L'ambiguità strategica della Germania in Ucraina

di Giacomo Gabellini per l'AntiDiplomatico

Nei giorni scorsi, droni ucraini hanno preso di mira due stazioni radar di cui si compone la rete strategica di allerta precoce della Russia, colpendone una. Le strutture costituiscono parte integrante della rete strategica di allerta precoce della Russia e il loro danneggiamento, anche temporaneo, deteriora la capacità del Paese di rilevare con il dovuto tempismo minacce atomiche in arrivo. La dottrina nucleare russa identifica qualsiasi attacco al sistema essenziale di primo allarme nucleare come una ragione sufficiente per legittimare una ritorsione diretta e proporzionale. Il senatore russo Dimitrij Rogozin ha dichiarato in proposito che l’attacco ha preso di mira «un elemento chiave dell’ombrello nucleare della Russia», ed aggiunto che «il profondo coinvolgimento di Washington nel conflitto e il controllo totale esercitato dagli americani sulla pianificazione militare di Kiev significa che le affermazioni secondo cui gli Stati Uniti non sono a conoscenza dei piani ucraini per colpire il sistema di difesa missilistico russo possono essere escluse».

Parallelamente, il governo di Berlino ha autorizzato l’Ucraina ad avvalersi delle armi tedesche fornite nel corso dei mesi contro obiettivi militari in territorio russo, in seguito alle pressioni esercitate dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, che il 27 maggio aveva invocato la revoca del divieto alle forze ucraine di impiegare armi occidentali per sferrare attacchi in profondità in suolo russo. «L’Ucrainadichiarò Stoltenberg – non può attaccare obiettivi militari sul territorio russo. Ciò significa che gli ucraini hanno le mani legate. Vengono attaccati dal territorio russo e non possono rispondere perché ci sono restrizioni sull’uso delle armi. Spetta agli alleati decidere sulle restrizioni alle armi che loro forniscono all’Ucraina, e non alla Nato. Il mio messaggio è di riconsiderare queste restrizioni».

Resta per il momento esclusa la fornitura dei missili da crociera Taurus, dotati di una gittata pari ad oltre 500 km. I vettori in questione costituivano l’argomento principale trattato mesi addietro da quattro alti ufficiali della Luftwaffe (tra cui il capo di Stato Maggiore Ingo Gerhartz), che nel corso di una videoconferenza di quasi 40 minuti datata 19 febbraio, intercettata dall’intelligence di Mosca e resa di pubblico dominio dall’emittente «Russia Today» valutavano quali strade percorrere per spingere il cancelliere Olaf Scholz ad autorizzarne la consegna a Kiev, e discettavano le modalità d’impiego degli stessi contro obiettivi russi – tra cui il Ponte di Ker?’.

Per il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius, l’intercettazione «è stata frutto di un errore individuale, commesso da uno dei partecipanti alla discussione intercettata e derivante in particolare all’uso dell’applicazione di teleconferenza Webex – uso consentito a determinate condizioni di sicurezza – da Singapore. Non è sintomo di alcuna compromissione o scarsa sicurezza dei sistemi in uso in Germania né opera di una spia. La Russia ha verosimilmente intercettato la chiamata per caso, grazie ad una sorveglianza diffusa. I nostri sistemi di comunicazione non sono stati compromessi». Pistorius ha quindi annunciato l’avvio di indagini approfondite a carico degli ufficiali coinvolti nella vicenda, accusati di aver commesso «un grave errore che non si sarebbe dovuto verificare» ma di fatto esonerati da qualsiasi procedimento pesante alla luce della “gestibilità” del danno procurato. Eppure, rileva Gianandrea Gaiani su «Analisi Difesa», le giustificazioni di Pistorius risultano «un po’ troppo accomodanti e semplicistiche ma soprattutto non tengono conto del valore politico dei contenuti della conversazione intercettata (casualmente?) da Mosca e cioè il fatto che i vertici della Luftwaffe discutano nei dettagli su una piattaforma di comunicazione non protetta dell’impiego contro obiettivi strategici russi di armi tedesche che il capo del governo ha sempre negato di voler cedere all’Ucraina».

Scholz ha in effetto manifestato ripetutamente la propria contrarietà all’invio dei Taurus, non soltanto per scongiurare il rischio che venissero impiegati in attacchi contro la Crimea o il territorio russo, ma anche perché la loro cessione all’Ucraina richiederebbe il trasferimento di personale tecnico tedesco. «Non credo – dichiarò Scholz l’11 marzo – che il dispiegamento dei Taurus sia giustificabile, sia diretto che indiretto. Per quanto riguarda questo sistema d’arma, ritengo che, date le sue capacità, non possa essere utilizzato senza controllo e che la partecipazione dei soldati tedeschi non possa essere giustificata nemmeno dall’esterno dell’Ucraina». Anche perché, rivelava un sondaggio realizzato proprio in quei giorni da YouGov su un bacino di 2.169 cittadini tedeschi, soltanto il 28% degli interpellati sosteneva la fornitura dei Taurus a Kiev, a fronte del 58% dei contrari. Ai quali va aggiunto il 31% dichiaratosi refrattario per questioni di principio alla concessione di qualsiasi forma di appoggio che contempli la consegna di armi tedesche all’Ucraina.

La decisione di Scholz di concedere il placet a Kiev per quanto concerne l’utilizzo di sistemi d’arma tedeschi contro obiettivi in territorio russo si discosta palesemente dal sentimento prevalente in seno all’opinione pubblica interna. Lo ha sottolineato senza mezzi termini la presidente del partito Bsw Sahra Wagenknecht, la quale ha esortato il cancelliere a spiegare le motivazioni sottostanti al cambio di rotta varato dal governo rispetto a un argomento tanto delicato. Secondo la Wagenknecht, Scholz «dovrebbe spiegare al pubblico perché all’improvviso non considera più un problema il fatto che l’Ucraina attacchi il territorio russo con armi tedesche, nonostante egli stesso abbia richiamato per mesi l’attenzione generale sul pericolo di guerra che il nostro crescente coinvolgimento comporta per il Paese». Ha inoltre affermato che «l’autoproclamato “cancelliere della pace” stia trasformandosi in un rischio per la sicurezza della Germania».

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