Sterminio a Gaza. Perché i manganelli alla Sapienza non indignano?

di Agata Iacono

Ricordiamo tutti che il 23 febbraio a Pisa ci furono scontri tra la polizia e gli studenti, tra via San Frediano e piazza dei Cavalieri, per le costanti proteste in Italia nelle scuole contro il genocidio del popolo palestinese.

Molti ragazzi minorenni furono feriti e la cittadinanza scese in piazza per solidarietà con i giovani e per protestare contro la repressione delle forze dell'ordine.

Il Presidente della repubblica Sergio Mattarella indirizzò una nota al ministro dell'interno Matteo Piantedosi, affermando che l’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni.

"Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento", ribadì.

Genitori e professori si schierarono a fianco degli studenti, lo stesso ministro Piantedosi, nell'informativa alla Camera e nell'incontro con i sindacati, dichiarò di condividere il monito del Presidente della Repubblica, derubricando quanto avvenuto ad eccessi, iniziative individuali , che sarebbero state perseguite anche grazie all'inchiesta aperta dal PM e attraverso i video delle cariche.

Tutto bene?

No.

Quello che è successo martedì 16 all'università La Sapienza di Roma e durante le ore successive qualche dubbio lo suscita.

Perché tanta solidarietà istituzionale nei confronti degli studenti manganellati a Pisa e oggi, invece, silenzio assordante, con la complicità mediatica che rappresenta gli studenti romani come pochi esaltati (comunisti? Ha chiesto Rai uno al TG ad una ragazza di Cambiare Rotta)?

Forse perché a febbraio la cittadinanza di Pisa è scesa compatta in piazza?

Ma veniamo brevemente ai fatti.

Quella dell'università La Sapienza non è stata né una protesta fine a se stessa né un'iniziativa isolata.

In questi giorni i Senati accademici, (come abbiamo raccontato qui) si sarebbero dovuti pronunciare sull'adesione al bando nato dalla collaborazione tra il Ministero dell'Innovazione, Scienza e Tecnologia (MOST) per la parte israeliana, e la direzione generale per la promozione del "sistema paese" del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) per la parte italiana.

Il bando scadeva il 10 aprile.

Si sono susseguiti, in tutte le sedi accademiche in Italia, appelli, sottoscrizioni del corpo docente, mobilitazioni finalizzate a chiedere che non si partecipasse al bando di collaborazione con Israele, che si attivasse, cioè , una forma di boicottagio pacifico, tale da rappresentare un segnale forte e chiaro contro l'occupazione della Palestina e lo sterminio indiscriminato del suo popolo.

Gli studenti dell'università romana avevano chiesto di essere ricevuti dalla rettrice, per poter presentare le motivazioni della loro contrarietà a studiare con soldi sporchi di sangue.

Martedì 16 aprile, proprio in vista della seduta del Senato Accademico, gli studenti hanno deciso di dire la propria con un corteo dentro la città universitaria che si sarebbe dovuto concludere di fronte al rettorato per discutere direttamente con la rettrice Polimeni, per "chiedere l’interruzione degli accordi con le industrie belliche e petrolifere e con le università israeliane e manifestare contro la militarizzazione dell’ateneo."

Ma non sono stati ricevuti.

Davanti al rettorato si sono disposti gli agenti delle forze dell'ordine (DIGOS).

Questo atteggiamento di chiusura da parte della rettrice Polimeni pare abbia scatenato un primo scontro tra polizia e studenti, davanti ai cancelli, rimasti serrati, del rettorato.

Poiché non era stata discussa e tanto meno accolta alcuna istanza delle varie associazioni universitarie, i ragazzi hanno deciso di procedere con il corteo dentro il perimetro della Sapienza. Ma davanti all’uscita dell’università la polizia ha arrestato uno studente libico. Il ragazzo è stato portato al Commissariato San Lorenzo. Una volta appresa la notizia, gli studenti sono usciti dall’ateneo per manifestare davanti al commissariato e richiedere la liberazione dello studente. La reazione delle forze dell’ordine davanti alla corte che usciva dall’università è stata molto violenta: si sono registrate (ci sono moltissimi video pubblicati sia dagli studenti sia da TV presenti) cariche ripetute e un’altra ragazza è stata arrestata, anche lei portata al commissariato. Gli studenti hanno raggiunto il commissariato fino al rilascio dei due colleghi, il cui arresto sembra essere stato comunque confermato.

