L’esercito israeliano ha sparato contro le basi delle forze Onu di stanza in Libano da anni in missione di pace, ferendo due soldati indonesiani. Il governo italiano ha giustamente protestato. Non sembra un caso, dal momento che Israele si vanta di fare attacchi mirati e che, come spiegava la Reuters, in due giorni, tra mercoledì e giovedì, sono state colpite tre basi Unifil. Errare humanum est, perseverare…
L’IDF in Libano e l’UNIFIL
Sviluppi da seguire. Intanto riprendiamo dall’Irish Times del 4 ottobre scorso: “Le Forze di difesa israeliane (IDF) hanno chiesto all’Irlanda di ritirare le sue forze di peacekeeping da un avamposto al confine con il Libano, mentre continua l’invasione del Paese”.
“Fonti ci hanno confermato che la richiesta è stata inoltrata al quartier generale della Forza internazionale delle Nazioni Unite in Libano e ai singoli paesi che hanno contribuito con le loro truppe [alla missione], tra cui l’Irlanda. A Israele è stato risposto che i militari rimarranno al loro posto”.
Era una notizia del 4 ottobre, appunto. Il 7 ottobre, l’ammonimento degli Usa. Riprendiamo sempre dalla Reuters: “Gli Stati Uniti non vogliono che le forze di peacekeeping delle Nazioni Unite in Libano siano messe in pericolo in alcun modo, compreso un attacco da parte di Israele, ha affermato lunedì il Dipartimento di Stato, aggiungendo che la missione svolge un ruolo importante nel ristabilire la sicurezza nel Paese”. Ammonimento inutile, ma significativo per la tempistica.
Coraggioso il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, il quale, dopo l’accaduto, ha affermato che “non è stato un incidente” e che sparare sulle forze Onu è un “crimine di guerra”, aggiungendo: “Non prendiamo ordini da Israele”.
In realtà, di crimini di guerra in Medio oriente se ne stanno consumando parecchi, ma non sembra che ciò interessi molto né a Israele – che ha dichiarato persona non grata lo stesso Segretario dell’Onu António Guterres, – né al Tribunale penale internazionale che dovrebbe condannarli, né a tanto mondo.
Sviluppi da seguire, ma difficilmente Tel Aviv ammetterà colpe ed è da vedere se quanto accaduto si ripeterà, magari in altre forme. L’Unifil per anni ha contribuito non poco a stabilizzare il conflitto latente, oggi rovente, tra Hezbollah e Israele. Proprio per questo, la sua presenza è da tempo vista con irritazione dai falchi israeliani e americani, che da anni spingono per innescare lo scontro con Hezbollah.
Questo, solo per fare un esempio, il titolo del Timesofisrael dell’agosto 2020: “Gli Stati Uniti minacciano di porre il veto al mandato di peacekeeping delle Nazioni Unite nel Libano meridionale”. Così il sottotitolo: “Sostenendo le richieste israeliane, Washington ha affermato di voler spingere per la riduzione del numero delle truppe e per altre riforme, avvertendo che potrebbe interrompere l’invio di forze se il resto del Consiglio di sicurezza si rifiutasse”.
I falchi allora, e negli anni seguenti, persero la partita e l’Unifil è stato rinnovato tale e quale fino ad adesso, ma ora che il gioco si è fatto duro, i falchi tornano a giocare. A loro modo, con il fuoco.
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