La settimana scorsa Reuters ha dato molto rialto al rilascio, da parte della Cina, di OpenKylin 1.0.
La Cina, si legge nell’agenzia, ha rilasciato il suo primo sistema operativo Desktop. Si tratta di un passo importante per sganciarsi dalla dipendenza dalla tecnologia americana.
OpenKylin raccoglie una comunità di 272 aziende e 4.141 sviluppatori (openkylin.top), distribuiti tra università, istituti di ricerca scientifica e singoli ingegneri.
Al progetto hanno aderito diverse imprese, impegnate nello sviluppo hardware o in piattaforme internet.
L’obiettivo è consegnare alle aziende cinesi uno strumento che sia il più possibile indipendente dalle filiere di sviluppo controllate dal BigTech americano, per evitare un blocco dell'assistenza o un accesso alle nuove release, come stava per accadere qualche anno fa con Alphabet e Android.
Ho scaricato la Distro e l’ho testata sul mio sgangherato e datato laptop. Siamo lontani da un sistema operativo indipendente. OpenKylin è basato su Linux, e dipende fortemente da Debian e, in parte, anche da Ubuntu, ovvero dalle Distro più solide e diffuse da questa parte del mondo. Per alcuni si tratta soltanto di un remix di Ubuntu, e l’ampio risalto datogli dai media internazionali è totalmente fuori luogo (theregister.com).
Sotto il cofano di Kylin c’è il Kernel Linux 5.15, il compilatore GCC 9.3, e il tutto suggerisce che si tratti di un Ubuntu 20.04 mascherato con un diverso Desktop Environment (UKUI 4.0).
Il sistema è bello e piacevole da usare, un giretto non costa niente, anche a occidente. Può essere l’occasione per il passaggio a GNU/Linux.
Il Kylin è una creatura leggendaria della mitologia cinese. Si manifesta al passaggio di un saggio o di un sovrano. È un ungulato con corno. Con questo corno la Cina vorrebbe contrastare la supremazia occidentale nel campo dei sistemi operativi, e non è detto che non ci riesca.
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