“Il consenso nell’establishment della Difesa sui progressi della guerra è sorprendentemente ampio. Tutti gli alti funzionari, dal ministro della Difesa Yoav Gallant in giù, ne parlano quasi all’unisono da una settimana. Dopo una serie vertiginosa di successi militari e di intelligence registrati negli ultimi tre mesi, la guerra nella Striscia di Gaza e in Libano si è quasi esaurita, essendo rimasti da adempiere solo pochi passaggi secondari”.
“Una volta completati, sarebbe meglio cercare di raggiungere degli accordi per porre fine alla guerra nel Nord e nel Sud e permettere così la liberazione di tutti gli ostaggi ancora prigionieri da Hamas a Gaza”. Così Amos Harel su Haaretz, che però mette in guardia sulle possibili manovre ostruzionistiche di Netanyahu, il quale è riuscito a sabotare tutti i negoziati avviati in precedenza.
“I funzionari militari sostengono che se la guerra continua ancora a lungo, sarà difficile ottenere molto di più di quanto è stato già realizzato e che una permanenza prolungata nei territori conquistati aumenta i rischi di subire ingenti perdite di truppe e altre complicazioni”.
Se abbiamo dato spazio a tali considerazioni non è certo per esaltare i successi di Israele, che a Gaza come in Libano sono dubbi mentre indubbi sono gli orrori che sta perpetrando, quanto per segnalare spiragli che alimentano tenui speranze.
Cenni di cambiamento che sembrano in qualche modo confermati da un’articolo del Jerusalem Post dedicato al nuovo leader di Hezbollah, Naim Qassem, che finora aveva ricoperto la carica di vice segretario generale del movimento.
Hezbollah aveva finora evitato di scegliere un nuovo leader nel timore che facesse la fine di Hashem Safieddine, ucciso subito dopo essere subentrato ad Hassan Nasrallah, il leader storico del movimento assassinato a sua volta a Beirut il 27 settembre.
Nella sua analisi, il Jerusalem Post annota: “L’Iran probabilmente ritiene che la campagna di Israele [in Libano] passerà da un’intensità elevata a una bassa, come è accaduto a Gaza”.
Segnali di fumo, nulla più, ma che registriamo con la trepidazione del caso, nella speranza che qualcosa si muova e cessino i massacri diuturni che si susseguono senza soluzione di continuità nel martoriato Medio oriente da oltre un anno.
Ciò non avverrà dall’oggi al domani, ma certi segnali indicano che un’inversione di rotta è possibile, che la guerra senza fine brandita da Netanyahu e dai suoi sodali d’oltreoceano non è ancora diventata una prospettiva irreversibile.
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