Jerusalem Post: "Una guerra su larga scala tra Israele e Hezbollah non è mai stata così vicina"

PICCOLE NOTE

Il titolo della nostra nota riprende quello di un articolo del Jerusalem Post che sintetizza un po’ quel che riferiscono i media israeliani. La missione di Amos Hochstein, inviato da Biden in tutta fretta a Tel Aviv per frenare l’escalation, è andata a vuoto.

Netanyahu ha deciso e la traballante amministrazione Usa, con un presidente ridotto ai giardinetti, non può nulla. Anzi sarà costretta, se le cose si mettono male (e male si metteranno se guerra sarà) a dar man forte alle forze israeliane molto più di quanto ha fatto a Gaza.

A segnalare che le cose si mettono male il fatto che agli obiettivi di guerra Tel Aviv abbia aggiunto il ritorno alle loro terre delle decine di migliaia di cittadini israeliani che hanno dovuto abbandonare il confine libanese a causa degli scontri con Hezbollah e ora vivono come sfollati interni.

D’altronde, l’opzione di una guerra su larga scala contro Hezbollah è da tempo brandita da Israele e dal 7 ottobre ha preso slancio, con momenti di più acuta pressione alternati a giorni di raffreddamento. E ora lo slancio è più forte che mai.

Le minacce di guerra sono serie

“Il Jerusalem Post – si legge nell’articolo citato – ha ricevuto indiscrezioni [sull’apertura di un nuovo fronte di guerra ndr.], sia a livello politico che militare, da fonti che in precedenza avevano relativizzato le dichiarazioni pubbliche e che ora affermano che tali dichiarazioni sono serie”.

Tra i motivi della decisione di attaccare il JP segnala la sconfitta di Hamas dichiarata dal ministro della Difesa Yoav Gallant, che, se anche non è vera (a stare a quel che si registra), segnalava che l’esercito israeliano era pronto a disimpegnarsi dalla Striscia per occuparsi del fronte Nord contro Hezbollah.

Inoltre, c’è “il fattore inverno”, scrive il JP, che spiega: “Alcune fonti hanno riferito al Post che se trascorrono più di 4-6 settimane senza un intervento chirurgico potrebbe essere impossibile, o molto più difficile, realizzarlo fino alla primavera del 2025. Ciò significherebbe condannare i residenti del Nord a trascorrere altri 6 mesi lontani dalle loro case, una situazione che sta diventando sempre più insostenibile in Israele”. Inoltre, “l’inverno nelle zone montuose del Libano è molto più rigido e difficile da gestire [a livello militare] rispetto al deserto di Gaza”.

Tra le altre cose, il JP spiega che Netanyahu, prima titubante a iniziare una guerra foriera di conseguenze disastrose per Israele, si sarebbe convinto dopo il successo del 25 agosto, quando le forze israeliane avrebbero distrutto tutti i razzi sparati contro il loro territorio da Hezbollah in reazione all’assassinio di Fuad Shukr, numero 2 della milizia islamica. Dopo tale successo, si è convinto che i costi della guerra sarebbero “esponenzialmente” minori del previsto.

Riportiamo quest’ultima ricostruzione per dovere di cronaca, non perché riteniamo sia vera, dal momento che abbiamo visto nel web filmati che dicono che l’attacco danni ne ha fatti. E però tale è la narrazione mainstream in Israele, necessaria a evitare di gettare ombre su Netanyahu, che sta trascinando il Paese e l’intero Medio oriente in un’avventura senza ritorno.

In realtà il premier israeliano da tempo spinge per ampliare il conflitto, usando a tale scopo il sabotaggio dei negoziati con Hamas, dal momento che un accordo con Hamas chiuderebbe le ostilità anche con Hezbollah.

La guerra informatica che uccide

A spingere Israele a osare è probabile che contribuisca anche la spettacolare, quanto criminale, operazione odierna, non per nulla messa in atto dopo la decisione di affrontare in maniera più assertiva Hezbollah.

L’operazione ha del fantascientifico: non si sa bene come, le forze israeliane sono riuscite a penetrare nella rete delle telecomunicazioni del Libano riuscendo a far esplodere a distanza gli apparecchi cercapersone di centinaia – mille secondo i media israeliani – di cittadini libanesi, che secondo le fonti israeliane sarebbero affiliati a Hezbollah.

I filmati di tale operazione circolano sul web in abbondanza e hanno un effetto agghiacciante, sia per il bilancio delle vittime (ad oggi 8 morti e oltre 2mila e settecento feriti) sia per il panico nel quale ha sprofondato un’intera nazione sia, infine, perché l’attacco apre una nuova frontiera alle operazioni belliche (e al terrorismo), perché quel che può essere realizzato attraverso un cercapersone può presumibilmente essere realizzato attraverso un qualsiasi cellulare. Speriamo di sbagliarci.

Al di là del particolare, e per tornare alla potenziale guerra, va aggiunto che secondo i media vicini a Hezbollah le operazioni belliche alle quali sta pensando Tel Aviv potrebbero essere limitate, ma anche queste relative rassicurazioni vanno prese col beneficio di inventario.

Qualche spiraglio anche nella nota del JP, sul quale si legge: “Tutto ciò non significa che una nuova guerra più ampia con Hezbollah sia certa; sarebbe comunque una iniziativa rischiosa per Israele, per Hezbollah e anche per i rispettivi sponsor: gli Stati Uniti e l’Iran”.

Ma, al netto di tutto ciò, resta la conclusione del giornale israeliano: “Si tratta del momento più a rischio al Nord dal 7 ottobre”.

Potrebbe essere l’ultima guerra di Israele

Tra quanti in Israele cercano di allarmare su questa disastrosa avventura, Yitzhak Brik, che su Haaretz scrive un articolo dal titolo: “L’esercito israeliano non è riuscito a eliminare Hamas. E certo non può sconfiggere Hezbollah”.

“Una guerra del genere – scrive Brik – probabilmente infliggerà a Israele un colpo mortale e terminale. L’IDF, che non è riuscita a eliminare Hamas, non sarà certamente in grado di distruggere Hezbollah, che è centinaia di volte più potente di Hamas”.

Tale conflitto, prosegue Brik, potrebbe dar vita a “una guerra su più fronti che vedrebbe migliaia di missili, razzi e droni lanciati all’interno di Israele mentre, in parallelo, si innescherebbero guerre di terra su almeno cinque fronti: Libano, alture del Golan, Cisgiordania, gruppi di estremisti all’interno di Israele e forze filo-iraniane che si infiltrerebbero attraverso il confine giordano”.

“A tutto ciò va aggiunto che a Gaza proseguiranno gli scontri. E dal momento che quasi tutte le forze di terra dell’IDF saranno concentrate a Nord nello scontro con Hezbollah, non ci saranno abbastanza truppe per difendere gli altri fronti” [Brik dimentica gli Houti… ndr].

Il cronista di Haaretz conclude ricordando quanto ha detto Hochstein alle autorità israeliane, cioè che in questa guerra “morirebbero tante persone da entrambe le parti. I residenti del nord di Israele non potrebbero comunque tornare a casa a breve [viene meno, cioè, il motivo della guerra ndr.] e la guerra si concluderebbe in ogni caso con un accordo i cui contorni sono già chiari. E questo, ha concluso, è il motivo per cui gli americani stanno cercando di raggiungere un’intesa del genere adesso”.

Va ricordato che l’America, che oggi sta tentando di arginare la follia dilagante, ha contribuito non poco a generarla. Se lo tsunami devasterà il Medio oriente non potrà invocare un posto tra i testimoni, il suo posto sarà sul banco degli imputati.

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