di Vincenzo Brandi*
I militanti delle formazioni jihadiste e terroriste che hanno conquistato Damasco e ampie zone della Siria sono ora considerate dei “liberatori” dai governi e dalla stampa occidentale dopo essere stati considerati ufficialmente per anni solo dei feroci tagliagole guidati da un personaggio, ex membro dell’ISIS e di Al Qaida, sulla cui testa pendeva una taglia di milioni di dollari. Persino settori dei movimenti di contestazione di matrice religiosa nei paesi arabi, e persino alcuni settori di origine religiosa della Resistenza Palestinese si sono affrettati a congratularsi con i vincitori, commettendo un tragico errore. In realtà la vittoria dei terroristi (oggi rapidamente ripulitisi mettendosi in giacca e cravatta) è l’ennesimo atto del martirio che la Siria, paese dove diverse etnie e religioni hanno sempre convissuto pacificamente per secoli. La vittoria dei tagliagole in realtà è l’ultimo atto del massacro che la Siria sta subendo da 13 anni.
Alla fine dell’anno scorso la Siria - dopo una feroce guerra interna alimentata da bande armate di terroristi finanziate dall’esterno, che ha distrutto il paese, e dopo aver subito feroci sanzioni da parte degli USA e dai paesi della NATO, e il furto delle sue risorse petrolifere - si trovava in una situazione disperata, al di là dei meriti o dei demeriti del governo di Assad. La povertà attanagliava il paese sottoposto tuttora alle sanzioni occidentali che le impedivano di approvvigionarsi anche dei generi di prima necessità. L’elettricità scarseggiava. I prezzi dei generi di prima necessità erano aumentati di 10/20 volte. I soldati dell’esercito non erano pagati e i continui bombardamenti israeliani devastavano settori strategici del paese. Vi erano milioni di sfollati. La Siria avrebbe potuto approvvigionarsi di valuta per acquistare i beni essenziali grazie alla vendita del suo petrolio, ma tutte le zone petrolifere dell’Est siriano, tra il fiume Eufrate ed il confine iracheno (che oltre tutto sono anche quelle più ricche di grano), sono sotto il controllo di truppe statunitensi supportate purtroppo dai loro alleati delle milizie curde dell’YPG (i Curdi, nel loro comprensibile sogno di autonomia politica e indipendenza, sono però disponibili ad allearsi anche col diavolo). Il petrolio è stato quindi esportato verso la Turchia e poi rivenduto in gran parte in Israele, con gli USA che ne incassavano i profitti.
Vaste zone di confine con la Turchia sono sotto il controllo diretto dell’esercito turco, mentre la zona di Al Tanf al confine della Giordania è direttamente occupata da truppe statunitensi e da bande terroriste loro alleate. Bande terroriste occupavano parte della provincia nord-occidentale di Idlib, confinante con la stessa Turchia. Proprio da Idlib e da Al Tanf sono partiti gli attacchi improvvisi delle bande terroriste di Hayat el Tahir e del sedicente Esercito Nazionale Siriano manovrato dalla Turchia, cui il debilitato e demoralizzato esercito del governo di Damasco non è riuscito a far fronte. Il fatto più significativo di questa vicenda è che queste bande si sono dimostrate perfettamente addestrate, ben organizzate e pesantemente armate con armi moderne, compresi i droni. Tutto questo indica chiaramente una mano esterna che ha dato anche l’ordine dell’attacco.
Il punto da cui partire è quindi quello di capire chi ha addestrato, armato e manovrato le bande. Certamente la Turchia, che controllava la zona, non poteva non essere a conoscenza di quanto si stava preparando ed è uno degli artefici principali dell’attacco. La Turchia è interessata ad estendere la sua influenza su parte della Siria, ma soprattutto a regolare i conti con le milizie curde della Siria (legate al PKK attivo in Turchia) che vede come una minaccia alla propria sicurezza
Certamente - però - una spinta fondamentale in tutta questa criminale e vasta operazione è venuta dai servizi segreti occidentali degli USA e della NATO, che avevano giurato di destabilizzare la Siria per mettere in difficoltà la Russia, già impegnata in Ucraina, e anche l’Iran e l’asse della Resistenza anti-israeliano, facendo ripiombare la Siria nel caos da cui sembrava potesse uscire. Mercenari di vari paesi, Uiguri anticinesi del Sinkiang, istruttori ucraini, Turcomanni, Ceceni antirussi già attivi in Ucraina, persino Albanesi, hanno partecipato all’impresa.
Ora la Siria è completamente balcanizzata e smembrata. Anche gli Israeliani si sono impossessati di vaste zone del Sud senza che i nuovi padroni reagissero, Anzi i nuovi governanti di Damasco hanno dichiarato di volere buoni rapporti con Israele e con i loro protettori occidentali.
Tutta la vicenda siriana si iscrive in quel grande piano atto a ridisegnare l’intero Medio Oriente ed il Nord-Africa messo a punto dai neocon neo-liberali statunitensi e denunciato persino dal generale Wesley Clarck - già comandante delle truppe NATO nella guerra con la Jugoslavia - in una nota intervista di qualche anno fa. L’invasione del Sud di Libano e Siria da parte di Israele, il genocidio a Gaza e la repressione con la colonizzazione della Cisgiordania sono funzionali a questo piano. Siria, Iraq, Libia, Sudan, Somalia, Libano, Afghanistan, Yemen ne hanno già subito le conseguenze sfasciandosi o in preda a crisi gravissime; ma c’è da confidare sul fatto che le forze della Resistenza riescano a trovare le giuste contromisure per evitare il “caos creativo” ideato da arroganti strateghi folli del mondo “libero”.
*Articolo pubblicato su La Voce di G.A.MA.DI nel numero di gennaio 2025