La Mata Hari russa? Sul grottesco "scoop" di Repubblica

27 Agosto 2022 14:00 Francesco Santoianni

Peggio del “Caso Skripal” questa storia della spia di Mosca infiltrata nella base Nato di Napoli.

Intendiamoci, nulla di inverosimile che la Federazione Russa abbia infiltrato una sua spia nelle strutture militari del nemico: del resto, è quello che fanno tutti i paesi. Ma che tutti i media stiano a sbandierare la storia di una spia scappata nel 2018 (senza che oggi, a quattro anni di distanza, si conoscano i suoi complici o le informazioni che aveva carpito) come una “vittoria della nostra intelligence”, è semplicemente grottesco.

Ma riepiloghiamo i “fatti”, così come riportati dai media.

La moderna Mata Hari sarebbe tale Maria Adela Kuhfeldt Rivera, che grazie alla sua avvenenza sarebbe riuscita ad inserirsi, dapprima, nei circoli mondani di Napoli e poi tra il personale della base Nato e della VI Flotta statunitense dove, assicura Repubblica, avrebbe “infranto molti cuori”.

Sì, ma che avrebbe fatto?

"Non sappiamo se fosse riuscita fisicamente a entrare nella base Nato o nel comando Usa ma ci sono indizi robusti della sua presenza durante alcune cerimonie: i balli annuali della Nato, quello del Corpo dei Marines, diverse serate di beneficenza - scrive Repubblica - La nostra inchiesta non è riuscita a ricostruire quali informazioni siano state ottenute dalla spia, né se sia stata capace di seminare virus informatici nei telefoni e nei computer dei suoi amici. È però entrata in contatto con figure chiave della Nato e della Marina Usa: nessun agente russo era mai riuscito a penetrare così in profondità il vertice dell'Alleanza atlantica".

Sì, ma quali evidenze ci sono che fosse una spia? Secondo i media, il suo essersi eclissata il 15 settembre 2018: "Il 14 settembre 2018 Bellingcat e The Insider hanno smascherato la squadra di killer, pubblicando i loro documenti. E l'indomani Maria Adela è partita all'improvviso da Napoli con un volo per Mosca, senza più riapparire".

Sulla bufala della “squadra di killer” che, con il famigerato Novichok “cento volte più potente del Sarin”, avrebbe avvelenato Sergey Skripal e sua figlia (ovviamente, rimasti vivi) e che la notte prima dell’attentato, tanto per non dare nell’occhio, a Londra, si sono abbandonati a bagordi talmente rumorosi da fare accorrere il personale e gli ospiti dell’albergo, abbiamo già scritto qui e qui non è quindi il caso di ritornarci.

Resta, comunque, una domanda: perché per attestare la storia della Mata Hari in azione a Napoli i media si sono appoggiati ad una “prova” talmente strampalata? Verosimilmente per neutralizzare il successo, anche mediatico, conseguito dai servizi di intelligence russi che, nel giro di pochi giorni e con prove inappuntabili, sono riusciti ad incastrare l’esecutrice dell’attentato a Darya Dugina.

Bisognava, quindi, “dimostrare” che non è solo il sistema militare e di sicurezza della Russia ad essere efficiente: lo è anche quello dell’Occidente. Perbacco! Anche a costo di spacciare come scoop una spy story da quattro soldi.

(Sulla bufala Skripal vedere anche qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui)

Francesco Santoianni

P.S. La pezza è peggio del buco. Repubblica, resasi conto della inconsistenza della “prova”, spara un’altra bufala manipolando un suo articolo. Il 23 febbraio 2022 “il giorno prima dell’attacco a Kiev” la donna (che già se ne era scappata da Napoli quattro anni prima, verosimilmente, suscitando qualche sospetto) con il suo cellulare avrebbe telefonato al “Comandante del Dipartimento n. 5 del GRU, il servizio militare a Mosca”; che poi, considerato che non era credibile che un telefono così importante fosse intercettabile, diventa nel rifacimento dell’articolo un ineffabile “capo delle operazioni illegali russe”.

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