Nonostante il fiume di fake news filo-Ucraina che ci sommerge da mesi, sono sempre di meno gli Italiani disposti a sacrificarsi o immolarsi ad una guerra imposta dagli USA per trasformare l’Ucraina in un “nuovo Afghanistan” (dove fare impantanare e far collassare la Russia) e per colpire le popolazioni europee “colpevoli” di approvvigionarsi di gas russo, nove volte più economico di quello statunitense. E così, accantonate le manifestazioni di cieca solidarietà “all’Ucraina” che caratterizzarono i primi mesi del conflitto, spuntano come funghi insulse manifestazioni “contro la guerra” che non chiedono null’altro che un indistinto “cessate il fuoco”.
Cessate il fuoco che Zelensky, il 4 ottobre, ha vietato per decreto dichiarando che questo e trattative saranno possibili solo dopo che l’Ucraina avrà riconquistato tutte le terre occupate dalla Russia. Lo stesso Zelensky che, a maggio, dichiarava di essere disposto a lasciare alla Russia la Crimea (dichiarazione frettolosamente ritirata davanti al diktat del segretario generale della Nato Stoltenberg). Lo stesso Zelensky al quale, dal mese di febbraio, stiamo inviando armi.
Tra le insulse manifestazioni in cantiere - che si direbbe non si rendano conto che il primo passo per ottenere un cessate il fuoco è il taglio dei fili che legano il governo di Kiev ai suoi burattinai Usa - un posto di rilievo spetta certamente alla manifestazione del 28 ottobre a Napoli, indetta dal governatore della Campania, Vincenzo de Luca e a quella del 5 novembre a Roma, indetta da un miriade di organizzazioni, sindacati, partiti.
La manifestazione di Napoli (per la quale i contribuenti della Campania spenderanno 300.000 euro) si spiega alla luce delle, davvero singolari, posizioni “anti-imperialiste” che de Luca, esprime da mesi, verosimilmente, nella speranza di rafforzare il suo già ampio consenso e conquistare la segreteria del PD. Posizioni, comunque, sbiadite alla luce di quanto da lui dichiarato in questi giorni e che hanno fatto parlare di un suo dietrofront.
La manifestazione di Roma, (saldamente nelle mani del PD, tramite la CGIL, le sue ONG e le sue associazioni del Terzo Settore) invece, merita qualche approfondimento. Intanto, verosimilmente, sarà una affollata manifestazione, soprattutto per il suo mediatico “effetto must” (un evento imperdibile, molto “trendy”, poiché lì ci saranno tutti) che sta spingendo molti attivisti “No-War” di antica data ad essere a Roma nella speranza di protestare per l’invio di armi all’Ucraina (argomento scomparso nella stesura finale del programma della manifestazione).
Sì, ma, allora, perché non risultano affollate le, pur numerose, manifestazioni contro la guerra caratterizzate da questa e da altre parole d’ordine genuinamente No-War? Sostanzialmente perché la partecipazione a queste rischierebbe di evidenziare le contraddizioni di una “sinistra antagonista” che, negli ultimi decenni, sulla guerra (a cominciare da quella alla Libia del 2011 e alla Siria nel 2012) ha avuto posizioni talmente allineate a quelle dominanti da essere impresentabili. Non a caso, questa “sinistra antagonista”, che si è spesa per l’Indipendenza della Catalogna o dei Curdi (anche quando erano diventati gli Ascari degli Usa) non ha speso una parola davanti alla guerra condotta, per otto anni, dal regime di Kiev contro le popolazioni del Donbass: 14.000 morti.
Ma torniamo alla questione “cessate il fuoco”. Va da sé che questo non può essere proclamato senza far partire subito trattative di pace; su cosa dovrebbero vertere queste trattative sono state già avanzate proposte e appelli. Sorvolando sulla criminale proposta del Parlamento Europeo, segnaliamo questo appello, questo e soprattutto, questo che sostiene il Piano per la pace in Ucraina scritto da un gruppo di diplomatici non più in servizio attivo. Piano che si articola sostanzialmente in tre punti: simmetrico ritiro delle truppe e delle sanzioni; definizione della neutralità dell’Ucraina sotto tutela dell’ONU; svolgimento di referendum gestiti da Autorità internazionali nei territori contesi.
Un documento da leggere con attenzione anche perché - redatto da diplomatici, e non già “tifosi” di questo o di quell’altro - può diventare la piattaforma di un grande movimento contro un conflitto che ha già prodotto innumerevoli morti, feriti, profughi, razionamenti, miseria... e che rischia di sfociare in una Terza guerra mondiale. Un documento da leggere con attenzione anche perché rappresenta le vestigia di una diplomazia, quella italiana, tra le migliori al mondo.
Ridottasi, oggi, a quella che è.
Articolo già pubblicato su Avanti.it
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