Scuole dell'infanzia: i nuovi (folli) parametri per psichiatrizzare la crescita

04 Ottobre 2023 11:00 Agata Iacono



di Agata Iacono


Si sono riaperte le scuole e devo confessare che sono stata troppo ottimista in passato. Mi ero illusa che quel processo di emarginazione, omologazione, colpevolizzazione individuale, appiattimento, accelerato dalla gestione disumana della pandemia, potesse lentamente regredire. Criticavo la Dad, il bonus psicologico per psichiatrizzare il disagio, evidenziavo la crescita esponenziale dei tentativi di suicidio dei giovanissimi, (denunciata dal Bambin Gesù e confermata da Telefono Amico, ultimamente, in occasione della Giornata Mondiale per la prevenzione del suicidio). Ma ero stata troppo ottimista.

Ho due nipotine che frequentano le scuole dell'infanzia. I genitori della maggior parte degli alunni in questa tenera età, a Roma, sono già stato invitati ad effettuare una visita presso la neuropsichiatra infantile, che, tra l'altro, vanta liste d'attesa tali che i genitori sono costretti a rivolgersi al privato prima che il figlio diventi già maggiorenne quando verrà il suo turno.

Questa altissima incidenza mi ha incuriosita e preoccupata. Improvvisamente i nostri bambini hanno sviluppato gravi problemi di natura psichiatrica?

Le "novità" sono i parametri, i protocolli. Non solo protocolli sanitari, quindi..

Mi spiego meglio: ad ogni bambino dovrebbe essere riconosciuto l'inalienabile diritto al rispetto del proprio tempo di crescita: fino a pochi anni fa, prima della aziendalizzazione scolastica, non era considerato un disadattato disabile un bambino che non rispettava gli standard convenzionali, stabiliti in Svezia o negli USA.

Quando negli Stati Uniti un bambino vivace veniva bollato come iperattivo e riempito di farmaci, in Italia, (patria indegna di Basaglia), si criticava la psichiatrizzazione del disagio, (disagio degli adulti, dei genitori e degli insegnanti, sia chiaro).

Imperava, certo, la scuola che privilegiava la terapia familiare in presenza di un grido d'aiuto del minore.

La società ne usciva comunque assolta. Ma ci si fermava lì. Ora non più.

I parametri per stabilire se un bambino è a-normale sono costruiti su rigidi criteri che individuano ritardi (Sic: "ritardi") del linguaggio o della psicomotricità, secondo tabelle equiparabili a quelle di un allevamento intensivo di polli da batteria.

Tutti uguali, conformi, omologati, tutti standardizzati. Così devono essere.

Tutti bisognosi di insegnanti di sostegno, di logopedisti, di esperti di psicomotricità in palestre pagate profumatamente.

Tutti in possesso di un certificato lasciapassare della neuropsichiatra infantile, che rimarrà il marchio per il futuro, a scuola e fuori dalla scuola.

Il bambino fin dai due anni deve convincersi di non essere adeguato, di essere in ritardo sulla tabella di marcia, di non poter essere accettato se non raggiungerà il traguardo prestabilito per tutti.

La propria identità non ha valore, il proprio carattere deve essere vissuto come un ostacolo. E qui non c'entra l'inclusione scolastica a favore dei bambini affetti davvero di disturbi della mobilità o cognitivi.

Anzi, saranno anche i bambini che hanno veramente bisogno di sostegno a farne le spese, perché l'attenzione è altrove. Il bambino, l'adolescente, non devono sviluppare senso critico, identità, capacità di crescere attraverso quel rito arcaico che Freud chiamava uccisione del padre.

Oggi si parla di punizione con il 7 in condotta per bullismo, di riabilitazione attraverso i servizi sociali, addirittura di carcere per i minori che "mancano di rispetto agli insegnanti". Si interviene, malissimo, solo sulle conseguenze.

Mai sulle cause. Ma il "dulcis in fundo" è rappresentato da una novità passata dolosamente in sordina sui media generalisti.

Si tratta della modifica del codice deontologico dell'Ordine Nazionale degli Psicologi.

Una riforma che rappresenta un obbrobrio degno, questo sì, di un regime dittatoriale, e che non scandalizza nessuno, destra o sinistra, maggioranza o opposizione. Gli psicologi stanno infatti discutendo, proprio in questi giorni, sulla riforma che attribuisce allo psicologo il potere di segnalare i bambini per un trattamento psicologico obbligatorio. Gli psicologi di Progetto Medusa e il Comitato Madri Unite sono tra le voci che, in queste ore, stanno sollevando dubbi sulle modifiche proposte. In particolare, per quanto riguarda l’articolo 31, le associazioni temono che gli interventi previsti possano ledere il libero arbitrio del paziente o delle figure genitoriali. Per queste associazioni c’è il rischio, soprattutto in ambito peritale, che “i Consulenti tecnici d’ufficio (Ctu) avranno il potere di imporre qualsiasi trattamento psicologico ai bambini senza il consenso dei genitori.
"Si tratterebbe di un vero e proprio Tso- (scrive in un post su facebook Progetto Medusa) - e gli individui perderebbero la facoltà di decidere se o meno sottoporsi a psicoterapia o percorsi, perdendo anche il diritto di decidere per i propri figli".
(Altro che pesca..)

Resettare, riprogrammare , il robot transumano del futuro, questo il compito. O renderlo innocuo, sostituirlo, se "non si comporta bene"... Oggi il Senato all’unanimità, con 147 sì e due astenuti, ha approvato tre disegni di legge "riguardanti la tragedia delle Foibe, riuniti nel ddl riguardante le iniziative per la promozione della conoscenza tra le giovani generazioni".

Ecco, in cambio del reset, i nostri ragazzi potranno usufruire di una gita revisionista alle Foibe...

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