Gli eventi temuti, all’inizio, vengono semplicemente esorcizzati. “Sì, sta succedendo qualcosa, ma non cambierà la struttura del mondo che conosciamo…” L’esorcismo verrà ripetuto tante più volte e con tanta più forza quanto più “noi” – gli occidentali, in questo caso, anche a prescindere dalla posizione che occupiamo nella scala sociale – percepiamo il disastro che un cambiamento radicale rappresenterebbe.
Nel confronto con il resto del mondo questa cecità collettiva ha non paradossalmente un fondamento razionale, per quanto fondato sull’illusione: anche il più sfruttato e sottopagato dei lavoratori può pensare (“credere”, in senso religioso-disinformato) che per quanto la sua vita sia disperante è comunque migliore dei suoi “pari classe” (o pari grado) nati altrove. E come sempre questo è persino vero in alcuni casi (basti guardare buona parte dell’Africa o dell’America Latina), ma totalmente falso in innumerevoli altri (Turchia, Iran, Russia, ecc).
Basta farsi un giro non turistico (fuori cioè dai circuiti obbligati per il “visitatore straniero pagante”) per rendersene pienamente conto. E basta parlare con “i locali”, per strada o nei parchi pubblici, per sentire la forza con cui certe popolazioni del pianeta sono arrivate a capire – e dirti in faccia – che l’Occidente non ha ormai più nulla da insegnare. Sul piano economico, certo, ma ancora meno sul piano etico e morale.
L’illusione della potenza e del benessere occidentale è insomma fuorviante, sovrastimata, figlia della propaganda e di quel tanto dei frutti di rapina internazionale che percola in briciole dai tavoli imbanditi del grande capitale occidentale fin sulle teste del “popolo”. Perdere l’egemonia sul mondo, insomma, è vissuto (raccontato) come un possibile lutto che è meglio non vivere.
La nascita e il rafforzamento dei paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), il loro allargamento ad una massa di economie e popolazioni dai numeri molto importanti, è esattamente il tipo di evento-processo che scalza il dominio imperialista occidentale sul mondo. E non lo fa proponendo un’alternativa di sistema, un altro “modo di produzione”, ma più modestamente proponendo un altro sistema di relazioni, sia politiche che commerciali, fondato su regole molto diverse da quelle dettate da Washington.
Anche per chi sta sperimentando forme autonome di costruzione del socialismo – certamente Venezuela, Cuba, ma anche la Cina – questa è un’opportunità di sopravvivenza e sviluppo che non potrebbe esistere in un mondo vincolato dalle regole e dagli strumenti elaborati nel corso di oltre 30 anni dal grande capitale occidentale. E le opportunità è meglio averle, piuttosto che esserne privi…
Sulla realtà, lo sviluppo, il futuro dei Brics (nel frattempo raddoppiati di numero e quindi “Plus”) se ne sentono così di ogni, a metà strada tra l’esorcismo (ormai pressoché inutile, viste le dimensioni che ha assunto il processo), lo scongiuro e la maledizione.
Più seriamente, un analista del calibro di Wolfgang Munchau – noto soprattutto come editorialista del Financial Times – fa presente che al fondo c’è una “sottovalutazione”, secondo lui fondata su due convinzioni, entrambe superate dai fatti: a) i Brics falliranno nel tentativo di creare una “moneta unica”, b) (anche perché) non sono un insieme politicamente coeso.
Le due convinzioni, aggiungiamo noi, sono in realtà figlie dello stesso errore, diventato “regola” da quando il neoliberismo ha preso il sopravvento: non c’è alternativa al capitalismo occidentale, tutti gli altri sistemi sono (sarebbero) destinati a fallire. E’ insomma il problema del “pensiero unico“, il cui dominio nel campo delle idee sull’economia (e quindi anche dentro l’Accademia) è stato così forte ed esclusivo da impedire finanche il sopravvivere di pensieri alternativi (se non nelle dimensioni interstiziali del pensiero economico “non ortodosso”).
Ma ogni successo eccessivo produce il suo giustiziere: non esistendo un pensiero alternativo, all’interno dei think tank occidentali, non si può neanche elaborare qualche soluzione diversa dalle “ricette” fissate come tavole della legge, ma che non funzionano più. Un ingessamento che impedisce di riconoscere i problemi imprevisti e di farvi fronte in modo efficace.
