Paolo Maddalena - Perché i licenziamenti Alitalia sono illegittimi per evidente incostituzionalità

Alitalia era una SPA a totale capitale pubblico in “proprietà” dell’IRI, Ente pubblico economico, il quale gestiva con capitali statali, nell’interesse dello Stato, e in buona parte a mezzo di società finanziarie (FINMARE, FINSIDER, FINMECCANICA, STET), le partecipazioni in imprese di varia indole (agricola, industriale, commerciale, creditizia, di trasporti, di telecomunicazioni), orientando e coordinando a fini sociali, i programmi di tali imprese.

L’IRI era l’espressione del più grande ”Stato imprenditore” , dopo la Russia, che faceva prevalere in economia gli interessi pubblici di tutti i cittadini. La sua “privatizzazione”, avvenuta nel 1992, insieme alla privatizzazione dell’ENI, dell’INA e dell’ENEL, ha in pratica estromesso lo Stato dall’economia e ha lasciato tutto nelle mani degli speculatori privati, sicché è oggi il mercato, che ha una potenza economica 20 volte superiore a quelle di tutti gli Stati del mondo, che stabilisce i prezzi, il tasso di interesse e il tasso di cambio delle monete, mentre i governi sono diventati succubi del suo potere. Comunque appare chiaro che nel descritto sistema, i dipendenti di Alitalia, avevano poco da temere in ordine alla perdita del loro posto di lavoro.

La finalità di interesse pubblico nel settore del trasporto aereo è stata soppressa dalla legge n. 97 del 2008 (governo Berlusconi), la quale ha “privatizzato” Alitalia, e, in sostanza, ha sostituito al “fine di interesse pubblico”, il fine del “profitto” delle SPA private, facendo in modo che essa dovesse seguire le regole del mercato e principalmente la regola della più forte “concorrenza”, che ovviamente ci vede perdenti a causa della nostra debolezza economica, dovuta fondamentalmente all’indebitamento pubblico e al carattere eminentemente finanziario del mercato (cartolarizzazioni e derivati).

Dannosissima è stata la vendita ai cosiddetti “Capitani coraggiosi”, che l’hanno massacrata, e poi all’Araba Ethiad, che l’ha spogliata di importanti ricchezze e poi è sparita nel nulla. Dopo di che, la SPA, società privata a tutti gli effetti, tranne che nel suo capitale, che restava soprattutto pubblico, è stata posta in Amministrazione controllata. Da notare che il debito accumulato dalla data della sua privatizzazione (2008) a oggi (2021) è stato pari a quello accumulato dalla sua creazione (1947), fino al 2008. Il che dimostra quanto valida sia la privatizzazione dei pubblici servizi essenziali.

Anche ITA, che succede a Alitalia, ha il torto gravissimo di essere una SPA, sottratta ai fini di interesse pubblico, la quale, svolgendo “un’attività d’impresa” secondo le regole della concorrenza, deve badare al “profitto” piuttosto che alle necessità del “pubblico servizio”. E’ noto che essa è stata istituita con Decreto interministeriale del 9 ottobre 2020, sulla base di quanto disposto dall’articolo 79, comma 3, del decreto legge n. 18 del 2020, convertito nella legge n. 27 del 2020, nel quale si sancisce, per l’appunto, ”la costituzione di una nuova società interamente controllata dal Ministero dell’economia e delle finanze per l’esercizio dell’attività d’impresa nel settore del trasporto aereo di persone e merci”.

E’ ovvio che lo svolgimento di un’attività d’impresa comporta necessariamente un continuo adeguamento ai mutamenti della domanda e dell’offerta, con conseguente necessità di trattare anche il personale alla stregua delle merci, assumendo o licenziando secondo le opportunità del momento. D’altro canto è da tener presente che la “privatizzazione di un servizio pubblico” produce danni anche alla Collettività, poiché la SPA diventa acquisibile da chiunque e una importante fonte di produzione di ricchezza, qual è il trasporto aereo, passa dall’Italia a altri Paesi economicamente più forti. Deleteria peraltro è stata anche la scelta del governo Draghi, il quale, pur esistendo le condizione per un forte investimento in questo settore, ha addirittura ridotto da tre miliardi a un miliardo e trecento milioni il capitale conferito dallo Stato a questa nuova, piccola, SPA. Né si dimentichi che una maldestra conduzione dell’attività d’impresa comporta anche la possibilità di un fallimento, che è escluso quando si tratta di un Ente pubblico o di una Azienda di Stato.

Per salvare il servizio pubblico del trasporto aereo e i dipendenti di questo settore, non esiste altra via che quella dell’attuazione dei principi e dei diritti fondamentali previsti dalla vigente Costituzione repubblicana e democratica.

Bisogna infatti tener presente che, secondo quanto si legge in Costituzione, il servizio di trasporto aereo fa parte della “proprietà pubblica demaniale” del Popolo sovrano e pertanto è esclusa ogni possibilità di dismettere questo tipo di proprietà, che è da considerare a tutti gli effetti come”demanio costituzionale del popolo sovrano”.

