Scurati, lascia in pace Junger!


di Francesco Dall'Aglio*


Che l'elogio della guerra, e soprattutto del guerriero, me lo faccia Jünger mi sta anche bene: perché Jünger ha avuto la decenza di scappare di casa per arruolarsi nella Legione Straniera (con tanto di babbo che se lo va a riprendere e lo mette in collegio, così impara), di arruolarsi volontario il 1 agosto 1914, ossia il giorno in cui la Germania entra in guerra, di combattere dal 1914 al 1918 nelle truppe d'assalto, non in fureria, venendo ferito 14 volte e finendo il conflitto col grado di tenente, la Croce di ferro di prima classe e la "Pour le Mérite", raramente concessa alla fanteria.

E intanto si dedicava all'entomologia, scriveva 15 volumi di diari di guerra, a guerra finita scriveva un attimo "In Stahlgewittern" e altre belle cose, litigava coi nazisti perché secondo lui erano troppo molli, si avvicinava al nazionalbolscevismo, veniva chiamato "rinnegato dei traditori ebrei" da Goebbels, perché l'antisemitismo e il discorso razziale non gli interessavano, rompeva definitivamente e pubblicamente coi nazisti strafregandosene delle conseguenze (figuriamoci uno che aveva fatto incursioni una notte sì e una notte no nelle trincee francesi per 4 anni, tranne le pause in ospedale, che paura poteva avere della Gestapo), torna in uniforme nel 1939 e dopo la campagna di Francia si piazza all'Hotel Raphael di Parigi facendo il dandy e trescando con la resistenza, tanto da venire alla fine congedato nel settembre 1944 come "indegno del servizio militare" ma ovviamente, perché ormai abbiamo capito che tipo era, si rifiuta di presentarsi come antinazista alle commissioni alleate del dopoguerra, eccetera.

Dicevo, se l'elogio della guerra e del guerriero me lo fa Jünger, me lo tengo. Se me lo fa Scurati ("Dove sono ormai i guerrieri d'Europa"), anche se certo non è proprio un elogio della guerra in senso stretto, più una nostalgia, un languore, un vulìo come dicono dalle mie parti, perché prima dici che è bello non far più guerre ma poi mi parli dei guerrieri europei del passato "feroci, formidabili, orgogliosi e vittoriosi", e della guerra come "l'esperienza plenaria, l'accadimento fatidico, il momento della verità", scimmiottando appunto Jünger che citi pure direttamente, un po' ci resto male.

*Post Facebook del 5 marzo 2025

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