Kursk: come Zelensky sta perdendo la sua ultima carta rimasta



di Clara Statello per l'AntiDiplomatico

Zelensky sta perdendo anche l’unica carta che sperava di giocare al tavolo dei negoziati: la testa di ponte nella regione di Kursk. Non una gran carta, in realtà. Circa 411kmq di territorio rurale, senza infrastrutture, difficilmente inseribile in un fondo di cambio per riavere Mariupol, Sebastopoli o la centrale nucleare di Zaporozhya. Se questa fosse una partita a carte, il saliente varrebbe quanto un otto di coppe con briscola a denari. Ad ogni modo, per l’Ucraina meglio di nulla.

In poco più di una settimana, il territorio sotto controllo ucraino si è ridotto a meno di 340Kmq, secondo la mappa di Deep State, una risorsa militare ucraina collegata all’intelligence militare. L’esercito russo ha quasi tagliato in due il saliente, separando il gruppo principale delle forze ucraine dalle sue principali linee di rifornimento.

I soldati russi hanno praticamente raggiunto il confine con la regione ucraina di Sumy e minacciano l’accerchiamento di Sudzha, la principale città dell’area, che prima dell’offensiva di Kiev contava circa 7000 abitanti.

In base a quanto riportava ieri Deep State, i russi hanno la superiorità numerica e riescono a mantenere il controllo del fuoco «su tutto ciò che si muove “dentro" o "fuori" da Kurshchyna», grazie ad un vantaggio di droni, in attacco e ricognizione. L’obiettivo è quello di tagliare la logistica delle forze ucraine per isolarle.

Al momento in cui si scrive sono già stati riconquistati gli insediamenti di Novaja Sorochina, Starjaja Sorochina e Nikolaeka. Tutti e tre i villaggi sarebbero stati “bonificati”. Dai video disponibili sembrerebbe che i soldati ucraini siano fuggiti, lasciando sul campo i caduti. Attualmente la 34a Brigata sarebbe già entrata nella periferia di Malaya Loknya, di importanza strategica per la posizione elevata rispetto a Sudzha. Il suo controllo permetterebbe agli ucraini di usarla come testa di ponte per penetrare in profondità la regione, ai russi di raggruppare le truppe per lanciare attacco definitivo che caccerebbe le truppe di Kiev.

Il pessimismo inizia ad aleggiare negli ambienti occidentali. Il New York Post scrive che le truppe ucraine sono sull’orlo del collasso e entro due settimane potrebbero essere ritirate. Politico evidenzia come il comando ucraino è messo davanti ad una dura decisione: ritirarsi o resistere, subendo perdite dolorose. Il saliente rischia di ridursi a 100kmq. Poco male, afferma un analista ucraino dall’apprezzabile ottimismo, sarà più facile da difendere.

Un altro esperto, Yan Matveev, fa notare sul suo canale Telegram che in questa situazione qualsiasi sfondamento russo di 5-6km potrebbe comportare l’accerchiamento di qualsiasi posizione specifica.

«Ciò rende la difesa sempre più difficile e costosa». A questo punto, ha senso mantenere la testa di ponte solo per motivi politici. Tuttavia, insiste Matveev, più si ridurrà l’area occupata più sarà difficile utilizzarla come leva negoziale. Dall’altro lato, proseguire significa perdere unità ben addestrate ed equipaggiamento, riducendo la capacità bellica dell’intero gruppo.

Reuters scrive che con l’”incursione a sorpresa” le truppe ucraine sono quasi circondate. Decisivo sarebbe stato lo stop di Trump alla condivisione di informazioni di intelligence militare.

Sulla sospensione ci sono notizie dettagliate. Maxar Technologies, l'azienda aerospaziale americana, ha deciso di limitare l'accesso dell'Ucraina alle sue immagini satellitari "in risposta a una richiesta amministrativa", cioè il divieto imposto dall’amministrazione statunitense di condividere dati di intelligence con l'Ucraina. Le restrizioni per le aziende e i servizi commerciali si applicano sia a utenti governativi che privati. Le immagini satellitari fornite da Maxar servivano per tracciare gli spostamenti delle truppe russe e valutare i danni alle infrastrutture chiave, sia nei territori temporaneamente occupati che all'interno della Russia stessa.

