di Giuseppe Giannini
Nelle ultime settimane è apparso evidente come l'Europa sia completamente allo sbando. Questa situazione, già compromessa da un quarto di secolo di politiche liberiste in salsa austeritaria, ratificate dai partiti che vi hanno governato, avendo avuto ripercussioni sulle masse ne ha accentutato il distacco verso le classi dirigenti.
In più ha dato luogo come effetto collaterale al risentimento nazionalista (così come avvenne agli inizi del Novecento), ed è oggi aggravata dalla cieca ed ottusa visione guerrafondaia sottoscritta da quasi tutti i leader politici di maggioranza e (finta) opposizione. Solo durante gli anni della pandemia, rallentando le morse del debito, è emersa attraverso il PNRR e il NEXT GENERATION EU quella solidarietà rimasta al secolo scorso. In realtà più che guardare alle esigenze effettive dei popoli è un mezzo per far ripartire (sempre a debito) le economie dei Paesi inseriti all'interno del meccanismo capitalistico della crescita.
Dal punto di vista dell'analisi delle politiche estere adottate è sempre mancata in Europa l'unità di intenti. La manifestazione principale della disarmonia è costituita nel dare seguito alle ambizioni del soggetto che da sempre decide le vicende mondiali, e cioè gli Stati Uniti d'America.
Così l'Europa che, per circa mezzo secolo, aveva conosciuto la pace ha deciso di invischiarsi nelle mire geopolitiche altrui.
Gli americani, padroni del mondo da quando è crollato il blocco sovietico, in cerca di opzioni da esercitare, hanno coinvolto gli alleati occidentali, che par starli dietro ne hanno sottoscritto, più o meno direttamente, le guerre. Se le "missioni civilizzatrici" nelle due guerre irachene e nel conflitto afghano sono state giustificate da finte pretese umanitarie, in realtà lo scopo era quello di resettare culture millenarie da reindirizzare verso ambiti più affini all'ideologia capitalistica. Il fondamentalismo religioso come scusante per la guerra al terrore, rinvigorito e al potere ( i Talebani ed i vari sedicenti Stati islamici, da ultima l'amministrazione siriana), mentre tutto intorno macerie e generazioni traumatizzate da decenni di distruzione, guerre, morti.
La stessa opera destabilizzatrice che la Nato, gli USA, e gli Stati europei hanno messo in atto in Libia, ed ancora prima nella ex Jugoslavia. Dalla quale sono scaturiti ed amplificati tribalismi, lotte fra clan ed odi interetnici, come la costante della tendenza maturata dagli anni duemila. Il protagonismo da guerra dei Paesi europei, maggiore in quelli con un passato coloniale – la Francia, l'Inghilterra, l'Italia - sostenuto dalla classe politica trasversale - i partiti moderati di centro e cd. cristiani, le destre liberali e quelle sovraniste, le forze con un passato di sinistra – e dall'apparato mediatico ed industriale-militare, a cui preme solo il potere. Ed in nome del quale fare affari passando sopra tutto e tutti, anche se ciò ha prodotto devastazione e la sofferenza di milioni di persone.
Le menzogne per il profitto di guerra in U.K hanno visto come attore principale il signor Blair, da noi i governi di centrosinistra. Infatti, la guerra ha bussato alle porte dell'Europa sin dalla metà degli anni '90. In particolare i bombardamenti su Belgrado del governo D'Alema e del suo vice e ministro della difesa Mattarella hanno decretato il riposizionamento atlantista. La verità dei fatti è stata stravolta. Corsi e ricorsi storici. Con in prima fila gli stessi soggetti di allora, prendiamo le dichiarazioni di Mattarella sul rispetto del diritto internazionale e di ogni autonomia dei popoli che non valgono per tutti. Trent'anni fa i riflettori riguardavano i crimini "socialisti" del serbo Milosevic, invece quelli dell'alleato nazionalista croato Tudjman erano funzionali al disegno dell'Occidente. E' un pò come quanto accaduto nello scontro provocato tra Ucraina e Russia. Il presidente filorusso Yanukovic eletto ma inviso alle cancellerie occidentali; i fatti del Donbass; l'appoggio al regime di Zelensky; i "resistenti" nazisti del battaglione Azov.
La condanna dell'occupazione di territori altrui, il rispetto delle risoluzioni dell'ONU, le sanzioni o i mandati di cattura predisposti dalla CPI ma non per quanto riguarda Israele.