Non a caso, quando qualche anno fa la deflazione si è fatta cronica, le politiche monetarie adottate dalla Bce di Draghi furono così “non convenzionali” (azzeramento dei tassi di interesse) da essere contrastate dall'”egemone” nell’Unione Europea (ossia la Germania, con al seguito il cagnolino olandese). Ed è certamente in azione l’ironia della Storia se uno dei più fedeli sostenitori del neoliberismo imperialista occidentalocentrico – Mario Draghi – sia apparso per qualche tempo come un “non ortodosso” intento a produrre decisioni temporaneamente efficaci (oggi ha riscoperto l’intervento statale, ma in chiave militare…).
Alla debolezza teorica del “pensiero unico” si contrappone però la forza e la dimensione degli interessi del resto del mondo. Forza che oltre a produrre merci, relazioni, sistemi, elabora anche nuove regole interstatuali che partono dalle diversità esistenti e non pretendono di cancellarle.
Come giustamente nota Munchau, proprio l’esperienza negativa dell’Unione Europea ha convinto i Brics a non voler costruire una “moneta unica”, mentre l’attenzione si è concentrata sui sistemi di pagamento internazionali, in modo da evitare il dominio del dollaro (e le sue svalutazioni/rivalutazioni, spesso politicamente orientate e comunque devastanti per le economie “emergenti”).
Le tecnologie stanno in questo caso dando una possibilità che prima non esisteva, con le blockchain elaborate per le cryptomonete. Ed è quasi stupefacente che una innovazione nata tutta dentro il sistema occidentale (le crypto, appunto) sia stata compresa, elaborata e fatta propria quasi soltanto da chi era fuori di quel sistema. Mentre chi ragionava e ragiona con le premesse del “pensiero unico” semplicemente le scotomizzava o riduceva a fenomeno speculativo, “furbo” ma troppo volatile per esser davvero utile.
I buoi intanto sono usciti dalla stalla, e pesano per metà dell’umanità. Mentre l’Occidente – economicamente e demograficamente in calo – ancora si guarda nello specchio della gloria passata.
Buona lettura.
*
Se il blocco globale riuscirà a liberarsi con successo dal dollaro USA, entreremo in un nuovo ordine globale.
La ragione principale della nostra incasinata strategia per l’Ucraina è che abbiamo sottovalutato la Russia. Abbiamo sottovalutato la sua resilienza, le dimensioni e la forza della sua economia e le alleanze che è stato in grado di costruire.
Di questi ultimi, il più importante è stato il Brics+. L’acronimo sta per Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. Il “più” sta per i nuovi membri: Iran, Egitto, Etiopia ed Emirati Arabi Uniti. L’Arabia Saudita aderirà presto. Anche molti altri paesi sono semi-entrati.
Insieme, i Brics+ rappresentano il 35,4% dell’economia mondiale. I paesi industrializzati avanzati del G7 rappresentano il 29,6 per cento. Il divario è ancora più ampio se si considerano le rispettive quote della popolazione globale. I Brics+ hanno quasi il 45 per cento, mentre il G7 ha il 10 per cento.
Quindi, cosa ci rende così sicuri di poter vincere questa guerra fredda del 21° secolo quando loro sono più grandi di noi e, collettivamente, anche più ricchi?
Gli economisti e gli strateghi politici occidentali si aggrappano a un’idea: che il dollaro domini il commercio mondiale. Questo è il modo in cui gli Stati Uniti possono imporre la loro volontà agli altri. Il dominio del dollaro dà all’amministrazione statunitense il privilegio di sanzionare i paesi attraverso il sistema finanziario. Praticamente tutte le banche in Occidente dipendono dai mercati del dollaro, in una forma o nell’altra.
Sento spesso argomentare boutade secondo cui non dobbiamo preoccuparci dei Brics+ perché non creeranno una moneta comune che potrebbe sfidare il dollaro.
Questa affermazione rientra nella categoria sia del vero che dell’inutile.
Il Brics+ non creerà una moneta unica. L’UE è un monito su come una moneta comune possa finire per aumentare le divisioni politiche tra i suoi membri. Il Brics+ è alla ricerca di qualcos’altro: un’infrastruttura che consenta ai suoi membri di instradare i flussi finanziari tra loro senza entrare nell’universo del dollaro in nessun momento.
I cosiddetti Brics Pay sono stati una grande star al loro vertice alla fine di ottobre a Kazan, nel sud della Russia. Brics Pay è un sistema di pagamento basato su blockchain che utilizza la stessa tecnologia di base di Bitcoin e altre criptovalute.
