a divorarci.
La Legge Pratobello è l’unica soluzione, non c’è scampo.
Alla sera del secondo giorno, dopo un’attesa lunga undici ore, Comandini viene a parlarci:
«Ragazze, avete saputo della sentenza? Ora potete lasciare l’aula».
«Sì, ma non basta: vogliamo che sia ricevuta una nostra delegazione».
Lui prende l’impegno. E noi poniamo fine all’occupazione.
Invece, Alessandra Todde ha scelto ancora una volta di fingere che la Pratobello non esista. Proseguirà dritta per la sua strada, col suo DdL senza più basi giuridiche, ignorando anche il Consiglio di Stato.
Dritta verso il precipizio, dove trascinerà la sua Giunta e tutti i sardi.
Lei sarà l’unica a cadere in piedi. I suoi “obiettivi” sono evidentemente altrove.
Le donne di Pratobello ’24
13-14 novembre 2024
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