Il ministro della Difesa russo Sergej Shoigu si è recato nella Corea del Nord. Una visita che, oltre a rilanciare i rapporti tra i due Paesi, ha diversi e apparentemente opposti significati.
Iniziamo dal simbolismo più importante, che è dato dalla cronologia: Shoigu (1) è arrivato a Pyongyang nell’anniversario in cui la Corea del Nord e la Corea del Sud celebrano la fine della guerra fratricida, con il cessate il fuoco che ancora perdura e che è diventato ufficiale esattamente 70 anni fa, il 27 luglio del 1953.
Il simbolismo è palese: la Russia è aperta a un Endgame in Ucraina in stile coreano, cioè un cessate il fuoco vigilato e duraturo, l’opzione più realistica per porre fine alle ostilità e come tale brandita anche dalle menti più lucide dell’Occidente (vedi Nbcnews).
Ma nell’inviare in Corea del Nord il ministro della Difesa, e non il ministro degli Esteri, la Russia sottolinea che è pronta a proseguire la guerra. E conta anche sull’aiuto di Pyongyang.
La Corea del Nord ha uno degli eserciti più potenti del pianeta per numero di soldati, ma non andrà a rafforzare lo sforzo bellico russo. Piuttosto, potrà fornire a Mosca munizioni e armamenti. Defense Post riferisce che i coreani hanno mostrato al ministro della Difesa russo i loro nuovi droni, che potrebbero andare a rafforzare l’arsenale russo.
Ma bisogna tener presente che l’armamento di Pyongyang è notevole anche in altri settori. Uno studio del Council on Foreign Relations del 2022 dettaglia che nel suo arsenale conta “50 velivoli militari, 290 elicotteri, 400 navi da guerra, 280 navi anfibie, 70 sottomarini, 4.000 carri armati, 2.500 veicoli corazzati e 5.500 lanciarazzi multipli”.
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