La liberazione del saliente di Kursk consentirà alla Russia entrare nei negoziati da una maggior posizione di forza. Inoltre Mosca potrebbe decidere di non fermarsi e proseguire nella regione ucraina di Sumy, dove già ha messo piede. La mappa di DS all’8 marzo mostra che le forze russe hanno il controllo di una piccola porzione di territorio ucraino al confine con Kursk. Si tratta di un fazzoletto di terra irrilevante, meno di 1km quadro, ma immerso in zona grigia. Dunque i combattimenti si sono già spostati sul territorio ucraino. Mosca avrà tre opzioni:

  1. Proseguire la controffensiva in direzione Sumy, per creare una zona cuscinetto;
  2. Fermarsi su questo settore e trasferire unità su fronti più strategici;
  3. Consolidare il confine con le truppe per esercitare pressione diplomatica su Washington e Kiev.

Davanti alla rapida svolta sul campo di battaglia, la reazione della Casa Bianca è stata immediata. In un post pubblicato venerdì mattina su Truth Social, il presidente Trump ha paventato l’imposizione di sanzioni bancarie contro Mosca, fino al raggiungimento del cessate il fuoco e dell’accordo di pace.

Queste minacce, però, potrebbero essere un “gioco delle parti”. Secondo l’approccio America First, Washington deve dare prova di esercitare pressione sul Cremlino, dopo aver sfoderato il bastone contro Kiev. La realtà, però, potrebbe essere tutt’altra:

“La Casa Bianca ha chiesto al Dipartimento del Tesoro di valutare opzioni per allentare le sanzioni sull'energia in vista dei previsti colloqui tra il presidente Donald Trump e il presidente russo Vladimir Putin per porre fine alla guerra in Ucraina, hanno affermato le due fonti, parlando a condizione di mantenere l'anonimato”, scrive Reuters.

L’intervento sarebbe stato adottato per consentire a Washington di revocare rapidamente le sanzioni in caso di accordo di pace. Inoltre l’iniziativa non deve essere interpretata come un'indicazione che gli Stati Uniti revocherebbero le sanzioni senza concessioni da parte della Russia.

Tutto lascia pensare che la Casa Bianca stia lavorando per raggiungere rapidamente un accordo con il Cremlino sulla cessazione immediata del conflitto. Le fonti parlando di un incontro ormai prossimo tra Trump e Putin in Arabia Saudita. L’allentamento delle sanzioni sarà il fulcro di qualsiasi accordo.

Il presidente statunitense non fa altro che inviare a Mosca messaggi concilianti. Parlando ai giornalisti allo Studio Ovale ieri, ha dichiarato di avere difficoltà a trattare con gli ucraini. Ha ribadito quanto detto in faccia a Zelensky la settimana scorsa, che non hanno le carte. Se Kiev non intende chiudere un accordo “ce ne andremo”. Queste parole suoneranno alle orecchie del Cremlino più dei successivi elogi e dichiarazioni sulla fiducia nelle buone intenzioni di Putin.

La svolta degli Stati Uniti non va intesa come “un tradimento”, come paventano i più irriducibili filo-ucraini. I più fantasiosi sono persino arrivati a sostenere che Trump sarebbe una spia di Putin, per l’esattezza l’agente Krasnov. La realtà è molto meno “complottista”. Al contrario di quanto sostiene l’analista geopolitico Dario Fabbri, che parla di una sconfitta strategica della Russia, l’Occidente ha perso la guerra. Ritardare la cessazione dei combattimenti vuol dire rafforzare la posizione negoziale del Cremlino, togliere carte a Kiev ma soprattutto alla Casa Bianca.

La Russia ha immediatamente aperto alla possibilità di negoziati precisamente perché è il momento giusto per farlo. È in una posizione di forza e può raggiungere (anche parzialmente) i suoi obiettivi strategici con la diplomazia. L’iniziativa dei colloqui, però, è di Trump e arriva con un’urgenza e fretta inusuali nelle relazioni diplomatiche. Questo perché la Casa Bianca sa perfettamente che più tempo passa, più l’esercito russo conquista territorio ucraino, più le forze armate ucraine perderanno uomini ed equipaggiamento, meno carte avranno Donald Trump e la sua squadra di negoziatori per ottenere concessioni dal Cremlino al tavolo delle trattative.

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