In queste vicende strategiche gli agenti coinvolti fanno danni: Macron che con i suoi appelli all'invio di contingenti è il primo dei sobillatori; i socialdemocratici tedeschi diventati una appendice del sionismo; e poi l'insopportabile Von der Leyen, a sua volta indagata per crimini di guerra oltre che per gli accordi segreti nelle forniture dei vaccini.
L'economia di guerra crea problemi anche a chi avrebbe dovuto giovarsene come gli USA. Tanto che il presidente Trump, che di certo non brilla per i modi o per essere disposto a dialogare con gli altri Stati, è stato costretto ad evidenziare ciò che tutti conoscono: il ruolo della famiglia Biden e dell'Europa, le ambizioni di Zelensky. La merce di scambio per l'accordo di pacificazione sono le terre rare, che potranno permettere agli americani di tenere testa alla Cina che oggi possiede il 60 % delle produzioni mondiali.
A sua volta l'Europa, messa alle strette dalle inefficienze funzionali, cerca la via di uscita nella continuazione del sostegno "difensivo" militare al regime di Kiev.
Quest' Europa che se vuole può derogare ai suoi patti: l'abbiamo visto con la sospensione dei vincoli di bilancio durante il covid ed ora con le spese militari, ma che è stata intransigente verso il popolo greco, che a causa dei suddetti vincoli ha visto morire migliaia di persone private di mezzi e servizi. Ma, appunto, è l'Europa dei sacrifici da addebitare alle masse dei sottoposti, che siano quelli economici, sociali, ambientali o di guerra.
In questo contesto la prossima manifestazione per l'Europa promossa per il 15 marzo ha qualcosa di inquietante.
Durante questi tre anni di guerra tutte le voci pacifiste laiche e religiose (finanche il Papa) miranti ad un dialogo ed alle mobilitazioni sono state censurate, attaccate, etichettate in maniera inappropriata ed irrispettosa.
Adesso che l'Europa energivora ha rinunciato ai rifornimenti russi ed è economicamente succube degli americani e delle leggi del mercato, essa cerca di rilanciarsi in ambito militare. Attraverso l'aumento delle spese per difendersi da chi ha costantemente provocato e per dare vita ad un futuro esercito in comune dopo che per tanto tempo è stata incapace di approntare una politica estera e di sicurezza realmente credibile.
Leggendo la lettera del promotore Michele Serra su La Repubblica ci si trova catapultati in una narrazione utopistica, che parla di democrazia, separazione dei poteri, diritti, libertà dei popoli, iniziative dal basso. I classici slogan autoreferenziali del mondo borghese apparentato con quelle stesse élite che contribuiscono alle diseguaglianze sociali ed alle guerre. Eppure nella democratica Europa che fa del liberalismo il tratto distintivo rispetto ai regimi autoritari negli ultimi anni vi è stata una decisa svolta repressiva. Le manifestazioni di piazza conoscono la forza dello Stato, tanto che si tratti di proteste per la riforma delle pensioni, o che riguardi la solidarietà nei confronti del popolo palestinese. In Germania è bandita qualsiasi iniziativa che parli di genocidio.
I governi battuti nelle elezioni trovano sotterfugi per insediare propri uomini affini alla tecnocrazia in Francia. In Romania il candidato sovranista filorusso Georgescu è perseguitato dalla giustizia. E come se in Italia le destre che oggi sono al governo venissero considerate fuorilegge. Ed allora, forse, non è un caso, che la presidente Meloni cosi come Salvini, legati alla corrente sovranista internazionale sovvenzionata da Steve Bannon, e che accomuna Putin, Trump, ed Orban, si trovi in difficoltà. Da un lato appoggia l'Europa liberista della Von der Leyen, dall'altro non può rinunciare al sostegno dei turbo capitalisti come Musk.
Rimane irrisolta la questione di fondo. Solo l'uscita dalla Nato e la riconversione bellica possono rappresentare la de-escalation miltare. E nel frattempo pensare ad utilizzare le stesse ingenti risorse per riconvertire le economie in senso veramente solidaristico e non competitivo.
Dubito che questi falchi possano avere dei ripensamenti. In gioco non c'è solo il futuro dell'Europa come unione e come assembramento di Stati. E' il destino delle future generazioni che è veramente in bilico.
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