Quanto tempo manca a Zelensky?

14 Ottobre 2024 06:00 Fabrizio Poggi

Non bastasse il semifallimento del tour del nazigolpista-capo Vladimir Zelenskij per le capitali europee, ora Bloomberg scrive che gli insistenti «tentativi di Zelenskij di raggiungere quanto prima l'adesione dell'Ucraina, paese più grande della Francia e potenza agricola, all'Unione Europea, dimostrano che il divario coi suoi più importanti sostenitori si sta allargando».

Di più: tra gli alleati occidentali di Kiev cresce la stanchezza per il prolungarsi del conflitto e per l'avanzata delle forze russe nell'Ucraina orientale. In particolare, le relazioni tra Kiev e Varsavia si stanno deteriorando a causa di dissapori sulla questione dei massacri della Volynia nel 1942-'43. E l'analista britannico Alexander Mercouris rileva la difficile situazione in cui è venuto a trovarsi Zelenskij per la riluttanza yankee di fronte alle sue richieste di continuare un forte sostegno a Kiev.

È così che lui e la sua junta, stando al canale Telegram Legitimnyj, programmano di mobilitare duecentomila uomini da qui a fine anno e di mandarne al fronte fino a seicentomila nel 2025: questo, mentre cianciano di “piano di pace” e “piano della vittoria”. Vale a dire: di fronte alla crescente riluttanza delle capitali europee a inviare a Kiev cannoni, Zelenskij conta di mandare al fronte la sola carne da cannone, infischiandosene delle colossali perdite umane di tale scelta. Negli ultimi giorni, si sono così intensificati i raid violenti degli arruolatori-schiavisti per le strade ucraine in cerca di quella carne fresca con cui rimpolpare le file dell'esercito, visti anche gli insuccessi nei tentativi di mobilitare gli ucraini riparati all'estero: vari paesi UE hanno risposto picche alle richieste di Kiev di obbligare gli ucraini là residenti a tornare in patria ed è clamorosamente fallita anche l'iniziativa per dar vita a una “legione ucraina” di emigrati in Polonia.

In tale contesto, esperti e politologi ucraini si interrogano sul tempo che rimane alla junta prima che le forze russe arrivino a minacciare la stessa Kiev, per quanto questo non appaia essere l'obiettivo strategico russo. La situazione al fronte è deprimente, dice il politologo Andrej Zolotarëv sul canale Politeka: lo testimonia il fatto che si siano iniziate a costruire fortificazioni ai confini delle regioni di Dnepropetrovsk e Donetsk, ed è molto probabile che, entro l'inverno, Kiev abbia perso l'intero Donbass. Non aggiungono ottimismo le dichiarazioni dei militari, che senza mezzi termini affermano che non c'è più nessuno da mandare a combattere: «stanno prendendo campo tendenze pessimistiche» dice Zolotarëv; se ancora «in primavera c'erano degli ottimisti che ipotizzavano per quanti anni, forse 15, a questo ritmo, l'esercito russo avrebbe dovuto trascinarsi prima di raggiungere Kiev, ora... beh, 500 kmq di territorio persi in meno di due mesi: a mio parere, questo è più che un chiaro risultato dello stato delle cose».

Così, mentre l'esercito russo ha imparato a combattere, afferma Zolotarëv, quello di Kiev ha problemi non solo con la carenza di fanteria motivata, ma anche con i quadri di comando. L'ex vicesegretario del Consiglio di sicurezza ed ex comandante delle Operazioni speciali, generale Sergej Krivonos afferma che «la fanteria sta iniziando a estinguersi come categoria militare, dato che non c'è nessuno che combatte, niente con cui combattere e nessun luogo in cui combattere», mentre le forze russe danno vita a unità d'assalto che, individuando i punti deboli nemici, «cercano, come le piene del disgelo, di fratturare la diga chiamata esercito ucraino».

Per quanto riguarda le varie proposte su come rimpolpare i ranghi dell'esercito ucraino, su Strana l'ex deputato della Rada Jurij Sirotjuk fornisce la propria ricetta che, per la verità, ha poco da invidiare a quanto la junta nazista sta già facendo: «ogni sei mesi si dovrebbe abbassare il limite d'età per la mobilitazione; così, da inizio 2025 si dovrebbero reclutare i 24enni. Da luglio 2025, con la guerra che raggiungerà un'alta intensità, i 23enni». Sirotjuk definisce «pericoloso e criminale populismo» l'appello a smobilitare gli ultracinquantenni e non arruolare i giovani tra i 18 e i 25 anni: cosa che, in realtà, la Rada ha da poco decretato, vietando l'arruolamento di tali classi d'età. In altri termini, commenta Sergej Zuev su Ukraina.ru, la posizione dei nazional-radicali è chiara: combattere “fino all'ultimo ucraino”.

Ma potrebbe non esserci più tempo per arrivare “fino all'ultimo”. L'altro ex deputato e comandante delle forze terroristiche ucraine al tempo di Petro Porošenko, Igor Mosijchuk propone di avviare negoziati pubblici con Mosca, dato che, a suo dire, «negoziati segreti sono già in corso». Se non lo si fa ora, entro l'inverno la Russia potrebbe non aver più bisogno di alcun negoziato, poiché Kiev sarà a un passo dalla capitolazione: quindi «dobbiamo fermarci ora, se vogliamo preservare la statualità» dice Mosijchuk, parlando ovviamente dal suo punto di vista fascioleghista, per cui «è più importante preservare la vita della nazione, e non massacrare gli ucraini sul campo di battaglia in modo che dopo... arrivino africani, asiatici, e non ci sarà più una nazione ucraina».

A parere del politologo Rostislav Ishchenko, tutte queste diatribe non sono altro che un conflitto interno alle élite ucraine, parte delle quali ancora spera di potersi accordare con Mosca per conservare almeno una parte dell'Ucraina occidentale e, per raggiungere lo scopo, deve sostituire Zelenskij, così che si sta assistendo al tentativo di recidere il legame tra Zelenskij e i generali nazisti, quelli per cui la continuazione della guerra è l'unica possibilità di sopravvivenza. Da qui il mezzo conflitto tra Consiglio dei Ministri e Rada per eliminare ogni esclusione alla chiamata, il che dovrebbe portare alla mobilitazione di un milione e mezzo di persone: proprio quei giovani dai 18 ai 25 anni, che la Rada si è rifiutata, per ora, di reclutare.

Ecco dunque che a Ovest crescono le preoccupazioni per gli sviluppi del conflitto; quantomeno, non tutti sono oggi ansiosi di un'escalation o di un prolungamento della guerra. E c'è addirittura chi, tra gli ucraini, arriva ad ammettere apertamente una verità scientemente ignorata solo dai liberal-europeisti e cioè che Zelenskij, come dichiara un deputato della Rada ormai in disgrazia quale Artëm Dmitruk, «ha instaurato una dittatura e sta operando il genocidio del popolo ucraino! Le persone sono perseguitate per motivi politici, linguistici e religiosi. La corruzione ha raggiunto i massimi livelli. E, con una tale politica, l'Ucraina non ha da aspettarsi alcuna vittoria... casomai, l'unica vittoria sarebbe quella di fermare la guerra»; ma ciò è possibile solamente «non con questo governo, non con questo presidente!».

A questo punto, tra crescente stanchezza degli “alleati” occidentali, carenza di chair à canon da mandare al macello e opposizione (per quanto aleatoria) interna, al nazigolpista-capo non rimane che intonare «Signore, quanti sono i miei nemici! Molti contro di me insorgono. Molti di me vanno dicendo: “Neppure dio lo salva!”». (Salmi, 3-2)

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