CARACAS
È sempre una questione di prospettiva, dipende dagli interessi assunti nello scontro di classe. Non serve edulcorare il conflitto, bisogna guardarlo in faccia, soprattutto nella melma ideologica in cui siamo sprofondati. Soprattutto in questi tempi di fascismo mascherato, dove i “buoni” compiono genocidi per “difesa”, e i “cattivi” devono solo spalancare la porta di casa ai cani rabbiosi, altrimenti sono banditi.
Così, sbarcando a Caracas, sembra di vivere in una realtà capovolta: ossia quella vera, capovolta rispetto al “racconto” distorto propinato dalle “democrazie” occidentali. Qui, nella democrazia sostanziale, quella “partecipata e protagonista” che regge la costituzione bolivariana, chi attenta contro le istituzioni dello Stato, chi promuove omicidi e attentati, viene, con ragione, perseguito. E capita che vada pure in galera, per quanto non all'ergastolo e neanche alla “morte bianca” del “democraticissimo” 41 bis.
Le uscite dell'aeroporto riproducono l'avviso di ricerca per il signor Edmundo González Urrutia, ex candidato presidenziale alle elezioni del 28 luglio, che non si rassegna al secondo posto attribuitogli dal voto degli elettori, e pretende essere messo al primo per volontà dell'imperialismo (Usa e Ue).
Per questo, dopo aver fatto fuoco e fiamme (nel senso letterale, e con 28 morti) subito dopo la chiusura delle urne, in base a un piano prestabilito con la prima firmataria dell'internazionale nera, Maria Corina Machado, se n'è andato in Spagna. Da lì, contravvenendo al patto con il governo che gli aveva consentito di andarsene a condizione di farla finita con i complotti internazionali, ha invece deciso di compiere un viaggio presso i suoi padrini occidentali: ricevuto l'avallo di “gran democratico” dall'Unione europea (dimentica dei suoi trascorsi come diplomatico in Salvador, dov'è accusato di complicità nella persecuzione dei sacerdoti progressisti), si è recato in viaggio presso i suoi principali sponsor, politici e finanziari.
Innanzitutto, ha fatto visita al suo omologo argentino, il “pazzo della motosega”, Javier Milei, di cui vorrebbe ripetere le gesta in Venezuela (oltre 30.000 licenziamenti, povertà alle stelle, mano libera ai fondi avvoltoi, eccetera). Poi ha ricevuto l'appoggio di alcuni governanti di destra latinoamericani (Paraguay e Repubblica Dominicana) o di pallido centro-sinistra (il Cile di Gabriel Boric).
Infine, si è fatto ricevere dall'amministrazione Usa in scadenza e dal tycoon che ha promosso nella sua precedente gestione la Carta di Madrid e l'internazionale dei partiti e governi fascisti a livello internazionale. Ma poi ha ricevuto uno stop determinato dal mandato di cattura internazionale.
“Chiunque cerchi di invadere o destabilizzare il nostro territorio, verrà perseguito dalla legge”, ha detto il ministro degli Interni, Giustizia e Pace, Diosdado Cabello durante la conferenza stampa del Partito socialista unito del Venezuela, di cui è vicepresidente.
Cosa cerca Urrutia negli Stati uniti? Soldi, ha risposto il capitano. E perché la destra latinoamericana che governa lo ha “riconosciuto”? Sempre per motivi economici, ha aggiunto Diosdado, citando il debito contratto negli anni con il Venezuela dal Paraguay (400 milioni di dollari). Per questo, il precedente governo paraguayano aveva “riconosciuto” la “presidenza” fittizia di Guaidó, contrattando una tangente di 27 milioni di dollari in caso di abolizione del debito.
Per mantenere la presa sui soldi pubblici rubati al popolo venezuelano, è rimasta in piedi la farsa del parlamento parallelo che, dopo aver posto fine al periodo Guaidó, nel 2022 ha modificato il cosiddetto “statuto della transizione” e, dopo aver “legiferato” dai saloni di un Hotel de las Mercedes, ha continuato a farlo da Madrid.
A gennaio del 2023, a seguito di numerose denunce dei suoi stessi “fratelli-coltelli”, Guaidó, da Miami, ha fornito un proprio “bilancio” dei soldi sottratti dalle “sanzioni” internazionali e deviati al cosiddetto “governo a interim”: circa 150 milioni di dollari in 4 anni, ha dichiarato.
In quali tasche siano finite lo sanno anche i sassi: a partire dai lavoratori dell'Hotel Paseo de Las Mercedes, a suo tempo chiuso e poi riaperto, dopo i “fasti” nefasti dell'opposizione estremista venezuelana. Che non si rassegna, e chiama nuovamente alle violenze, mentre il Parlamento – quello legittimo – attende per il 10 gennaio la proclamazione di Nicolas Maduro come presidente del Venezuela per un terzo mandato.
Ad accompagnarlo, centinaia di delegati e delegate dei cinque continenti, e tutti i settori popolari che lo hanno eletto e che animeranno il Festival Mondiale Antifascista, a cui farà seguito il Terzo Congresso internazionale della Comunicazione. Tra concerti, dibattiti e sguardi rivolti al futuro.
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