I sistemi di pagamento sono cose di cui normalmente non si legge nelle riviste, per una buona ragione. Fanno parte dell’impianto idraulico dei sistemi finanziari globali. Normalmente, sono molto noiosi. Ma nel mondo di oggi, sono emersi come uno strumento geopolitico fondamentale, perché consentono ai paesi di difendersi dalle sanzioni occidentali.
I Brics+ rappresentano circa il 35-40% del commercio globale, eppure questi paesi sono alla mercé degli Stati Uniti perché la maggior parte del loro commercio è in dollari. Questo vale anche per i flussi commerciali all’interno della regione Brics+.
L’economista francese Jacques Sapir ha sostenuto che i Brics+ sono sulla buona strada per spostare fino all’80% di quella parte del commercio dal dollaro USA, utilizzando i Brics Pay, entro i prossimi cinque anni. Ciò avrà un enorme impatto sull’equilibrio del potere finanziario globale.
Circa il 60% delle riserve estere globali è attualmente detenuto in dollari. Con il nuovo sistema di pagamento, il Brics+ potrebbe essere sulla buona strada per superare il dollaro entro cinque anni, ha calcolato Sapir.
Sono più cauto riguardo a tali proiezioni, ma lui ha ragione sulla tendenza. Il Brics+ non ha bisogno di una moneta unica per rendersi indipendente dal dollaro USA. Tutto ciò di cui ha bisogno è la tecnologia del 21° secolo.
L’autocompiacimento occidentale si basa sull’osservazione che il mondo ha sempre avuto una sola moneta dominante. Questa era la sterlina fino alla metà degli anni ’20, e da allora è stata il dollaro. Il dominio di una moneta unica ha un effetto di rete in cui il vincitore prende tutto. Ma la blockchain cambia i calcoli.
Un modo per pensare a questa tecnologia è come un libro mastro sicuro che tiene traccia dei pagamenti. Ma è open source. La blockchain non è solo la spina dorsale delle criptovalute. Può anche eseguire pagamenti tra banche e banche centrali.
I macroeconomisti, in particolare quelli che consigliano i governi, hanno enormemente sottovalutato l’impatto della blockchain e delle criptovalute. E molti lo fanno ancora. Sottovalutano anche l’impatto di Brics Pay. Non hanno visto che questa tecnologia consente ai paesi di svezzarsi dalla loro dipendenza dagli Stati Uniti.
L’attaccamento luddista unito alla convinzione delirante che l’Occidente sia invidiato dal mondo, sono le ragioni principali per cui continuiamo a sottovalutare i nostri avversari. È per questo che l’Ucraina rischia di perdere la guerra.
Un’altra boutade è l’osservazione che il Brics+ non è politicamente coeso come l’Occidente. Anche questo è allo stesso tempo vero e fuorviante.
Gli Stati membri non hanno bisogno dello stesso grado di integrazione politica che abbiamo nel G7, nella Nato o nell’UE. A differenza della Cina e della Russia, l’India e il Brasile non sono interessati a un confronto con gli Stati Uniti. Vogliono commerciare con tutti e non diventare parte di un blocco. Russia, Corea del Nord e Iran si sono avvicinati. Il presidente cinese di Xi Jinping ha stretto un’alleanza strategica con Vladimir Putin, ma mantiene le distanze.
Brics+ è un gruppo eterogeneo, ma la sua forza deriva dall’attenzione alle poche cose che queste nazioni hanno in comune. Il più importante è il loro desiderio di ridurre la loro dipendenza dagli Stati Uniti.
Non si tratta delle elezioni americane. Le politiche commerciali e sanzionatorie americane si sono evolute nel corso di diverse amministrazioni. Gli Stati Uniti stanno diventando meno disposti ad assorbire le eccedenze commerciali globali e a sovvenzionare la difesa dell’Europa. Né Donald Trump né Kamala Harris hanno una strategia, e nemmeno un’ambizione, per tenere a freno le ambizioni geopolitiche dei Brics+. Il disaccoppiamento globale è il mega-trend del nostro secolo e Brics+ sarà la seconda tappa del nuovo ordine globale bipolare.
(Traduzione di ControPiano)
*Economista, co-fondatore e Direttore di Eurointelligence.com, già editorialista del Financial Times, attualmente per New Statesman.
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