Se questa è democrazia

di Michele Blanco

Gli imperativi contro la redistribuzione della ricchezza dominano la politica contemporanea. Oggi di fronte a una crisi democratica della politica francese, con un sistema costituzionale in cui i poteri del presidente si sono ampliati, ma che non tengono conto della trasformazione nella composizione della rappresentanza parlamentare, che da tendenzialmente bipolare (secondo il classico schema destra-sinistra) si è frammentata dando vita a un multipolarismo fluido, tripartitismo viene chiamato dall’economista Thomas Piketty, nel quale alcuni partiti storici sono praticamente scomparsi, o hanno subito scissioni che ne hanno ridimensionato il peso, e altri sono nati, rendendo notevolmente più difficile la formazione di maggioranze parlamentari coerenti e stabili.

In Francia questo cambiamento del panorama politico è avvenuto contemporaneamente all’ascesa dei consensi della destra estrema, che si è consolidata come forza in grado di condizionare fortemente le politiche del paese, anche se non è riuscita ancora a conquistare la guida dell’esecutivo o la Presidenza della Repubblica.

Il popolo francese di fronte alla prospettiva di un centro che persegue, sempre più, politiche economiche neoliberali, e di una destra ultranazionalista, ha votato, alle recenti elezioni, la sinistra che si è ricomposta dando vita a un’alleanza, il Nfp (Nuovo fronte popolare), che nelle ultime elezioni, volute solo da Macron, un uomo solo al comando, senza consultarsi con nessuno, ha conquistato una posizione di maggioranza relativa. In queste circostanze, la logica della democratica rappresentativa e la prassi sempre rispettata, finora, avrebbe condotto naturalmente all’incarico di un esponente della coalizione di maggioranza relativa, ma Macron ha messo in atto una strategia di dilazione puntando, a lungo termine, sulla spaccatura del Nfp.

Per fortuna questa ipotesi non si è realizzata, Macron allora ha reso esplicito il suo rifiuto di dare l’incarico a un esponente della sinistra, affermando che “i mercati avrebbero reagito male” e avviando consultazioni il cui scopo è stato quello di favorire la costituzione di un’altra maggioranza relativa, anche contro il chiaro responso delle urne. Macron cerca nell’Assemblea nazionale una nuova maggioranza che sia omogenea rispetto alle politiche neoliberiste, invise dalla stragrande maggioranza del popolo francese, che nella legislatura precedente erano state portate avanti dal governo di minoranza guidato dal suo partito. Dopo alcune settimane, e lunghe “consultazioni”, arriva l’incarico a Michel Barnier, uomo della destra gollista tradizionale, che non dispiace affatto a Le Pen.

L’aspetto più grave della situazione francese è che il Presidente Macron ha fatto chiaramente capire di non essere disposto a riconoscere la legittimità di indirizzi politici, chiaramente voluti dai cittadini attraverso il voto democraticamente espresso, diversi da quelli che egli ha promosso nella precedente legislatura.

Naturalmente questo è il risultato tendenzialmente paternalista del presidenzialismo alla francese, non a caso modellata sulla figura di un leader sui generis come Charles de Gaulle, si sta evolvendo dunque in una direzione chiaramente antidemocratica e esplicitamente autoritaria. In questo autoritarismo si vede la chiara impronta di uno dei caposaldi dell’ideologia neoliberale, che consiste sempre nel mettere la politica economica, guidata solo da principi di favore per il capitale, a favore dei ricchi, al riparo dalle interferenze che possono derivare dalla formazione di maggioranze parlamentari democraticamente elette che potrebbero perseguire indirizzi redistributivi dei redditi e delle ricchezze.

Un principio del neoliberismo che in tutto il mondo favorisce le disuguaglianze economiche. In fondo è il solito modo di fare “spezzare le reni alla sinistra”, anche attraverso la forza, in questa insana e antidemocratica prospettiva, dall’obiettivo di subordinare il lavoro all’impresa, l’eguaglianza all’efficienza. Tanto peggio, se questo vuol dire restringere la libertà di scelta o di manifestazione delle opinioni.

Quello che sta accadendo in questi giorni in Francia, quindi, non è soltanto la formazione di una maggioranza parlamentare, ma il modo di intendere la democrazia, ma se non si rispetta la volontà del popolo liberamente espressa in libere elezioni si può ancora parlare di democrazia?

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