di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
L'ex premier britannico Boris Johnson racconta oggi di come, durante la sua visita a Kiev nel marzo 2022, avesse fatto leva sulla vanità di Zelenskij per convincerlo a proseguire la guerra. In un'intervista al portale lituano Delfi ha però negato di essersi intromesso per far saltare la firma dell'accordo tra Russia e Ucraina. C'è senz'altro da credergli.
«Non avevo alcuna intenzione di ostacolare le iniziative diplomatiche. Naturalmente no. Non eravamo direttamente coinvolti nei negoziati russo-ucraini. Ho solo detto ciò in cui credevo davvero. Se gli ucraini decidevano di battersi eroicamente, se volevano difendere il loro diritto ai confini del 1991, la politica del governo britannico sarebbe stata quella di sostenerli.
Non inviammo comunque truppe di terra e all'epoca le nostre capacità erano limitate. Non avevamo ancora fornito molte delle armi che avremmo poi consegnato. A Kiev, volli solo dire a Zelenskij che apprezzavamo quello che stava facendo e che eravamo con lui», ha detto Johnson, ammettendo così, commenta l'oservatore di PolitNavigator, Oleg Kravtsov, di aver fatto leva sulla vanità di Zelenskij.
Stando alle sue parole, Johnson «voleva sottolineare che gli ucraini avevano fatto qualcosa di incredibile, scontrandosi con il secondo esercito più grande del mondo» e pensava che il solo modo per dirglielo, fosse quello di «andare a Kiev e camminare insieme a Vladimir». Johnson ha detto anche di come fosse previsto che la visita rimanesse segreta, ma alla fine i responsabili delle pubbliche relazioni ucraine avevano messo in scena un intero spettacolo del suo viaggio; «e di fatto io non mi opposi. Fu meraviglioso», racconta il bellicista al limite dell'orgasmo.
Ma Johnson ha detto anche di uscire di senno per il fatto che l'aiuto occidentale consente sì all'Ucraina di tenere il fronte, ma non è finalizzato alla sua vittoria e considera una tragedia il fatto che Kiev non sia ancora nella NATO. «Risentiamo di questa incertezza cronica» ha detto sconsolato. E poi, al succo dei discorsi “di pace”, la belva guerrafondaia: «Ciò che mi fa impazzire è il fatto di aver perso il potere due anni e mezzo o tre anni fa. Mi fa impazzire perché guardo la situazione e penso: noi - Occidente, NATO, Gran Bretagna, Estonia, insieme agli Stati Uniti, cosa dovremmo fare? Mettere a punto un piano per la vittoria dell'Ucraina». Al dunque! Ma che pace? Ma quali trattative? O la vittoria o nulla! Vincere: è l'imperativo categorico.
Si dice afflitto che nessuno sia disposto a discutere l'adesione dell'Ucraina alla NATO: «Sembra che siamo pronti a fare abbastanza per evitare la sconfitta dell'Ucraina, ma non abbastanza per assicurarne la vittoria». Vincere!
Vincere: tanto più che Kiev, dice lui, dopo la sua visita di allora, ha mietuto successi sul campo di battaglia... Forse glielo hanno raccontato le decine di migliaia di disertori ucraini che, fortuna loro, sono riusciti a trovare rifugio fuori dei confini. O forse gli sono apparsi, nei suoi sogni guerreschi da “Macbeth” bramoso di quel potere che lamenta aver perso 3 anni fa, le anime dei tantissimi, troppi “Banquo” assassinati sul campo per la vanità suscitata da lui, Johnson, nel nazigolpista Zelenskij?
«Gli ucraini sono riusciti a spingere i russi fuori da un territorio ancora più vasto. Hanno lanciato una brillante invasione nella regione di Kursk, proprio in territorio russo»: anche quell'avventura gliel'ha suggerita lui? «C'è una paura superstiziosa nel valore militare russo, che risale alla Seconda Guerra Mondiale. La gente dimentica che gran parte di ciò si basava sui successi militari ucraini. In effetti, gran parte del successo dell'Unione Sovietica fu dovuto al contributo ucraino. Ma nonostante questo, Putin non è riuscito finora a prendere Pokrovsk», ha detto il britannico, rivelando così quanto valgano le sue conoscenze in fatto di storia militare. Qualcuno si ricorderà, tanto per non farla tanto lunga, delle balordaggini pronunciate dall'ex presidente-golpista Petro Porošenko, o da altri della sua risma, a proposito dei nomi dei vari e successivi “Fronti” (per l'Esercito Rosso, un “Fronte” equivaleva a quello che i tedeschi chiamavano “Gruppo di Armate”) tra cui, anche quello “ucraino”, che si susseguivano man mano che il fronte, quello vero, avanzava verso ovest; e lo stesso Macbeth-redivivo non è nuovo a simili uscite.
E, per quanto riguarda i “successi militari ucraini”, Johnson avrebbe potuto ricordare come, solo nel 2024, le forze russe abbiano occupato circa 10 città, da Avdeevka a Kurakhovo, mentre lui non ha che da aspettare ancora poco per assistere all'assalto di Dzeržinsk (Pokrovsk). Ma lui no; insiste nel suscitare la vanagloria dei nazigolpisti di Kiev: «Sottovalutiamo troppo gli ucraini. Hanno realizzato cose incredibili». Come no! Oltre ad assassinare giornalisti, oppositori, centinaia e migliaia di civili, russi e ucraini, sono ben riusciti a rinverdire i fasti dei vecchi “arruolatori” della marina di sua maestà britannica, che andavano a procurarsi le ciurme a suon di manganellate nei bar dei porti, mentre oggi, i loro emuli ucraini, scaraventano a suon di botte, sulle auto dei distretti militari, chiunque si ritrovi disgraziatamente per strada al loro passaggio.
In fondo, è anche da compatire il bellicista che “esce di senno”, tanto da dimenticare quanto da lui stesso detto un momento prima sulle “vittorie” ucraine, per ammettere poi che «le notizie dal fronte sono deprimenti», salvo esortare comunque a ricordare i presunti risultati eccezionali di Kiev, invece di «questi sciocchi discorsi secondo cui la Russia è destinata a vincere questa guerra». Vincere! Anima di Banquo, dai la vittoria ai nazisti, te lo chiede sconsolato Macbeth.
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