Ieri hanno rilasciato questo comunicato:

"Appello a democratici, pacifisti e società civile a sostenere le richieste di studenti e accademici nelle università per fermare il genocidio in Palestina.

Siamo studenti e studentesse dell'Università La Sapienza di Roma, abbiamo deciso di intraprendere uno sciopero della fame dalla mattina di mercoledi 17 aprile, incatenati sotto al rettorato del nostro ateneo.

Ci rivolgiamo a tutti coloro le cui coscienze sono scosse dalle terribili immagini del genocidio in corso a Gaza, dalla preoccupante condizione in cui versano tutti i territori palestinesi sotto attacco continuo, e dalla possibilità sempre più reale di una escalation generalizzata della guerra in Medio oriente e non solo.

Siamo arrivati alla scelta di questa forma di protesta non violenta, dopo mesi di una mobilitazione eterogenea e diffusa che ha visto in diversi settori della società una presa di posizione netta contro le guerre, per un cessate il fuoco, per fermare l'escalation in corso che rischia di trascinare il mondo in una terza guerra mondiale a pezzi. A tutto questo però è corrisposto soltanto un preoccupante avvitamento antidemocratico che nei casi più estremi si è tradotto anche in manganelli e violenza repressiva su studenti e studentesse, tanti gli ultimi eventi noti.

È poi proprio nell'università, da tempo fulcro della coscienza critica, che una convergenza di professori, ricercatori, studenti e studiosi di ogni genere, ha messo all'ordine del giorno la necessità di mettere fine alle collaborazioni di ricerca e didattiche che legano la formazione all'industria della guerra e ad Israele, e in alcuni atenei come quelli di Torino, Pisa, Bari, Napoli e Milano questa battaglia ha conquistato alcune importanti vittorie.

Oggi tuttavia, guardandoci attorno, non riusciamo a vedere altro che l'urgenza di fare di più e fare meglio: siamo in sciopero della fame perché il nostro Paese non è ancora disposto ad adoperarsi per costruire le condizioni per la pace, ma non c'è più tempo di aspettare."

Attualmente la situazione è la seguente, come pubblicato su Facebook da Cambiare Rotta:

"Studenti incatenati in sciopero della fame: continua la mobilitazione per la palestina!

Dopo la giornata di ieri, data in cui si è svolto il senato accademico della Sapienza, abbiamo appreso che ancora una volta la rettrice Polimeni non ha intenzione di compiere un passo indietro rispetto agli accordi con le aziende belliche e le università israeliane, dando come unica risposta agli studenti e studentesse in mobilitazione la violenza delle forze dell'ordine.

Per questo motivo la mobilitazione continua: oggi uno studente e una studentessa hanno iniziato uno sciopero della fame, incatenati sotto al rettorato, lanciando un appello a tutto il mondo democratico e pacifista, con la forte convinzione di continuare finché, anche alla luce dei fatti di ieri, la rettrice non farà un chiaro passo indietro rispetto alle sue posizioni.

Ribadiamo con forza che non possiamo più tollerare questo clima di sordità e repressione da parte della governance di Ateneo, non possiamo più tollerare che la Rettrice continui a voler mantenere i legami con Israele e l’industria delle armi, dimostrando ancora una volta che ha le mani sporche del sangue del popolo palestinese.

Parallelamente allo sciopero della fame portiamo avanti la mobilitazione con il presidio delle tende, e con una grande assemblea, domani alle 18 al pratone della Sapienza, a cui invitiamo i docenti, i ricercatori e le ricercatrici, la Polimeni e la governance di ateneo ad unirsi per un confronto pubblico, aperto e democratico con tutta la comunità studentesca.

Sappiamo che le nostre università sono solo un pezzo che garantisce la complicità del nostro paese con Israele, guidato da un governo che non ha fatto altro che votare invii di armi da quando si è insediato, con il consenso di tutto l'arco parlamentare..."

Solidarietà alla rettrice Polimeni è arrivata subito dal ministro dell’Università Anna Maria Bernini. “Quello che sta accadendo all’Università La Sapienza è vergognoso. La protesta legittima non può mai sfociare in violenza e prevaricazione. La decisione del Senato evidenzia che la comunità accademica non accetta imposizioni da una minoranza che vorrebbe isolare le università italiane dal contento internazionale. La ricerca non si boicotta”, ha commentato il ministro.

Perché, per Pisa, la reazione istituzionale è stata diversa?

Lo sciopero della fame continua.

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