Si tratta cioè di un bene inalienabile inusucapibile e inespropriabile. E che questa affermazione sia esatta è provato dal fatto che, passandosi dall’ordinamento dello Stato persona giuridica voluto dallo Statuto di Carlo Alberto, allo Stato comunità voluto dalla vigente Costituzione, si passa da un “soggetto singolo” a un “soggetto plurimo”, qual è lo Stato comunità, e cioè il popolo, con la inevitabile conseguenza che cambia anche la natura della proprietà dello Stato, che non può più essere “privata”, anche se per alcuni casi definita demaniale al fine di un rafforzamento della stessa, ma deve essere una “proprietà pubblica”, che è inalienabile, inusucapibile e inespropriabile, proprio perché appartenente a tutti i cittadini e, quindi, costitutiva e identificativa dello Stato comunità.

Precisato questo aspetto di carattere finemente costituzionale, appare evidente che la privatizzazione di un servizio pubblico, come il trasporto aereo (che, come abbiamo sopra avvertito comporta il licenziamento di dipendenti e un grave danno per la Collettività), è palesemente in contrasto con la Costituzione e che la soluzione dei gravi problemi di cui andiamo discorrendo è possibile soltanto se si fa valere davanti alla Corte costituzionale la illegittimità costituzionale delle privatizzazioni in parola.

A ben vedere, la privatizzazione di Alitalia e la costituzione di ITA come SPA violano molti articoli della Costituzione, tra i quali ricordiamo i seguenti.

Art, 42, primo comma, poiché, come si è già visto, viene soppressa la “proprietà pubblica”, che è una “proprietà collettiva demaniale” (così la definì M.S. Giannini nel secolo scorso).

Art. 42, comma 2, poiché sopprime la “funzione sociale della proprietà.

Art. 41, primo comma, poiché la privatizzazione è contro “l’utilità sociale, la sicurezza, la libertà e la dignità umana.

Art. 41, comma 3, poiché toglie al legislatore il compito di “determinare i programmi e i controlli opportuni affinché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.

Art. 4, primo comma, poiché cancella il riconoscimento del diritto fondamentale al lavoro.

Art. 4, comma 2, poiché toglie “a ogni cittadino il dovere di svolgere, secondo le sue possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

Art, 36, poiché cancella il diritto fondamentale del lavoratore “ ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente a assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

Art. 3, poiché toglie alla Repubblica il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione dei lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Art. 1, poiché elimina il lavoro “come fondamento della Repubblica”.

E l’elenco, lo si creda, potrebbe ancora continuare.

Per quanto riguarda in particolare la situazione dei dipendenti di Alitalia indebitamente licenziati, è estremamente chiaro che devono cadere per incostituzionalità, sia la legge n. 97 del 2008, che ha privatizzato Alitalia, sia la legge n. 27 del 2020, che ha autorizzato la nascita di ITA con l’emanazione di un decreto interministeriale. L’annullamento di queste due leggi farebbe venir meno la costituzione delle due SPA come finalizzate a svolgere “un’attività d’impresa”, a fini economici, e le condurrebbe a svolgere “un’attività di realizzazione di un servizio pubblico”, a fini sociali. In altri termini imporrebbe al governo di istituire, non più una SPA privata, ma una “Azienda di Stato”, tale da contrastare gli assalti del mercato generale, e l’osservanza della micidiale concorrenza, dovendo l’Azienda di Stato coprire soltanto i costi e non perseguire un profitto. E non è chi non veda come soltanto una Azienda di Stato che miri a fini sociali possa davvero essere conforme a Costituzione.

A questo punto, come agevolmente si nota, diventa assolutamente impropria l’inserimento nel processo di trasformazione di Alitalia in ITA della Commissaria alla concorrenza Magrete Vestager. Infatti, poiché stiamo parlando di principi e di diritti fondamentali, garantiti dalla Costituzione, vale la teoria cosiddetta dei “contro limiti”, da tempo affermata dalla Corte costituzione, per cui, in caso di contrasto tra Costituzione e Trattati, è la prima che prevale, impedendo al giudice di rimettere gli atti alle Corte europee.

E’ da osservare, infine, che, una volta caduta la “privatizzazione” di Alitalia, non potrebbero più trovare applicazione, sia la legge n. 92 del 2012 (legge Fornero), sia il decreto legislativo n. 23 del 2015 (Jobs Act di Renzi), che prevedono la sostituzione della reintegrazione nel posto con una indennità, poiché, come si è ripetuto, non si parlerebbe più di “attività d’impresa” a fini economici, ma di gestione di un “servizio pubblico essenziale” a fini sociali. E altrettanto deve dirsi a proposito dell’art. 11-quater della legge n. 106 del 2021, che in modo oscuro parla della cessione di “rami del complesso aziendale” di Alitalia.

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